Pubblicato il 24 gennaio 2007 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Chi ha letto la prima puntata di questo piccolo serial sul
TFR, si ricorderà che la prima regola che abbiamo imparato nell'osservare
la struttura finanziaria di un prodotto destinato alla previdenza complementare
(ma non solo) è che le offerte a capitale garantito è meglio perderle
che trovarle. Chissà perché, infatti, da un bel po' di tempo le
banche hanno smesso di proporre i cari vecchi fondi comuni, preferendo i ben
più remunerativi e vincolanti prodotti garantiti, piazzati a piene mani
sotto forma polizze, obbligazioni strutturate e di linee previdenziali. Per
non parlare delle famigerate obbligazioni bancarie, che rendono meno di un titolo
di Stato, che costano di più e che non sono neppure quotate. Il tutto
sotto lo slogan del "capitale garantito". Che fare allora?
Garanzia del capitale significa in realtà minimizzare i rischi ed investire
seguendo una semplice, semplicissima regola: bisogna aumentare la proporzione
di obbligazioni (ad elevato rating) al diminuire del tempo a disposizione secondo
un principio che vedremo in seguito.
Infatti, i fattori che, se gestiti a dovere, sono in grado di condizionare nel
modo più dirompente la performance generale del vostro fondo pensione
sono due: il tempo, in positivo, i costi, in negativo.
La nuova disciplina sui fondi pensione vi mette al riparo da altri spettri che
aleggiano nella mente dell'investitore principiante, come quelli del gestore
che fugge col denaro o che si getta in speculazioni esotiche e pericolosissime
come indebitarsi per comperare azioni di un produttore di software della Guinea
Equatoriale. Niente di tutto questo può avvenire perché, grazie
ai meccanismi di tutela da sempre previsti per le forme di risparmio collettivo,
e rafforzate con la riforma attuale, il denaro non è materialmente in
mano al gestore, ma ad una banca depositaria terza che lo custodisce vigilando
sul rispetto delle regole. Regole che sono molto rigide per quel che riguarda
l'operatività ed il raggio di azione di ogni gestore, che magari avrà
anche il permesso di investire in attività molto rischiose (il che può
anche essere opportuno), ma con un livello di trasparenza adeguato ed entro
i limiti ben definiti dalla competente autorità di vigilanza, la Covip.
Chi è abituato ad investire in strumenti mutualistici, come i semplici
fondi comuni, sa che problemi come Parmalat o Argentina, sono estranei a questo
mondo perché per quanto un gestore possa avere in portafoglio titoli
destinati al fallimento, ne avrà in misura molto contenuta rispetto al
totale.
Quindi, oltre all'eventuale bontà del gestore, elemento questo indimostrabile
a priori (evitate accuratamente le sirene di colui che si presenta alla vostra
porta sbandierando i brillanti risultati del passato: magari quel gestore non
lavora più per quel fondo!), ed oltretutto non così fondamentale
nei fondi pensione che generalmente sono a gestione piuttosto passiva (che segue
cioè il mercato), tempo e costi devono essere le vostre bussole per quel
che riguarda la gestione finanziaria.
Innanzitutto, all'aumentare degli anni a disposizione (almeno 10) non bisogna
temere l'inserimento di una percentuale crescente di azioni internazionali.
Infatti, anche le obbligazioni statali possono riservare amare sorprese. Chi
mi garantisce che quelli che io vedo oggi come dei solidissimi titoli di stato
lo saranno ancora tra 20 anni? Nel lungo termine le cose cambiano. L'Italia
è stata declassata da pochi mesi dalle agenzie di rating e se tra 20
anni il declino del nostro paese dovesse peggiorare chi ci garantisce contro
la conseguente forte perdita di valore dei nostri titoli di Stato? Una prima
ed efficiente difesa è allora la diversificazione, non solo tra obbligazioni
italiane ed estere, ma anche tra bond ed azioni. La stessa sorte potrebbe toccare
ad altri paesi.
Secondo uno studio dell'agenzia di rating Standard& Poor's della scorsa
estate, lo squilibrio dei conti americani, se non opportunamente curato, potrebbe
portare i titoli di stato USA da un rating attuale di AAA (il massimo dell'affidabilità)
ad uno inferiore a BBB (poco più che metà classifica) entro il
2025. Con conseguenti disastri per i possessori dei quei titoli.
Azioni e bond miscelati dunque, anche per la gestione del TFR maturando: ma
in che proporzione? Un passo alla volta. Capito questo, si tratterà di
dare un'occhiata alla metodologia per applicare tutto ciò. Ne parleremo
la prossima settimana.