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TV: i pionieri di
La Voce di Romagna, 20 ottobre 2008




di Giuliano Bonizzato

Nella nostra città, nel 1971, un gruppo di amici, che, si era denominato "Babelis", dalle lettere dei rispettivi cognomi: Bagnolini, Bedetti, Liuzzi, Soci, avvalendosi di una sola telecamera portatile Akai da un quarto di pollice, in quel momento unica nel suo genere, aveva iniziato a effettuare le telecronache delle partite della Rimini Calcio, mandandole in onda, subito dopo l'incontro, assieme alle interviste e ai commenti, tramite il collegamento del cavetto del registratore a un apparecchio televisivo, inizialmente posizionato al bar Achille di Via Tripoli. Per comprendere, l'assoluta novità dell'iniziativa, occorre ricordare che la possibilità di registrare una trasmissione con video e audio su un apparecchio portatile costituiva allora un'assoluta novità anche per la televisione di Stato, i cui inviati utilizzavano ancora per le riprese esterne la pellicola sedici millimetri, riversando poi il tutto in ampex. La Rimini Calcio, in serie C, era dunque l' unica squadra in Italia ad avere una televisione interamente al suo servizio. L'entusiasmo dei tifosi, che all'epoca stravedevano per i gol del grande Valerio Spadoni, era alle stelle. Grazie ad una tecnologia a quei tempi "miracolosa" e all'entusiasmo dei fondatori, Babelis fece notizia sulla stampa nazionale e internazionale ancor prima di trasformarsi, nel giro di pochi mesi, nella seconda vera e propria emittente privata italiana. Fu un membro di quel gruppo, Romano Bedetti, funzionario di banca e bravissimo cronista sportivo, che, ai primi del 1972, piombò nel mio studio di giovane avvocato, chiedendomi se fosse lecito collegare un cavo coassiale dalla telecamera a più televisori contemporaneamente. Mi appassionai subito al problema, destinato a coinvolgermi (e ad entusiasmarmi) per più di vent'anni. sia come legale che come pubblicista.
Occorre innanzitutto ricordare che il codice postale e delle telecomunicazioni allora vigente (si era in regime di pieno Monopolio Statale dell'informazione) vietava severamente ai privati l'installazione di impianti telegrafici, telefonici e radioelettrici. A causa della sua vetustà non aveva però potuto prevedere l'ingresso di un nuovo protagonista, sulla scena del progresso tecnologico: il cavo coassiale. Di conseguenza, il collegamento via cavo da un'emittente a una pluralità di apparecchi riceventi, doveva considerarsi pienamente legittimo tanto più in quanto operando in ambito locale, non poteva porsi in concorrenza con il monopolio statale allora vigente. La Babelis iniziò dunque ad effettuare le trasmissioni delle partite collegandosi contemporaneamente a vari televisori posti nelle piazze, nei bar e in alcune vetrine del Centro Storico. Fu creata una società a responsabilità limitata che accolse un ulteriore gruppo di amici, quasi tutti "creativi", affascinati dalle straordinarie possibilità comunicative del nuovo mezzo. Così, mentre un magro e audace elettricista si aggirava nottetempo sui tetti della nostra città, collegando le antenne centralizzate dei televisori condominiali al nostro primo modesto Studio Televisivo sito in un appartamentino di Via Soardi, la Babelis, trasformatasi in Telerimini, divenne la seconda testata giornalistica televisiva italiana privata dopo Telebiella.
Particolare curioso. La domanda era stata da me presentata prima, ma l'iscrizione vera e propria (superate dal Tribunale le perplessità di carattere giuridico dovute al carattere straordinario della richiesta) ebbe luogo in data 26 maggio 1973 e cioè dopo che il famigerato decreto Gioia (d.p.r. N. 156 del 29.3.1973) aveva già posto "fuori legge" le televisioni via cavo, che, nel frattempo, avevano cominciato a diffondersi su tutto il territorio nazionale.
La battaglia legale, che attraverso due sentenze della Corte Costituzionale, avrebbe sancito prima la libertà d'antenna via cavo in ambito locale e poi, sempre in ambito locale, le trasmissioni via etere, era appena cominciata.
(1-continua)


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Data creazione pagina: 2008-10-26 (2953 Letture)

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