Benvenuti nello spazio web di Simone Mariotti

pixel pixel
Da Telerimini a V.G.A. (Video Giornale Adriatico)
La Voce di Romagna, 27 ottobre 2008




di Giuliano Bonizzato

2-Segue dalla puntata precedente

Tutto ebbe a susseguirsi in un crescendo vertiginoso.
Nel volgere di pochi mesi sorsero in Italia una trentina di emittenti.
Il Governo, reagì in difesa del suo privilegio monopolista riempiendo il "buco" legislativo ( quello in cui si era infilato il "cavo") con il d.p.r. N. 156 del 29.3.1973 (c.d. decreto "Gioia) che vietava perfino l'utilizzo del tam-tam: "Tutti i servizi di Telecomunicazione appartengono in esclusiva allo Stato".
Cadde il Governo Andreotti che, si disse, "inciampò nel cavo".
I pionieri si riunirono attorno al fuoco di numerosi bivacchi.
Al convegno di Piancavallo si respirava un'atmosfera da carbonari affratellati dall'art. 21 della Costituzione "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione". A quella assemblea, cui partecipavano rappresentanti di una ventina di emittenti, ero l'unico avvocato. Tutto stava infatti evolvendosi rapidamente ma all'interno di uno sparuto gruppo di persone sia pur fortemente motivate. Era con noi Enzo Tortora, che aveva in quel periodo mandato al diavolo la Rai. Con lui e con Beppe Sacchi, il coraggioso giornalista fondatore di Telebiella che aveva dato il via alla giostra, elaborai e lessi la mozione, poi approvata all'unanimità da tutte le emittenti presenti, secondo la quale si sarebbe continuato a trasmettere in ogni città, affrontando i relativi procedimenti penali e sollevando in ognuno di essi la questione di costituzionalità della legge. Le Televisioni locali divennero dunque tanti Fort Alamo assediati, con implacabili funzionari governativi che procedevano alla recisione dei cavi, mentre le vittime trasmettevano in diretta la telecronaca del massacro (a Telenapoli ci fu perfino, un "ammaina-bandiera"!) fino al drammatico spegnimento del segnale. Fu quindi la volta di alcuni Pretori che, accogliendo le istanze della difesa, ravvisarono la non manifesta infondatezza delle eccezioni di incostituzionalità della legge rimettendo gli atti alla Consulta o congelando i processi contro i pionieri fino all'arrivo del 7° Cavalleggeri rappresentato dalla fondamentale sentenza del 9 luglio 1974 che, dichiarando incostituzionale la norma perché contraria ai principi di eguaglianza e di libera manifestazione del pensiero, dava via libera alle trasmissioni via cavo in ambito locale. La facoltà di trasmettere soltanto su una parte circoscritta del territorio avrebbe infatti evitato quel rischio di monopolio od oligopolio privato dell'informazione che aveva determinato la Corte Costituzionale, a patire da una sentenza del 1960, a "comprimere" il diritto pur costituzionalmente garantito, della libertà di espressione.
Ma perché il cavo locale sì e l'etere locale no? Il monopolio Statale dell'etere si reggeva su una panzana tecnica che occorreva sbugiardare con i fatti: quella della limitatezza dei canali disponibili. Tre, si affermava, anche attraverso autorevoli consulenze, in tutta Italia! Tre? "Ebbene, Se i canali sono solo questi -aveva argomentato la Corte Costituzionale - occorre riservarli necessariamente allo Stato, onde evitare che cadano preda di monopolio privato". Il cavo sì, l'etere no! Per mostrare il Re Nudo, per sbloccare la situazione, occorreva fornire una plateale dimostrazione pratica. Ed ecco le piccole emittenti di tutta Italia, abbandonato il cavo, violare coscientemente la legge sparando contemporaneamente nell'etere i loro segnali dando così l'inconfutabile prova tecnica della possibilità di usufruire di numerose bande di frequenza in ambito locale. La Corte Costituzionale chiamata nuovamente in causa dai Pretori in seguito a ulteriori processi, aperse allora ai pionieri anche le vie del cielo. Era il 28 luglio 1976. Fatidica data! Telerimini divenne Videogiornale Adriatico, aggiungendo al proprio nome quello del suo bacino d'utenza (Telerimini V.G.A.). L'entusiasmo salì alle stelle. In pochi mesi sorsero in Italia più di settecento emittenti! Fu il trionfo di Davy Crockett, l'eroe di Alamo e di tutti i coraggiosi che con lui si erano battuti per la libertà d'antenna. Sembrò perfino, a un certo momento, di assistere a una sorta di piccolo Rinascimento, con la Televisione locale al centro di un incredibile flusso di energia creativa e culturale che nasceva nella Città e per la Città. L'Emittente, libera da qualsiasi condizionamento economico o politico, si poneva esclusivamente al servizio della collettività, e, conseguentemente, veniva "sentita" dai cittadini come cosa propria. Ognuno forniva spontaneamente, il suo contributo di intelligenza e di immaginazione. Tutte le componenti sociali e culturali affluivano nei modesti ma efficienti studi televisivi. A Rimini, in particolare le porte erano sempre aperte agli apporti culturali dei collaboratori della Rivista Romagna Arte e Storia, agli autori di commedie dialettali, alle campagne del WWF, e alle iniziative del volontariato. Si trasmettevano i Consigli Comunali in diretta. Al Videogiornale che andava in onda due volte al giorno collaboravano, più di venti persone. Bastavano pochi spot pubblicitari nazionali a coprire i costi di chi non si riproponeva certo una televisione spettacolo ma un servizio reso alla propria città. Poi... fu davvero il Far West. E, come nel Far West, a perdere furono i Pionieri. Utilizzando numerose emittenti locali per le sue trasmissioni, prima utilizzando "corrieri" che distribuivano contemporaneamente le videocassette, poi effettuando veri e propri "ponti" col collegamento simultaneo delle varie antenne, un imprenditore abile, intelligente e spregiudicato (Berlusconi) occupò progressivamente l'etere nazionale. I provvedimenti d'urgenza con i quali i Pretori di Roma, Torino e Pescara, in ossequio ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale nel '74 e nel '76, (ribaditi contro un network di Rizzoli con una ulteriore sentenza nel 1981) avevano osato "spegnere"- nel 1984 - le sue tre emittenti, furono a loro volta "spenti" da un decreto legge "craxiano". Nel 1990,dopo 15 anni di vuoto legislativo la legge Mammì sancì… la situazione di fatto. Ai piccoli Fort Alamo nuovamente assediati, mancò, improvvisamente, il vitale ossigeno fornito dalla pubblicità nazionale. Ai pochi e ben retribuiti spot che lasciavano tanto spazio libero alla creatività e all'informazione, si sostituirono ore ed ore di asfissiante e sottopagata pubblicità locale. E poi i Maghi, gli Astrologi, gli imbonitori… Si registrarono centinaia di decessi per asfissia.
V.G.A. Telerimini fu tra le poche a sopravvivere al massacro.
Ma tutto cambiò.
In meglio? In peggio?
Fate voi.
Al posto di certe ricostruzioni storiche trionfalistiche, ho voluto semplicemente trasmettervi il servizio "in diretta" di chi, al momento del primo vagito delle televisioni private, si trovava già in sala parto.
E se proprio desiderate un mio giudizio personale, trovo che, se da piccole erano tanto carine, si siano poi guastate crescendo.

(2- continua)





Leggi la terza parte della storia
Torna alla puntata precedente


Da telerimini a VGA - La Voce di Romagna 27 ottobre 2008











Copyright © by Simone Mariotti Tutti i Diritti Riservati.

Data creazione pagina: 2008-11-03 (4284 Letture)

[ Indietro ]

pixel


Questo sito è stato ideato da Simone Mariotti (p.iva 02628890408) adattando e modificando una versione del PHP-Nuke. PHP-Nuke (www.phpnuke.org) è un software libero rilasciato con licenza GNU/GPL (www.gnu.org).
Generazione pagina: 0.06 Secondi