Pubblicato il 14 settembre 2006 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
I cinesi per le loro università stanno facendo incetta
di ragazzi brillanti provenienti da tutto il mondo, e da esportatori di cervelli
sono diventati importatori. L'India sforna 200.000 ingegneri all'anno, più
altri 300.000 in varie discipline scientifiche, senza contare che il 36% dei
matematici della NASA è indiano.
Noi siamo strangolati da burocrazia, privilegi, cattedre da assegnare ai galoppini
di turno dopo anni di duro lavoro di lingua (e se esci dal giro, magari per
insegnare in atenei esteri, finisci in fondo alla lista). In Europa c'è
un solo centro che tiene il passo con il dinamismo asiatico ed anzi lo surclassa:
Londra
E' passato poco più di un anno dagli attentati nella capitale inglese,
un dramma che secondo alcuni, dopo un'occhiata veloce al passaporto dei criminali,
ha segnato la fine del multiculturalismo britannico. Ma la vita nella Londra
del terzo millennio è più viva che mai.
Tra le esigenze della politica nostrana, con il ritorno forzato al cattolicesimo
popolare, i colpi di coda del mondo ciellino, le "folgorazioni" (magari
un tantinino opportunistiche?) che hanno prodotto il divertente fenomeno antropologico
degli atei-devoti, insomma… condannare il multiculturalismo, e con lui
il suo primo profeta (il Regno di Sua Maestà) è stata un'esigenza
che il mondo dei probi dai principi "inflessibili" doveva fare, lo
stesso mondo che ha salutato come una nuova tavola della legge il manifesto
di Marcello Pera, tanto condivisibile forse in linea di principio, quanto fuori
dal tempo.
Certo però, che le motivazioni contro il multiculturalismo si potevano
reggere su qualche mattone un po' più solido che non qualche morto in
metropolitana, o in una stazione spagnola (monoculturale!).
Ad un anno dalle bombe, il Regno Unito è uno dei posti migliori del mondo
per fare impresa, il 5° su 175 secondo la Banca Mondiale (l'Italia è
al n° 82!), e Londra è sempre lì dove grazie al suo fenomenale
intreccio culturale e creativo sono portati all'eccellenza tutti i servizi necessari
al mondo moderno, dalla pubblicità alla musica, alla consulenza aziendale,
e tutti i campi delle ricerca, da quella biomedica a quella finanziaria, o architettonica.
Gli attentati suscitano emozione, ma perdonate il cinismo, quello versato è
una goccia insignificante di sangue nel mare dei successi del multiculutralismo
inglese. Pochi morti per mano di un gruppo di invasati sono poca roba. Londra
ha un tasso di incremento della popolazione immigrata superiore a quello di
New York. Negli ultimi 15 anni le etnie che hanno visto i più alti tassi
di sviluppo sono state quelle provenienti da America Latina, Cina, Sudafrica.
Anche da noi arriva una marea di persone, ma c'è una differenza importante:
qui arrivano i disperati, a Londra i geni del mondo.
Multiculturalismo non vuol dire solo "noi e i vu cumprà", come
troppo spesso par di sentire, così come non vuol dire solo "noi
e l'islam", come spesso strumentalmente si fa.
Gli inglesi hanno dalla loro parte un alleato formidabile, la loro lingua. Gli
immigrati che arrivano nel paese o la sano già parlare o sono ansiosi
di apprenderla, perché è un patrimonio che si porteranno dietro
ovunque si troveranno domani nel mondo.
Noi non siamo inglesi, ma qualche investimento in più nel multiculturalismo
non ci farebbe male. Investire in qualche corso di laurea in più tenuto
in lingua inglese, che possa attrarre cervelli da altri paesi e non solo disperati,
così come investire allo stesso tempo nell'insegnamento della lingua
italiana ai più svantaggiati.
E non perché il multiculturalismo sia particolarmente bello, è
semplicemente utile per il futuro del nostro paese (a meno che non si decida
tutti di fare una bella cura dimagrante), che è invece di declino, e
se non lo capisce farà la fine dell'impero spagnolo del '600, troppo
impegnato a costruire cattedrali nelle sue colonie per (mono)"acculturare"
le popolazioni locali, mentre gli inglesi invece che chiese costruivano ferrovie
e compagnie commerciali. Loro hanno avuto un po' più di successo in passato,
e lo stanno avendo anche ora.
La Londra multiculturale è diventata negli ultimi 20 anni la capitale
europea dell'industria della conoscenza e del sapere, della finanza lo era già.
Poche decine di morti hanno cambiato poco o nulla della vita londinese e inglese.
Ed anche loro hanno capito che meno manfrine si fanno sul multiculturalismo
meno potere e meno visibilità si danno agli inevitabili problemi che
questa politica si porta dietro. L'importante è che i benefici siano
enormemente superiori, e sino ad ora è stato così. Ma loro sono
sempre stati più furbi di noi, anche come imperialisti; di noi che un
tempo ci vantavamo pure di "dominare" sul "florido" impero
d'Etiopia e d'Albania.