A proposito di fame nel mondo e consumo di carne
Replica ad un intervento di Onide Venturelli (Vicepresidente nazionale di AVI)
Pubblicato il 24 marzo 2005 su La Voce di Romagna a pagina 10

di Simone Mariotti

Alcuni dati (fonte: "World in Figures - 2005", The Economist).
Con le uniche rilevanti eccezioni di India (grandissimo produttore di cereali, ma scarsissimo consumatore di carne) e Indonesia, gli altri principali paesi produttori di carne sono anche i principali produttori di cereali. Gli Stati Unici, infatti, sono il secondo produttore mondiale dopo la Cina, ma di gran lunga il primo in proporzione al numero di abitanti, mentre la produzione di carne americana, sempre in proporzione alla popolazione, non è troppo superiore a quella del terzetto Germania-Francia-Spagna, i tre principali produttori europei.
Quindi se ha ragione Venturelli a sostenere che i paesi in via di sviluppo sono grandi produttori di cereali, ha ragione anche il direttore a sostenere l'esagerazione di un legame "diretto" col problema della fame. Non sarebbe assolutamente immediato il trasferimento dei cereali derivanti da un calo della produzione bovina ai bimbi affamati. Con tutta probabilità, una riduzione della produzione di carne corrisponderebbe un calo ancora più consistente della produzione cerealicola, creata apposta per sfamare quel bestiame.
Il problema è tutto qui. E non è un problema da poco.
Non si può non guardare con indifferenza al fatto che, in un momento molto delicato per gli equilibri del pianeta, in molti paesi, sia ricchi che poveri, venga con insistenza praticata una delle operazioni più distruttive e a scarsissimo valore (nutritivo) aggiunto, come quella del passaggio da cereali (ma anche acqua) a carne. Un po' come se si incentivasse la diffusione di automobili ad alto consumo di benzina (magari perché più confortevoli), a scapito di quelle a metano.
Eliminata anche la motivazione di una necessità della carne nell'alimentazione (tesi oramai tanto obsoleta e sbagliata, quanto ancora radicata), la sfida per il futuro sarà quella di tentare di mantenere la produzione di cereali attuale, aiutando i singoli paesi (soprattutto quelli in via di sviluppo, come il Brasile, grande produttore di carne e grande produttore di "fame") a rendere per loro "economico" un utilizzo più salutare dei cereali di cui dispongono. Non sarà facile. E questo a prescindere da ogni considerazione animalista.







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