Procreazione assistita, a dieci anni da quell’estate referendaria

Pubblicato il 20 agosto 2014 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Dieci anni fa in questi giorni eravamo nel vivo della campagna di raccolta firme per il referendum che mirava ad abolire la neonata Legge40 sulla procreazione assistita. Ricordo che questo giornale ebbe un ruolo molto attivo nel dibattito che durò sino al voto del 2005, al quale partecipai con una serie di editoriali, oltre che con la militanza in strada a sostegno del referendum. Fui quindi tra coloro che, politicamente, furono clamorosamente sconfitti da quel voto, anzi da quel non voto.
Non voglio entrare nuovamente nel dibattito sui singoli temi della legge, ma se un bilancio va fatto dopo dieci anni, ciò che oggi si può certamente dire è che la sconfitta più clamorosa fu quella inflitta al Paese e soprattutto alle decine di migliaia di coppie che si son viste rifiutare l’accesso a quella che prima del 2004 era un’eccellenza italiana, una della poche in campo scientifico che ancora avevamo e che è stata messa in ginocchio dal solito masochismo nostrano. E nonostante una trentina di sentenze abbiano fatto a pezzi nel corso degli quasi tutti i cardini di quella legge, giudicati il più delle volte incostituzionali, ancora oggi più che la corretta valutazione della realtà e dei problemi concreti è l’ideologia a guidare il governo, tanto che a 4 mesi dal pronunciamento della Consulta che ha riabilitato la fecondazione eterologa, uno degli ultimi divieti rimasti, si stanno snobbando ancora una volta, nella definizione delle linee guida (tra l’altro inutili), i pareri della comunità scientifica e giuridica così come fu fatto anche al tempo dell’approvazione della prima versione della Legge40.
Anche Matteo Renzi, così come Enrico Letta, dieci anni fa invitò all’astensione, marciando al fianco del cardinale Ruini, una scelta che oggi non credo sarebbe molto popolare, e che saprebbe ben poco di rinnovamento e rottamazione, specialmente agli occhi di un’Europa all’interno della quale lui aspira a rappresentare il nuovo che avanza.
E non bisognava essere dei geni per capire il disastro che sarebbe derivato dalle proibizioni contenute nella legge. Mi ricordo che scrissi un pezzo che si intitolava “L’agente di viaggio procreativo” per enfatizzare una nuova, lucrosa professione per qualche scaltro affarista pronto a sfruttare i nuovi viaggi della speranza che sarebbero sorti nel giro di poco. Già perché, al solito, in Europa i nostri divieti non c’erano, e solo per aggirare quello sull’eterologa, caduto lo scorso aprlie, oltre 2000 coppie l’anno si sono recate oltreconfine alla ricerca di una gravidanza negata nel nostro paese.
E ancora, il pazzesco divieto di diagnosi pre-impianto (uno dei primi a essere rimossi, nel 2007), secondo il quale si poteva abortire dopo una diagnosi prenatale che avesse riscontrato gravi malattie nel feto, ma che non consentiva di fare diagnosi sull’embrione. Quindi l’embrione con la Legge 40 non solo prevaricava i diritti della donna, che non poteva più decidere di quel che accadeva dentro il suo corpo, ma era considerato superiore anche a quello che l’embrione stesso sarebbe diventato dopo l’impianto nell’utero. Quale principio etico-giuridico reggeva tutto ciò? Una specie di “grazia temporanea ricevuta”?
Sorvolo su tanti altri aspetti perché forse non è più il tempo degli scatenati “atei devoti” (non ci siamo fatti mancare neppure questo in Italia) e delle ingiurie pazzesche che i sostenitori del referendum si videro recapitare tanto che Radio Maria arrivò persino quella di cannibalismo. E qualcosa di nuovo c’è se, motivando la richiesta di una legge che regolamenti la fecondazione eterologa, il ministro Lorenzin ha dichiarato qualche giorno fa che le “coppie che affrontano un percorso faticoso devono poterlo fare in serenità, con un prezzo accessibile – perché non deve essere riservato solo ai ricchi – e devono sentirsi tranquilli nel nostro servizio sanitario”. Fa piacere sentire che il ministro mostra oggi questa sensibilità. L’avessero avuta anche i principali esponenti del suo partito al tempo del referendum del 2005, dato che i massimi esponenti dell’attuale NCD furono tra i sostenitori più integralisti della Legge40, tutti soprattutto contrari alla fecondazione eterologa che per tanti anni ha costretto migliaia di famiglie a percorsi non solo faticosi, ma estenuanti e tutt’altro che in serenità, e spesso riservati proprio solo ai più facoltosi, oggi non saremmo qui a parlarne. E lo stesso ministro sarebbe anche un po’ più credibile nella sua azione. Tra l’altro, persino il presidente della Corte Costituzionale ha sentenziato a inizio agosto che non c’è nessun vuoto normativo da colmare (altrimenti mai la Corte avrebbe potuto cassare una norma) e quindi nessuna necessità di leggi ulteriori per far ripartire sin da subito le procedure per l’eterologa.
Il lecito dubbio allora, è che non si sia capito molto degli errori del passato e si sta tentando qualche furbata normativa a difesa di un integralismo ideologico sempre più anacronistico, ma che ancora preserva delle sacche preziose di voti. Lo stesso integralismo che ancora non permette la ricerca scientifica sugli embrioni soprannumerari, l’ultimo divieto importante rimasto dell’impianto della vecchia Legge40, e che è probabile cada a breve. Tutto questo mentre il resto del mondo sviluppato continua ad andare avanti. E lo fa da dieci anni, per fortuna. A noi spetta ora il compito di recuperare al più presto il tempo perduto, e di non accumulare altri ritardi inutili, costosi e dolorosi.







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