TFR. Occhio ai trabocchetti - sesta puntata
Pubblicato il 21 febbraio 2007 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Tra i titoli più comuni pubblicati dai giornali nelle ultime settimane a proposito del TFR ci sono quelli del tipo: "I fondi pensione battono il TFR nella gara del rendimento", "Il TFR supera il fondi pensione due volte su tre" o ancora "Scontro alla pari tra TFR e previdenza integrativa", ecc.
Questa settimana, avendo deciso di parlare di alcuni dei trabocchetti in cui può incorrere il lavoratore nella sua scelta, non c'era modo migliore di farlo che partire da questo tipo di informazioni, che sono sempre un po' fuorvianti, ed è meglio lasciarle perdere, in qualunque direzione vadano.
Le classifiche sono sempre un trucco per manipolare un'informazione. Cosa succede se cambio il periodo di calcolo? O il tipo di fondo? La classifica questo non lo dice, ma spessissimo è quello che fa la differenza. E' come dire che un anno il cinema italiano ha incassato di più di quello straniero: vuol forse dire che è anche più bello?
Un po' come accadeva una volta a proposito dei fondi comuni, quando sulla stampa apparivano delle pseudo indagini che annunciavano: "I fondi della società X hanno reso di più di quelli della società Y", facendo un calderone unico come se investire in Bot italiani o in azioni cinesi fosse la stessa cosa. Poi magari la società X aveva per caso un prodotto sulle azioni cinesi (che magari quell'anno, sempre per puro caso, erano andate particolarmente bene e che tirava su la media generale della casa) ed ecco che i pessimi fondi obbligazionari della stessa società X ne beneficiavano in popolarità a scapito dell'ignavo risparmiatore.
Su tutti i fronti poi ci sono terrorismi vari, come quelli suscitati dai fanatici anti INPS, che sbraitano contro il passaggio del TFR all'ente pubblico come fosse un indice di insicurezza in più per i lavoratori, ma che dimenticano che già oggi a fornire la garanzia del TFR in caso di fallimento aziendale non è altri che l'INPS attraverso un fondo finanziato dalle aziende.
Poi c'è uno degli aspetti più sottovalutati dai dipendenti che temono di perdere il capitale alla fine. Sulla necessità di una cultura della rendita ho già detto la settimana scorsa. Ma torno un attimo su questo argomento perché sta diventando uno dei più sentiti.
una posizione comprensibile che molti sentono come propria. Purtroppo credo che questo ordine di idee finirà per creare un mare di guai tra 30 anni, quando l'esercito di pensionati quali saremo si troverà con una scarsa pensione pubblica ed un malloppo (tra l'altro tassato molto peggio dei fondi pensione) in balia degli avventurieri di turno pronti a rifilargli le Argentina del momento proprio per integrare la pensione, mandando a monte tutto l'accumulato, mentre gli altri se ne stanno al caldo a ricevere una rendita inattaccabile dagli avvoltoi. Oltretutto, e questo può essere uno degli aspetti chiave specialmente per un lavoratore giovane, con il solo eventuale contributo del datore di lavoro si costituisce un bel gruzzolo aggiuntivo. Se consideriamo anche i rendimenti più elevati che si ottengono nel lungo periodo rispetto al TFR e la possibilità di poter prelevare comunque la metà del capitale, si "rischia" che chi ha molti anni davanti, ed un datore che versa, abbia alla fine un capitale non troppo lontano da chi tiene il TFR in azienda (un 1,5% extra annuo tra datore ed extrarendimenti, capitalizzato per 30 anni dà il 56% in più!!!), ed in più la rendita.
In una situazione diversa si trovano invece coloro che sono molto vicini al pensionamento. Conferire il TFR ad un fondo non aiuterà molto a creare una previdenza integrativa.
Se vi mancano, che so, meno di 5 anni, la grande maggioranza del vostro TFR ormai è stata versata a la riceverete quindi sotto forma della classica liquidazione (ricordo che oggetto delle riforma è solo il TFR che si produce da oggi in avanti, quello vecchio resta lì dov'è). Destinare quello degli ultimi anni ad un fondo pensione non cambierà di molto la vostra vecchiaia. Però una valutazione va fatta comunque, per due ragioni. Aderendo ad un fondo (in tal caso una linea rigorosamente obbligazionaria a breve termine) si usufruisce dell'eventuale contributo aggiuntivo del datore di lavoro; 2) la rivalutazione sarà più o meno la stessa del TFR, ma la tassazione finale molto più vantaggiosa e comunque, e questo è l'aspetto cruciale, riceverete probabilmente la totalità del capitale perché per periodi così brevi, il 70% del capitale accumulato molto difficilmente sarà sufficiente a generare una rendita superiore alla metà dell'assegno sociale, condizione per poter riscattare l'intero versato anziché solo il 50%. Quindi tutto e subito e tassato quasi la metà.
Quali altri aspetti devo valutare? Due dei più importanti sono i vantaggi fiscali in corso di contribuzione ed i costi, che caratterizzano soprattutto le famigerate polizze assicurative, che incontreremo però nella prossima puntata.







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