A mia figlia Desideria

Sonetto e articolo sono stati pubblicati il 25 aprile 2016 su La Voce di Romagna

 

A Desideria

Nel lasso navigar che ’l tempo estende,
stavano i tuoi quasi a serrar il nesso
che apparse allor chi fu, col nome stesso,
felice a dir che un’altra non l’offende;

e se’l birbo destin fu che sorprende
o altri di lassù in tenero consesso,
sì grati noi ne siam ché certo è impresso
nel nome tuo il gran bene che t’attende.

Ma or che rugge pel frate tuo lo gatto,
assieme a lui tu fanne meraviglia
ché il gioco va, ma resta quel che porta;

poi, in altra giungla incederai più accorta:
natura allor, che diede arguzia e ciglia,
sfidar potrai con animo scarlatto.

Metro: sonetto. Schema: ABBA ABBA CDE EDC

 

La nascita del desiderio

Un giorno mia figlia mi chiederà cos’è il desiderio. L’affascinante origine di questa parola, secondo alcune importanti interpretazioni, ha a che fare col sentimento che deriva dalla mancanza (de) delle stelle (sideris – astri celesti) o dall’averne dovuto cessare la contemplazione a scopo augurale. E’ quindi la tua intima aspirazione verso ciò che tu, pur senza la guida celeste, ritieni il bene, il buono, il piacere, spirituale o fisico, in tutte le sue forme. E se una stella cade dal cielo, ecco che scaturisce un desiderio. Così il termine “desiderio” (o “desiderato”, vedi anche il più comune nome proprio Désirée, in francese) è stato spesso in passato anche un nome attribuito a chi era stato fortemente e lungamente voluto o cercato. E quindi fortemente amato.
Chi avesse letto l’intervista che feci per La Voce al direttore della Rivista Italiana di Onomastica, Enzo Caffarelli, un paio di mesi fa, ricorderà l’appunto del professore quando sottolineava come in pochi oggi sanno, o desiderano, sapere il motivo che ha spinto i genitori verso il loro nome. E dialogando con lui prima dell’intervista mi disse che qualunque nome avessimo dato alla nostra figlia in arrivo, l’attenzione che io e mia moglie mostravamo verso l’onomastica ci avrebbe portato via via a parlare con lei, e con Lapo del perché delle nostre scelte nei loro confronti, e che questo sarebbe stato certamente utile a tutta la famiglia, come lo sarebbe per tutti.

Rewind - 30 agosto 2012
“Mi spiace signora, non c’è battito”. Non c’è battito. Non c’è battito. Il rimbombo di quelle parole ogni tanto fa capolino nella mia mente, come in quella di mia moglie; e chi ha vissuto la stessa esperienza sa che le cose non cambieranno col tempo. Non è un rammarico il mio, ma la presa di coscienza di un dolore vissuto ed elaborato. Che resta, così come resterà per sempre l’emozione e la serenità che, nonostante tutto (sembra strano, ma fu assolutamente così) ci diede abbracciare per due ore in sala parto la nostra bimba nata morta. Quelle due ore in cui i genitori restano soli con il neonato e che per quasi tutti sono un normale protocollo di sicurezza, ma che per noi rappresentarono una finestra di fragile, irrinunciabile felicità, sospesa all’interno di un incubo.

2 aprile 2016
Cammino per i corridoi del reparto di ostetricia con Desideria in braccio, e un giorno io e sua madre le spiegheremo che dopo mesi di ricerca tra libri, siti, dizionari e interviste il suo nome riemerse da dentro di noi, a rinnovare quella tradizione che ricordavo sopra. E col desiderio di trasferire in lei un sentimento positivo e quella forza che hanno avuto i suoi genitori, che non si son voluti arrendere al destino, e che hanno rafforzato la loro unione (invece che indebolirla), sposandosi poco dopo la tragedia, proseguendo come cantava Pierangelo Bertoli, “con un piede nel passato, ma lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.
Ma il destino ci mette lo stesso lo zampino, in modo divertente questa volta. E così accadono cose che non puoi spiegare e che conservi nella scatola delle coincidenze incredibili, anche se qualcuno ti dice che invece non succedono a caso. La sera stessa di quel giorno in cui io e Ilaria discutevamo sul nome, apro casualmente la mia pagina su Linkedin (cosa che faccio poche volte l’anno!) e mi appare una notifica che avvisava che quello stesso giorno Desideria A. aveva visitato il mio profilo. Le scrivo subito; parliamo del suo nome e di come lo ha vissuto. E’ gentilissima e se decideremo in tal senso le farà piacere avere una omonima, la prima che avrà direttamente conosciuto in vita sua.
Notte fonda. Passeggio con la mia bimba in braccio pensando a queste cose dopo un’accesa discussione con il direttore del giornale su come presentare il sonetto che, come feci anche per mio figlio, ho scritto per lei. E se dopo anni riesco a dire qualcosa sulle mie bimbe in questo modo, è anche grazie a lui. Lapo dorme in pace, intanto, e oggi ha preso per mano la sua nuova sorellina. E, un poco, anche Lara era assieme a loro.
Simone Mariotti

 



La Voce di Romagna, 25 aprile 2016





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