TFR. Sinistra estrema contro la riforma - ottava puntata
Pubblicato il 7 marzo 2007 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Ho dedicato quasi due mesi alla riforma del TFR. Giunti quasi alla fine viene da chiedersi se questa riforma servirà veramente qualcosa.
Al momento attuale, stando così la legge, temo che l'unica utilità di questo provvedimento consista nell'aver scosso un po' gli italiani, pigri, addormentati e molto poco consapevoli del destino previdenziale che li attende. E magari sarà utile a stimolare l'utilizzo della previdenza complementare come, avviene negli altri paesi sviluppati, se sviluppati, noi, volgiamo continuare ad esserlo anche tra qualche decennio.
Per il resto, tutti gli squilibri pensionistici restano dolorosamente in piedi. Tutta questa storia del TFR non fa che rimescolare risorse che erano già nel sistema privato, spostandole da una scatola all'altra.
Ma il vero dilemma è la non sostenibilità del pilastro pubblico, tanto più che si sta tardando ad aggiornare persino i coefficienti di rendita della riforma Dini per chi è in regime il contributivo, e si ipotizza anche l'abolizione dello scalone (da 57 a 60 anni per le anzianità) previsto dalla riforma Maroni. Provvedimenti essenziali sui quali però pare che la lobby sindacale possa più potere politico.
Non contenti della loro miopia, Rifondazione e i sindacati puntano a far fallire anche la previdenza integrativa, volendo a tutti i costi affidarsi solo al pubblico. La cosa in sé potrebbe essere anche plausibile. Sono i calcoli di Bertinotti e compagni ad essere sballati, nonché conditi con dati fasulli.
Sbagliati perché le esigenze di previdenza complementare sono nate proprio per colpa delle modalità di calcolo del vecchio sistema retributivo italiano, che resta insostenibile, e non per indebolire il sistema statale a favore del losco capitale come si legge nei loro comunicati.
Ma il gioco di Rifondazione e dei sindacati è politicamente chiaro: difendere solo il loro bacino elettorale fatto soprattutto da pensionati o di chi è in vista di una pensione ottenuta con sistemi ingiusti nei confronti dei giovani di oggi. Questo a prescindere dalla riforma della previdenza complementare, che è solo un tentativo per mitigare le cose e cercare di forzare un po' al risparmio per evitare una rivoluzione futura.
La cosa curiosa è che Rifondazione si è in realtà ben adagiata sulle poltrone del potere, e quindi è interessante vedere nel suo sito, nella sezione sui consigli ai lavoratori, prima si sbrodola una sviolinata sull'elogio del TFR così com'è, sui cattivi capitalisti che aderiscono a fondi pensione, condita con retorica comunista varia, di quella che tende a scaldare il cuore del compagno operaio, poi finisce l'invettiva con un governativo "Per noi la pensione pubblica rimane il centro di ogni riforma, mentre quella integrativa deve essere solo aggiuntiva".
Cioè, esattamente quello che sia il governo di sinistra e quello di destra hanno fatto, dato che il TFR non faceva parte prima della pensione pubblica, né c'erano o ci sono proposte per farlo entrare domani nella previdenza pubblica. Come ho detto all'inizio è solo un rimescolamento di denaro privato, che privato era prima e privato resta oggi.
Attenzione, lo dico agli amici operai e dipendenti. Specialmente se giovani, che spesso sono le vittime più illustri di questa propaganda: la posizione di (semi)boicottaggio dei fondi pensione operata dall'estrema sinistra sta solo facendo un gran caos, perché ha finito per accettare politicamente a riforma, ma sta spingendo in modo più o meno evidente i lavoratori a mantenere sempre ed in ogni caso in TFR in azienda, grazie anche ad una campagna terroristica d'eccezione.
Sempre dal sito di Rifondazione si legge: "In Italia va ricordato il fallimento della Comit che ha azzerato il fondo pensione di migliaia di bancari, i quali forse riusciranno a recuperare il 15 od il 25% del versato". Mistificazione madornale, perché né la Comit né il suo fondo pensione sono falliti. Il fondo ha avuto sì dei problemi ed è stato posto in liquidazione (liquidazione peraltro contestata dai molti), ma il capitale ricavato dalla vendita dei beni è stato restituito agli iscritti con gli interessi. Semmai quello della Comit è un esempio di come le vecchie gestioni pensionistiche fossero poco trasparenti e non adeguate al nuovo sistema, più concorrenziale e più capitalistico.
Sistema che la sinistra estrema e sindacale vuole affossare per motivi ideologici più che previdenziali. Col risultato paradossale di fare un danno al lavoratore giovane (ma non solo) che per il suo bene dovrebbe aderire ai fondi, e dall'altro un favore agli imprenditori che hanno meno di 50 dipendenti (la stragrande maggioranza) che si vedranno lasciato il TFR in azienda.
Nel frattempo la previdenza pubblica continuerà a navigare in pessime acque. Un capolavoro da veri compagni.







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