Pubblicato il 20 giugno 2012 su La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
Parto da un dato rilevato dall’ultima Relazione Annuale della Banca d’Italia di poche settimana fa: dove conservano la loro ricchezza finanziaria gli italiani? al 31,5% è in circolante e in depositi, il 20,4% in titoli pubblici e obbligazioni, il 19,7% in azioni e partecipazioni, il 5,9% in quote di fondi comuni, il 19,1% in Riserve assicurative e previdenziali. Scorporando alcuni dati vediamo che la quota di attività all’estero sul totale è inferiore al 9%, con un 5% tra depositi e titoli a medio lungo, un 2,5% di quote di fondi comuni e sicav esteri e un 1,1% di partecipazioni.
Questi dati sono interessanti per capire innanzitutto l’origine delle paure della maggioranza dei cittadini: i loro soldi sono intrinsecamente legati alle sorti del paese e delle banche del paese, e solo una parte marginale si trova fisicamente già all’estero. E dato che il voto greco sembra al momento aver risolto poche incertezze, dei dubbi continuano a serpeggiare tra la gente: 1) che accadrà se l’Italia esce dall’euro? 2) Che accadrebbe in caso di un blocco bancario italiano, per esempio dovuto a una corsa agli sportelli? 3) Cosa fare preventivamente per limitare i danni in situazioni cosi estreme?
I giornali finanziari e non solo sono pieni di risposte alla terza domanda proponendo ricette varie, sempre un po’ superficiali quanto all’effettiva possibilità per molti di metterle in pratica. C’è chi suggerisce di investire in valute rifugio, come il franco svizzero, le valute nordiche, il dollaro australiano; chi di buttarsi nell’oro. Altri, un po’ più ottimisti ritengono sufficienti i titoli tedeschi, scelta che in effetti è andata per la maggiore sino a ora, da parte anche dei grandi investitori.
Anche le cose da non fare sembrano chiare in caso di caos estremo: poche materie prime, non richieste durante le crisi, non gli immobili, che già oggi soffrono di un mercato debolissimo e che in caso di un impoverimento generale del paese dovuto a una forte svalutazione delle attività nazionali vedrebbero spazzata via anche la flebile domanda attuale.
Non entro ulteriormente nel dettaglio di queste casistiche se non per ribadire un concetto generale: le scelte rifugio vanno bene in caso di dissesti, ma espongono a rischi non indifferenti in caso invece di risoluzione dei problemi, e alcune scelte, come quella di andare alla ricerca di oro fisico o di recarsi in Svizzera per aprire conti correnti si prestano ad altri punti deboli di natura appunto operativa e a rischi di elevati costi di gestione.
Come ricordavo la scorsa settimana quindi, siamo di fronte a un gioco, e puntare su uno scenario o l’altro può presentare risultati finali molto diversi e non ottimali anche se le nostre scelte sembrano razionali, risultati che dipendono anche dalla scelta di altri giocatori. Se so per certo che la mia banca è solida, la scelta di retarci dentro può essere molto influenzata da un sufficiente numero di persone che, male informate o poco fiduciose, prese dal panico corrono agli sportelli facendola fallire. Vi ricordate il vecchio classico con James Stuart La vita è meravigliosa?
Ma cosa si risponde alle prime due domande che ricordavo sopra?
La cosa interessante e che molti dei problemi evocati sono per buona parte aggirabili da tutti in modo molto più soft che non facendo gli spalloni sulle alpi svizzere salvando, almeno sino a un certo livello, capra e cavoli, sfruttando proprio alcuni dei benefici che ci arrivano dall’integrazione europea degli ultimi anni. Inizio a raccontare allora una piccola esperienza personale per fare un po’ di educational su un qualcosa che moltissimi ignorano, dato che quella che mostro è una strada seguita per appena il 2,5% della ricchezza.
Lunedì ho ricevuto una mail che diceva: Caro Simone, tutto è partito da una nostra chiacchierata. Questa sì che si chiama collaborazione. Un saluto. F.
I dubbi degli italiani sono anche i dubbi dei miei clienti. Ho discusso allora di alcuni aspetti giuridici con i responsabili delle filiali italiane di alcune grandi società di investimento internazionali, e due di queste hanno trasformato il nostro carteggio in delle newsletter appena distribuite in rete a tutti gli operatore del settore (F. rappresenta una società americana).
Le considerazioni riguardavano appunto quel 2,5% di cui sopra, quella piccola porzione di denaro, cioè, che di fatto è già all’estero anche se molto spesso neanche i risparmiatori lo sanno. C’è uno strumento infatti, che permette anche al piccolo risparmiatore di portare denaro in Lussemburgo (principalmente) in modo perfettamente legale, fiscalmente trasparente e senza alcun aggravio, e lasciarlo depositato in banche estere e trasferibile anche su altri conti esteri nel caso si verificassero scenari estremi in Italia.
E’ il bello dell’Europa, della tecnologia, dell’integrazione finanziaria che permette di portare i soldi all’estero senza muoversi dalla propria banca italiana, e certamente qualcuno lo ha già fatto, anche se probabilmente a sua insaputa. Sveleremo i dettagli la prossima settimana.