Sirio, Espero e Perseo: le stelle cadenti della previdenza

Pubblicato il 2 luglio 2014 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Varie casse previdenziali obbligatorie sono finite di recente nell’occhio del ciclone, da quella dei giornalisti all’Enasarco. Il vulnus è sempre lo stesso: il mancato controllo sui processi di investimento, e l’incapacità gestionale di chi è posto al comando di questi enti.
E’ un problema che riguarda anche il pubblico se a sei anni dalla riforma non si conosce ancora la consistenza del fondo di tesoreria dell’INPS che raccoglie le quote del TFR delle aziende con più di 50 dipendenti, né sono chiari i criteri di investimento delle risorse.
La lezione che si trae da questi eventi è che perlomeno i versamenti da destinare alla previdenza integrativa libera dovrebbero uscire dal calderone pubblico, se non altro per un mero principio di diversificazione dei rischi, e per una, ipotetica, gestione più oculata da parte di chi i soldi non li riceve grazie a un obbligo, ma se li deve conquistare, come accade per fondi pensione negoziali o aperti. Ma se i contributi della previdenza integrativa complementare finiscono di nuovo in qualche scatola gestita dall’INPS, ci sarà sempre il fondato dubbio che le scelte sul come utilizzare le risorse non siano frutto di valutazioni indipendenti, ma diventino merce di scambio per i soliti faccendieri. E’ la situazione in cui si trovano gli statali che, attraverso i fondi Espero (scuola), Sirio (ministeriali e altri enti) e Perseo (regioni, autonomie locali, sanità), finiscono in un meccanismo piuttosto inquietante per un sistema traballante come quello della previdenza pubblica.
Con un INPS già strutturalmente in bancarotta, i tre fondi pensione degli statali hanno voluto proporre al contribuente una sorta di quadratura del cerchio: i contributi versati per la parte relativa al TFR (la più consistente) non vengono investiti in titoli veri, come avviene con qualunque altro fondo pensione negoziale, ma vengono investiti solo “figurativamente”, termine che fa rabbrividire. L’INPS, cioè, contabilmente fa finta che i soldi siano investiti in altro, poi alla fine ci penserà lui a restituire il capitale rivalutato virtualmente. Un pazzesco sistema da gioco d’azzardo, per un ente in forte deficit che si impegna pure a retrocedere rendimenti su investimenti che non realizzerà.
Quale sarà l’efficiente criterio con cui verrà costituito il paniere virtuale di riferimento cui parametrare i rendimenti non è ancora dato saperlo con chiarezza. Solo Espero al momento offre una buona trasparenza. Sirio e Perseo nella loro nota informativa parlano di un generico “paniere” di fondi di previdenza attivi sul mercato (la parola paniere sono loro stessi a inserirla tra virgolette). E dato che più si guadagnerà maggiore sarà il salasso futuro per l’INPS, mi sa che vedremo finire all’interno di questo “cestino” le peggio cose. Non depone a favore dell’ottimismo il fatto che, a due anni dall’autorizzazione all’esercizio dell’attività di Sirio, nel sito del fondo la pagina relativa alla gestione finanziaria risulti ancora “in costruzione”. Idem per Perseo. E se entrambi impiegheranno i tempi biblici di Espero per decollare, il nostro dubbio resterà inevaso ancora a lungo. A tutto ciò si aggiunga che per i dipendenti statali già assunti al 31/12/2000 l’adesione ai fondi comporta il passaggio dal regime del TSF a quello del TFR: non proprio una pacchia, che sta frenando la scelta di molti.
Una cosa giusta Sirio e il suo sito però la dicono quando si afferma che lo scopo del fondo è quello di garantire agli iscritti il mantenimento di una copertura previdenziale adeguata dato che la pensione futura offerta dal sistema pubblico non supererà il 40-50% dell’ultima retribuzione. Vero, ma che siano Sirio, Espero e Perseo le soluzioni lo dubito fortemente.
L’idea di accumulare qualche soldo per la costituzione di una rendita è giusta. E’ sbagliato però legare alle sorti statali anche i contributi aggiuntivi di coloro che già lo sono a triplo livello: cittadino, lavoratore, futuro pensionato. E i pochi spiccioli del contributo datoriale sono poca cosa di fronte a tale concentrazione di rischi.
Diverso è il discorso per i tanti dipendenti del settore privato, che dispongono di una buona gamma di fondi pensione negoziali. Ma le adesioni scarseggiano perché l’orizzonte di valutazione è necessariamente lungo e, lo abbiamo ricordato qualche giorno fa, gli italiani di soldi ne vogliono pochi, maledetti e subito.







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