Pubblicato il 27 ottobre 2004 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
La bellissima valle del Marecchia, da secoli privilegiata via
di collegamento tra la costa romagnola e la Toscana, passando per il Montefeltro,
sta da decenni subendo colpi micidiali, tanto che nella sua parte "terminale"
sembra un malato che rifiuta anche gli ultimi aiuti, come gli alberi morenti
piantati lungo le sponde del suo fiume per festeggiare i nuovi bimbi.
E non se la passa troppo bene neanche lui, il fiume, conosciuto un tempo come
Maricula (piccolo mare), ricordato nella storia per il suo grande vigore, anche
se a vederlo oggi proprio non parrebbe proprio. E dire che uno storico della
valmarecchia come don Amedeo Potito lo chiamava "mergente" (colui
che sommerge), e infatti le sue piene erano tra le più pericolose.
Ne sa qualcosa il ponte di Santa Maria Maddalena con la sua travagliata storia.
Di ponti lungo quel tratto appenninico ce n'erano probabilmente più d'uno
al tempo dei romani, ma non ve ne sono tracce certe. Uno sicuramente c'era a
Santa Maria Maddalena, distrutto verso la fine del '500 da una delle frequenti
inondazioni. Quella furbacchiona della reverenda Camera Apostolica, eravamo
infatti sotto il dominio del Papa, se ne approfittava facendo pagare lo stesso
un pedaggio per il guado nei pressi di Pietracuta con la motivazione "per
il mantenimento di un ponte al sito di S.Maria Maddalena", come si legge
in un manoscritto accusatorio conservato a Pesaro che proseguiva "la gabella
si paga, ma il ponte non c'è più con grave detrimento del commercio
interiore alla provincia". Si dice che la Chiesa avesse ostacolato la costruzione
del ponte perché sarebbe diventato luogo prediletto dalle prostitute,
chissà. A ogni modo una prima ricostruzione fu fatta nel 1830, ma un'altra
piena distruttiva lo spazzo via dopo appena 4 anni; poi nulla fino al 1870.
Lungo le sue rive e le sue strade, insomma, è cresciuta una parte della
nostra città e della nostra economia. C'era per esempio, in arrivo dal
Montefeltro, il trenino dello zolfo che dalla miniera di Perticara (attiva dal
1556), dopo un tratto in teleferica sino a Mercatino Marecchia (Novafeltria,
dal 1941), giungeva sino al porto di Rimini, seguendo pressappoco lo stesso
itinerario della strada, ma con suoi ponti propri. Ma già nei primi decenni
dell'800, con i "birocci", il Conte Cisterni di Rimini, padrone delle
miniere, portava la materia prima sino al porto dove la raffineria produceva
i suoi celebri cannellini gialli di zolfo rinomati in tutta Europa.
Oggi invece delle rapide, lungo il fiume e la sua strada ci sono "i rapidi",
anche se le rotaie sono sparite da tempo. Il traffico è decuplicato,
le case pure, ma la strada è sempre rimasta la stessa. Sono aumentati
anche i morti, pazienza!
Si parla di raddoppiare òastrada con una Marcchiese "bis";ottimo,
ma cosa diventerà al nuova strada tra dieci anni? Don Pasquale, il vecchio
parroco di Spadarolo, piantava croci lungo la strada già dieci anni fa:
è cambiato qualcosa, a parte il numero dei morti? Vista la miopia urbanistica
che regola questa città (prima si costruiscono case e palazzi, poi, se
si fa in tempo anche qualche straduccia, e, oddio che bestemmia, pure qualche
fogna), la nuova BIS, sarà BIS in tutto, speculazioni edili e morti compresi.
Ad ogni modo, ben venga, per un po' forse si respirerà.
Poi dovremo preoccuparci di fare una Coriano "ter", la "bis"
servirà solo per i parcheggi di quella attuale, idem per la Montescudo;
saranno due future arterie vitali che dovranno terminare tra Colosseo, Palasport,
Statale, Gross, Befane, più tutto quello che ancora arriverà da
qualche bel motore immobiliare, con uno svincolo modello tangenziale di Los
Angeles, pena la morte certa, sia delle auto che degli abitanti della zona.
Nei giorni passati dalla Fiera, dove si erano riuniti operatori turistici provenienti
da mezzo mondo, si è levata una voce sinistra: pare che il nostro modello
di turismo balneare non interessi più a molti. Che strano, che ci siano
forse nuove mete nel mediterraneo, più a buon mercato, meglio gestite,
e con un mare più pulito? No, è impensabile!
Continuiamo così. Anche perché la via per la riscossa è
sotto gli occhi di tutti. Non ricordate la "grande ricetta" per il
successo propinataci a inizio mese dal direttore di Pirelli Real Estate, Bruno
Vettore: una bella, sana e massiccia colata di cemento, che è sempre
un piacere a vedersi. "Se si vuole che il turismo continui ad essere la
parte trainane dell'economia Riminese", disse il vate di Pirelli, magari
con un leggerissimo conflitto di interessi, "bisogna accettare la presenza
di situazioni edilizie … diciamo AFFOLLATE". Quindi, cari riminesi,
cari comitati della Marecchiese, e soprattutto cari turisti, sapete cosa vi
aspetta.
La risposta alla concorrenza straniera è l'affollamento di cemento, e
magari anche spettacolari incidenti (così se ne parla in TV) sulle statali,
anch'esse meglio se affollate di mattoni e auto; e, perché no, il mare
affollato di merda, proveniente dalla zona a monte sempre più affollata
di cessi. E poi è così bello stare tutti uniti, tutti insieme,
tutti affollati e cementificati, così stretti, cheek to cheek, che fa
molto anni sessanta, quando, non solo in pista, si osava davvero: giusto Gibo?