La Voce di Romagna, 18 febbraio 2016
di Simone Mariotti
L’amministratore delegato di Montepaschi, Fabrizio Viola, intervenuto a Focus Economia la settimana scorsa su Radio 24 ha rilasciato delle dichiarazioni piuttosto stupefacenti. Il numero uno della banca senese ha candidamente dichiarato di non ricordare una dinamica di mercato come quella dell’ultimo mese. Non contento, ha aggiunto che lui non è uno qualunque, ma un esperto che ha vissuto i mercati finanziari in prima persona, “che faceva il mestiere di chi oggi opera sul mercato”. E non solo non ricorda, ma non capisce la dinamica del mercato “perché di solito i mercati, anche i mercati più orso, hanno anche fasi di rimbalzo, di consolidamento”.
Chissà su quali mercati operava il sig. Viola. Forse in quello delle aringhe artiche dato che, essendo nato nel 1958, di storia finanziaria dovrebbe saperne qualcosa. E anche le aringhe avranno avuto qualche sbalzo di prezzo! Già perché non bisogna andare troppo lontano per trovare fasi ben più drammatiche di quelle attuali, in particolare nel settore bancario. Il 2008 rappresentò un cataclisma in cui non solo Monte dei Paschi ma l’intero mercato globale andò a picco in modo vertiginoso con dei cali che per le banche sfiorarono il 90%, e che durarono mesi! Cali da cui il settore ancora è ben lontano dal riprendersi, essendo ancora sotto di circa l’80% rispetto ai valori di 9 anni fa.
Ma se andiamo un po’ più indietro, a proposito di mercati al ribasso che poi rimbalzano, come dice Viola, tra il 2000 e il 2003 per tre anni esatti di fila il mercato azionario italiano, e con lui quello di tutto il mondo, calò praticamente di continuo, con qualche sussulto di tanto in tanto, fino a dimezzarsi. Ma anche solo 4 anni fa, ai tempi della crisi dello spread, Piazza Affari tra il luglio 2011 e luglio 2012 perse il 40% del suo valore. Viola dovrebbe saperlo perché in quel periodo il titolo Monte dei Paschi passò da 20 a 4€ (-80%). Guardando più lontano, tra il 1986 e il 1992 la borsa perse due terzi del suo valore, e negli anni settanta era la regola alternare al -50% di un anno il raddoppio l’anno successivo. E stiamo parlando del mercato nel suo complesso. Se andassimo a vedere singole azioni il campionario di titoli che hanno viaggiato a bordo di vorticose montagne russe è assai lungo.
Anche Fabrizio Viola, quindi, è vittima della diffusa sindrome da pessimismo cosmico che, complice il battage mediatico degli ultimi tempi, vede come catastrofi epocali mai viste quelle che in realtà sono cicliche correzioni, anche violente, che ripetono da sempre. E oltretutto oggi (nonostante gli ulteriori cali pesanti arrivati dopo le parole di Viola) siamo ancora lontani da perdite estreme. La borsa milanese è sotto del 20% a un anno e del 16% a due. Quella americana negli stessi intervalli è a -10% e +2%, quella giapponese -8% e +8%. Solo i mercati emergenti sono in profondo rosso con l’indice MSCI EM (in dollari) sotto di oltre il 25%.
Ma i personaggi pubblici legati alle sorti del paese, politici in primis, si lasciano spesso andare in dichiarazioni avventurose e a legami improbabili tra l’andamento dell’economia e i valori di borsa. Renzi qualche giorno fa, con il suo appello sull’opportunità di comprare le azioni del Monte, parole al momento un po’ premature (ma non facciamo previsioni), è l’ultimo di una lunga serie. Berlusconi in questo fu un leader. Alla fine del suo quinquennio 2001-2006, nell’aspra battaglia contro Prodi, affermò che durante il suo governo il valore dell’impresa Italia, misurato dai prezzi delle aziende quotate in borsa, era cresciuto del 50%. Come Viola probabilmente si ricordava solo degli ultimi mesi perché, indici alla mano, fu facile verificare che il Comit Globale era salito solo di poco più dell’8%. La cosa divertente è che se andiamo a vedere l’incremento di borsa durante i governi che Berlusconi definiva “comunisti”, cioè quelli dei 5 anni precedenti (Prodi-D’Alema-Amato), l’indice salì del 156%.
E vi ricordate la finanziaria lacrime e sangue del primo governo Amato, quella del 1992, che andò persino a pescare nei conti correnti? Fu un vero periodo tragico. Il Comit quell’autunno veleggiava a vista attorno ai 400 punti. In 2 anni Amato e Ciampi lo “portarono” a oltre 800 (+100%), esattamente sino alla primavera del 1994, quando arrivò Silvio. Ma, ahimè, il Comit iniziò subito un grigio declino posizionandosi tra 500 e 600 sino all’arrivo di Prodi.
Il vero campione degli ultimi anni è stato Enrico Letta. Durante il suo governo l’indice di borsa FTSE MIB è salito del 20%, contro il +9.5% realizzato nei 529 giorni di Monti. Renzi invece arranca, perché dal giuramento a oggi la borsa italiana è sotto di circa il 20%. Ma come si dice in questi casi, i prezzi bassi sono un’opportunità, per chi ha i soldi per comprare. Speriamo per lui che se ne convinca anche il resto degli elettori.