Pubblicato il 15 marzo 2006 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Talete di Mileto, il primo filosofo della storia, non si decideva
mai a prendere moglie.
La madre, preoccupata per le sorti del figliolo che era sì arguto, ma
anche irrimediabilmente single, soleva chiedergli spesso: "Caro ragazzo,
perché non ti sposi?". Talete rispondeva sempre nello stesso modo:
"Sposarmi, ma è troppo presto!".
Gli anni passavano e alle domande della madre la risposta non mutava: "è
troppo presto". Poi venne un giorno in cui accadde qualcosa di nuovo. La
madre, che pur vecchissima non aveva ancora perso la speranza, chiese al figlio:
"perché non ti sposi?" Talete questa volta rispose: "sposarmi,
ma è troppo tardi!".
Questa storiella che forse molti di voi si ricordano dai tempi del liceo mi
è stata riportata alla memoria da Sergio Sorgi, uno dei grandi esperti
di demografia e analisi previdenziale del paese durante una conferenza che si
è svolta la settimana scorsa presso l'università di Rimini.
"Questa storiella", concludeva Sorgi, "rispecchia alla perfezione
il rapporto che oggi si è instaurato tra gli italiani e la previdenza
integrativa". Come dargli torto?
Analizziamo i fatti.
La grande maggioranza dei cittadini sotto i 50 anni è consapevole che
avrà dei seri problemi a mantenere l'attuale stile di vita una volta
raggiunta l'età pensionabile. E più sono giovani, più sanno
che il problema è grave, ma… "è troppo presto per iniziare
a prendere provvedimenti". La cosa incredibile è che questa è
una frase che sento dire spesso anche dai quarantenni.
Problema numero due. Tra quelli più disposti ad agire per rimediare ai
propri guai previdenziali ci sono molti tra coloro ormai vicini ai fatidici
65 anni, magari artigiani o commercianti che non hanno versato troppi contributi
e che come Talete si rendono conto che oramai "è troppo tardi".
Problema numero tre. Le persone generalmente faticano a ragionare con la testa
nel lungo periodo. E la nostra situazione tenderà ad essere più
grave di quella che potremmo immaginare, perché anche chi ha dei risparmi
consistenti, spesso sceglie la soluzione immobiliare come cassaforte per la
vecchiaia o da lasciare in eredità. Il fatto è che, come evidenziato
oramai da tantissimi studi demografici, nei prossimi 30 anni si invertirà
radicalmente il rapporto tra domanda e offerta immobiliare, che vedrà
il netto prevalere di quest'ultima e che spingerà al ribasso i valori
degli immobili. Quindi: pochi accumuli previdenziali veri, e fatti pure su strumenti
che andavano bene nei quaranta anni passati, quelli della nascita dei baby boomers,
ma che saranno inefficienti nei quaranta anni che abbiamo di fronte.
Tutto questo mentre i fondi pensione, che dovrebbero rappresentare la pezza
più grossa sui nostri buchi previdenziali, continuano a languire.
Come se ne esce? Lo sforzo va fatto sia dal lato della domanda che da quello
dell'offerta.
La domanda siamo noi, e non possiamo aspettare la vecchiaia prima di iniziare
a pensare "alla vecchiaia". Ci si deve pensare in gioventù,
per quanto poco si possa accantonare. Ed ecco che entra in gioco l'offerta.
E' vero che ci sono molte banche ed assicurazioni che propongono soluzioni integrative,
ma in nove casi su dieci sono soluzioni pensate per migliorare la pensione del
venditore più che del futuro pensionato.
Sembra un vicolo cieco.
Un aiuto sarebbe inculcare un po' di cultura finanziaria nella popolazione,
che però poi sarebbe in grado di contestare con cognizione di causa i
diktat del sistema bancario-assicurativo, e questo non piace molto alle solite
lobby che finanziano la politica!
Un'altra idea sarebbe quella di incrementare i vantaggi fiscali sulla previdenza
integrativa a scapito magari proprio degli immobili (eccettuata la prima casa
ovviamente).
Bisognerebbe discuterne. Bisognerebbe, soprattutto sotto elezioni. Ma ancora
una volta sta prevalendo la solita propaganda fatta di promesse irresponsabili
di innalzamento delle pensioni (di chi già ce l'ha), di riduzioni fiscali
immaginarie, di garanzie di mantenimento del sistema dello sperpero (ordini,
rendite, monopoli, servizi protetti) e dei privilegi ottenuti in passato. Per
il resto sono ridicoli dibattiti in stile Berlusca-Annunziata.
E vogliamo affrontare così il futuro? Con un esercito di vecchietti poveri
e sfondati tenuti a galla da un piccolo plotone di giovani? Un plotone che non
solo sarà costretto a non aver più paura dell'idraulico polacco,
ma dovrà sperare di trovarne uno di idraulico in caso di bisogno, bengalese,
indonesiano o polacco che sia, perché non è proprio detto che
costoro resteranno qui tra quaranta anni. Il futuro, se continuiamo così,
sarà altrove anche per loro.