Sto con il vino, ma voglio libertà di cultura e coltura
Pubblicato il 26 luglio 2006 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Da quando scrivo per questo giornale, le prime uscite del mese di agosto le avevo dedicate alla cannabis. Per il 2006 avevo deciso di invece di soffermarmi su alcuni aspetti di un altro fantastico prodotto della terra: il vino. Sono stato però preso in contropiede dal dibattito in corso, ed allora torno a parlare di cannabis come preludio alla piccola "ubriacatura" delle prossime settimane.
Una settimana fa il ministro Ferrero con la sua "patacata" ha scatenato i cori di rivolta dei "beoni", che non sono stati da meno quanto a sobrietà. Facciamo un po' d'ordine.
Pare appurato che porre la questione nei termini del "fa più male mezzo litro di vino od uno spinello" sia un po' una fesseria. Una fesseria ancora più grossa è però una reazione pro-vinicola che invece di difendere il vino, sbrodola la solita retorica, oramai umoristica, anti-marijuana.
Se poi il profeta dell'antimaria è un produttore di vino... va beh, non è che siamo tutti sempliciotti nati ieri! E' un po' come se si chiedesse di commentare una delle accuse che ogni tanto faccio al modo con cui le banche vendono prodotti finanziari al direttore di una filale dal cui budget dipende una bella fetta del suo stipendio.
Il fatto è che quando ci si fa prendere la mano poi si inizia a ruota libera. E giù a elogiare la strepitosa ed irrinunciabile "cultura del vino", che pare sia nata d'improvviso, visto che fino a qualche anno fa il vino era vino e basta. E a dire che i giovani sono ignoranti perché non hanno la "cultura del vino", per non parlare delle palesi idiozie fisse nella mente dell'italico medio, che non gliele schiodi neanche se gli muore di cirrosi un figlio diciottenne e cioè che "un bicchiere di vino fa sempre bene, meglio ancora se rosso; alle coronarie poi... quasi un toccasana". Amen!
Sgombro subito il campo da equivoci: non sono qui per accusare il vino, che invece adoro, meglio ancora se rosso. Addirittura stravedo per i passiti e il Batarreo di Santini è sicuramente nettare per gli dei. Ma ragazzi, basta patacate, su!
Diamo pane al pane, e vino al vino. In Italia ci sono alcune cose che non si possono toccare: la moda, la Ferrari, la nazionale di calcio (Beha ne sa qualcosa, giuste o sbagliate che fossero le sue accuse) ed ovviamente il vino. Ripeto, va bene, benissimo, gloria eterna al vino, non ve lo tocco, anzi lo amo. Ma basta col coprire di fango quella fantastica, straordinaria, preziosa ed utilissima pianta medicinale che è la marijuana! Soprattutto basta di farlo, continuando a mentire spudoratamente sull'alcool.
Molte parti del vino sarebbero anche salutari, come il resveratrolo che pulisce le arterie e protegge le coronarie. Peccato che l'alcool, anche una sola goccia, è un veleno per tutte le cellule del corpo, che fa danni molto, ma molto superiori agli eventuali benefici. Infatti il resveratrolo nel vino è presente in circa 0,7 milligrammi per litro, e per avere effetti solo lontanamente simili ai farmaci in commercio (che contengono circa 500mg di antiossidante), bisognerebbe assumere più di 1000 litri al giorno! Buona fortuna.
Piaccia o no, i 50.000 che muoiono di cirrosi epatica ogni anno in Italia non di fanno solo di costosissimi superalcolici. Il grosso dei poveracci, dei persi della vita, dei disperati, spessissimo beve dei gran bottiglioni di vino da due soldi comperati al supermercato. Piaccia o no, di "maria" si attende a livello mondiale il primo morto, mentre sono ultra provate decine di patologie, glaucoma e sclerosi in testa, che sono validamente contrastate dall'uso di marijuana.
Poi c'è la questione di questa benedetta "cultura del vino" che arriva addirittura dalle sacre scritture e via dicendo. Ripeto, benissimo, e certamente la preferisco e di molto anche io alla cultura della cannabis. Ma non prendo svarioni storici negando l'importanza di quest'ultima che fa onorevolmente parte anch'essa della nostra civiltà.
La canapa, nella sua storia millenaria, non è parte solo della cultura indiana, o messicana, o giamaicana. La canapa, prima che iniziasse il lavaggio del cervello statale, è stata una delle regine proprio della cultura italiana, non meno importante sino a 60 anni fa, di ulivo, vite, grano e arance. Una prova lampante ed inconfutabile sta nella famosa serie di francobolli del anni 1950, "Italia al lavoro", i cui in 19 bolli erano indicati i mestieri e i prodotti tradizionali del nostro Paese, associando ad ogni regione una caratteristica. Bene, oltre ai mestieri, i prodotti della terra erano solo 5: arance, vendemmia, granoturco, olive e ... canapa, attribuita proprio all'Emilia-Romagna, in omaggio ad una coltura diffusissima sin dal '500 e sparita con drammatica rapidità nel secondo dopoguerra (la serie di francobolli fu ideata nel 1945, ma inizialmente sospesa per il suo taglio troppo regionalistico).
Il altre civiltà la cannabis ha un ruolo ugualmente importante al nostro vino. Anche io non cambierei la mia cultura e la rispetto, ma non per una sua presunta superiorità, semplicemente perché il vino e la vite li ritengo più buoni, più piacevoli, più adatti alla mia vita quotidiana rispetto ad una fumata marijuana, che invece è un ottimo farmaco naturale. Perché anche un buon bicchiere di vino può essere molto salutare per la mente, quindi molto anche per il corpo (le coronarie però lasciamole stare).
Insomma ammesso e non concesso che mezzo litro di vino faccia "male" almeno quanto una canna, tutta questa manfrina che si è scatenata dalle parole del ministro, è dovuta solo ad un'unica, grande mega-idiozia generale: la proibizione della marijuana.
Se così non fosse, ognuno penserebbe a fare bene chi il vino, chi la "maria". I giovani avrebbero un fascino del proibito in meno e tutti potrebbero gustare il meglio di tante diverse culture e colture, sulle quali il vino resterebbe giustamente quella predominante.
Ma quando iniziano le forzature, le prepotenze, il lavaggio del cervello culturale, allora anche il mio amato vino inizia ad essermi molto antipatico. E per un po', visto che non fumo, berrò solo della "ignorantissima" birra scura.








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