La vicenda del Delfinario. Respingere i ricatti morali

Pubblicato il 18 settembre 2013 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Al di là del merito tecnico giuridico della vicenda del Delfinario di Rimini, ci sono due argomenti chiave che sono stati utilizzati a go-go nel dibattito che ne è scaturito e che vanno combattuti con tutti i mezzi perché suonano come dei ricatti morali, a prescindere dalle motivazioni giuste o sbagliate che hanno portato al sequestro degli animali, e dalle possibili soluzioni che andranno studiate per riavere una vasca a norma di legge. La prima riguarda il lavoro.
Se si perdono posti di lavoro a causa della chiusura di una struttura irregolare da anni (nessuno pare negare questa evidenza; di chi sia la colpa è altro discorso) è un problema serio e doloroso, che però non può essere messo nell’elenco delle cose che giustificano il mantenimento di uno stato di fatto illegale. Perché se si applica questa logica a tutto il mondo del lavoro, allora la via del declino sarà davvero inarrestabile e precipitosa.
Leggo post in rete che lapidano gli ambientalisti rei di aver preferito i delfini alle 20, 40, 80 (i numeri si sprecano con un rigore non proprio teutonico) famiglie che avrebbero perso il posto di lavoro. E’ la stessa logica con cui un “imprenditore” del tessile a Napoli, intervistato durante un’inchiesta televisiva mentre era in corso un’ispezione della finanza che aveva trovato tutto fuori norma, si giustificava dicendo: “Signori, qui siamo ai Quartieri Spagnoli, come si fa a stare in regola?”. Sembrava un poveretto, e probabilmente aveva ragione. A Rimini siamo a quel livello, o ci si piange un po’ addosso, avendo fatto finta di nulla, o quasi, sino a oggi?
Il secondo aspetto cruciale è quello dell’educazione ambientale.
In questi giorni si sono scatenati quelli che definirei i “paladini dell’ambiente modello luna park”, quelli che… “portavo i miei figli al Delfinario e lì hanno iniziato ad amare gli animali e la natura: e adesso?”.
Non so quale genitore sia davvero così illuso o così ignorante da ritenere che basti portare qualche volta il bimbo allo zoo o al delfinario per fargli amare la natura e gli animali, ma se ciò fosse vero anche solo per l’1% delle persone il mondo sarebbe traboccante di umanità pro animalista. E visto il comportamento abituale di una metà abbondante della popolazione adulta verso gli animali, viene il fondato dubbio che lo scopo tanti genitori e nonni che portano i bimbi a vedere i delfini abbia ben poco a che fare con l’instillare nei piccoli l’amore per gli animali, e molto col fatto che per loro il “delfinario” è di gran lunga più importante del “delfino”: una giostra con gli animali che dà un’emozione che diverte, che passa velocemente e che offre un rapporto con la natura comodo, non impegnativo e che non sporca di peli il divano di casa.
Il bambino apprezza gli zoo di ogni tipo, che hanno davvero, se ben fatti, una funzione importate anche educativa, di ricerca e di salvaguardia (come ha ben spiegato Sergio Giordano lunedì scorso, ricordando anche le motivazioni storiche della nascita del Delfinario di Rimini), se è stato educato prima, se ha coltivato dal vivo la natura, meglio ancora se ha vissuto con animali liberi in casa. Lo zoo/delfinario può essere anche un punto di partenza, certo. Sono stato bambino anche io, ma i ricordi più belli relativi agli animali “strani”, quelli che non vedevi tutti i giorni in città, non erano le visite in vasca ma, tra le altre cose, quelle al piccolo zoo del bellissimo parco naturale di Cervia, con gli animali da cortile e alcuni ungulati e roditori, dove restavi per ore e si percepiva una qualche emozione di contatto vero. O le gite in montagna con i miei quando ci si imbatteva in una malga e lì a osservare le mucche, sì, le semplicissime mucche al pascolo, e le capre, sperando di avvistare poi qualche marmotta o un capriolo. E ancora, troppe poche persone capiscono il danno (da questo punto di vista) di aver perso la piccola e ricca fauna che animava la riva tra spiaggia e mare sino a 30 anni fa, come spesso ci ricorda Giuliano Bonizzato.
La chiusura del Delfinario quindi modificherà la destinazione di qualche gita con i nonni, ma non la fine della possibilità di far crescere i propri figli con un sano rapporto con gli animali o con il mare, se è questo quel che si vuole davvero.
Quella vasca vicino al porto è un ricordo per tutti noi, e mi auguro si riesca a trovare una soluzione degna e giusta, per tutti, per un suo recupero. Ma l’azione che è stata fatta dalla magistratura è solo tardiva, come tutto il resto, da sempre, in questa città quando le cose non funzionano più.
Ed è una conferma del destino bislacco, e italianissimo, di Rimini: all’avanguardia nello sperimentare, infossata nelle retrovie quando si tratta di rinnovare.







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