Pubblicato il 16 ottobre 2013 su La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
La vicenda Alitalia è proprio “di bandiera”. E’ il sistema in cui tutti abbiamo scelto di vivere, perché speriamo per noi stessi sempre le stesse cose e auspichiamo lo stesso modus operandi, che cioè qualcuno arrivi a spese altrui a toglierci le castagne dal fuoco, e ci arrabbiamo se non lo otteniamo pure alla svelta. Poi, di valutare le responsabilità, chi se ne frega. Ed è l’incapacità cronica di fare qualsiasi cosa che esca dal solco precedente, anche se è un solco sempre più impantanato.
Ed è il segno, se si concretizzerà davvero il “salvataggio” postale, che anche Letta è un mezzo bluff, legato a un copione irrinunciabile scritto da altri e condito con le solite banalità come l’italianità, l’ipotetica mancanza futura di voli, i posti di lavoro che si perderanno, ancora una volta tirati in ballo con il solito ricatto morale tipico di tante altre vicende, in cui non si ha mai il coraggio di staccare la spina, neanche dopo lunghe agonie, finendo col far danni ancora maggiori. O ancora, per l’opportunità di fare un affare migliore tra un po’, perché adesso sarebbe svendere, più o meno le stesse argomentazioni di 5 anni fa. Buona fortuna, perché per ora tutte le motivazioni addotte sono del poco rassicurante tipo: “Questa volta è diverso”.
Monti iniziò il suo declino quasi alla stessa maniera, quando si mise ad argomentare in un modo che avrebbe fatto bella figura in una storia di Topolino quanto a serietà, la necessità del TAV. Giuste o sbagliate che fossero le sue convinzioni, non riuscì a dire di meglio che i treni erano necessari (come se qualcuno tra i contrari alla Torino-Lione sostenesse il contrario), perché forse anche lui, nel profondo, con un paese che andava a picco, di portare avanti quel progetto nei numeri di traffico stimato iper ottimistico e spropositato nei costi, non ne aveva gran voglia. Ma troppi “illustrissimi” si erano spesi e lo chiedeva quella politica in cui si stava invischiando. Tutti, insomma, oramai compromessi da prese di posizioni superficiali e interessate, e in queste cose è più facile partire con un progetto economicamente già morto che non vederlo sospeso.
Se Monti avesse avuto un sussulto di orgoglio dimostrando vera indipendenza, avrebbe spiazzato tutti dichiarando non prioritario quel progetto. Avrebbe trovato il sostegno di molti economisti indipendenti, si sarebbe liberato di una bella fetta della contestazione movimentista e avrebbe allentato l’abbraccio politico che iniziava a stritolarlo. Ma non lo fece. Il piano di aumento di capitale di Alitalia è stato varato, ma i conti si faranno tra qualche settimana. Letta ha ancora tempo per ripensare al suo futuro.
Vien voglia intanto di buttarla in ridere, e allora Alitalia sembra già precipitata in mare, in balia di tutto tranne di quello di cui avrebbe bisogno, lì a far compagnia ai quei vecchi marinai cantati da Dalla e De Gregori (le virgolette sono mie – la canzone è “Ma come fanno i marinai”) che sembrano dei politici nostrani, sempre più sbandati.
Intorno al mondo senza amore
come un “pacco postale”
senza nessuno che gli chiede come va?
Ma che volgiamo fare noi italiani? Dove andare? Cosa vorremo mai contare ancora? Siamo come delle baldracche sfondate, un po’ ebbre giusto per riscaldarsi, incapaci di fare due passi che appena provi a rialzarti e a metterti in riga si va a sbattere.
Il “pacco postale” non si sa se sarà davvero recapitato (e ci sono anche i ricorsi europei), e forse si farà in tempo a mandare tutto al diavolo e lasciare che il malato finalmente muoia in pace. Ma se si proseguirà su questa strada, se neanche in un caso così clamoroso si avrà il coraggio di applicare rigore e responsabilità, sarà veramente il segno che nulla è più possibile in questo paese.
Col cuore appresso a una donna
una donna senza cuore
chissà se ci pensano ancora, chissà.
I marinai della canzone finiscono così, senza meta, con le facce stanche in cerca di risse e di bazar. Ma quella “donna senza cuore” per la politica (e per Alitalia) siamo noi, elettori sciocchi, amanti delle belle parole e dei pochi fatti, ammiratori dei furbetti, implacabili castigatori di quei fessi che seguono le regole civili.
Lucio Dalla appena vedrà alzarsi in volo il prossimo aereo della “nuova e fiorente compagnia di bandiera” e avvicinarsi alle sue nuvole, sfodererà l’amato clarinetto e inizierà a suonare, e a ridere di noi che 35 anni dopo siamo andati a finire laggiù, in mezzo al mare con i suoi marinari. E che mare:
un mare che più passa il tempo
e più non sa di niente.