Pubblicato su La Voce di Romagna il 18 aprile 2012
di Simone Mariotti
Due giorni fa ascoltavo un’inchiesta televisiva in cui si parlava di celiachia sottolineando l’esplosione del numero di persone affette da questo tipo di intolleranza, esplosione del tutto inaspettata anni fa. Non è necessariamente un male, anzi. Un medico anni fa mi disse che era un modo scomodo per costringersi a mangiare in modo più sano, perché si era costretti a eliminare una gran quantità di cibo spazzatura.
Cito questo perché è solo uno degli ultimi fenomeni non previsti dalla nostra società e che influenzerà la vita, (probabilmente anche la sua durata) di un numero sempre maggiore di persone.
Oggi il mantra è che la vita siccome si è allungata molto negli ultimi tre decenni, continuerà ad allungarsi sempre, e prima i giovani iniziano a mettere da parte qualcosa per la pensione meglio è.
In linea di principiò è corretto, se il primo presupposto è vero. Ma anche in questo caso, si devono mettere in conto alcuni aspetti che non devono trasformare la cura in una malattia. E lo affermo io che per anni ho sostenuto, e sostengo ancora, l’assoluta necessità per tutti di integrare il proprio risparmio a fini previdenziali. Ma proprio perché il mondo cambia, anche un principio “giusto” non è assoluto sempre, specialmente in tempo di crisi, e specialmente per i giovanissimi alle prese con un mondo per loro sempre più duro.
Un signore vicino alla pensione, una mamma neosingle in difficoltà, un giovane padre di famiglia, tutti e tre vittime di venditori che non si erano prodigati in spiegazioni sul funzionamento di certi prodotti che di fatto impediscono il prelievo di quando versato sino all’età della pensione.
Sono tre casi reali, veri di persone in difficoltà e non più in grado di versare e che hanno anche dovuto rinunciare a cose importanti della loro vita per essersi sinceramente volute tutelare dal punto di vista previdenziale, ma prima del tempo, prima cioè che la loro situazione economica fosse abbastanza solida da permettersi certi versamenti. La madre, single di ritorno, aveva addirittura acceso una polizza pensionistica per il figlio minorenne, forte del messaggio mediatico del “prima i giovani iniziano a costruirsi una pensione meglio è”.
Le loro scelte si sono rivelate sbagliate non perché era sbagliato preoccuparsi della pensione, ma perché in quei casi era sbagliato dedicarci risorse che non potevano permettersi in quel momento della loro vita.
Conoscere la lunghezza delle proprie gambe è un ottimo metodo per non far errori, sia in tema previdenziale, o finanziario o immobiliare. Oggi c’è gente in giro che vende polizze di 45 anni ai ventenni ancora iperprecari, sottraendo alla loro vita una parte a volte importante del proprio reddito che sarebbe meglio fosse destinata senza vincoli a quel semplice risparmio, necessario a fronteggiare l’inizio di una vita, ancora troppo piena di incertezze.
E comunque anche quelle scelte spinte dai media che sono corrette per la massa vista come un unico grande numero indivisibile, si basano su presupposti che oggi sembrano ovvi, ma che domani potrebbero esserlo molto meno. Per esempio: che ne sappiamo degli effetti a lungo termine di malattie un tempo assenti dalla vita di tutti i giorni, come lo stress e il colesterolo per esempio? E che effetti avrà sul fisico di un ottantenne del 2050 o 60 l’aver trascorso tutta la vita o quasi bombardato da onde elettromagnetiche? Forse nulla, ma non lo sappiamo oggi.
E chi garantirà la solidità delle compagnie vita, che pur non sono mai fallite nella storia dei paesi occidentali, in caso di eventuali default di paesi oggi sviluppati, eventualità non certo remotissima? Solo per fare un esempio attuale, la crisi greca sta mettendo in fortissima difficoltà diverse compagnie di quel paese (e per alcune sembra sia vicina l’insolvenza) che avevano investito i loro asset in percentuali rilevanti in titoli di stato del loro paese. Escludereste lo stesso a priori per l’Italia? Per non parlare dei costi più che rilevanti tipici di tantissimi prodotti previdenziali assicurativi, ma molto diffusi che annullano ogni benefico derivate da un’accumulazione iniziata in giovane età. E non cito gli scandali ricorrenti circa la gestione finanziaria degli enti previdenziali (l’ultimo di ieri riguarda l’Enpam).
Ecco allora che anche nel fondato mantra previdenziale bisogna fare dei distinguo e tenersi sempre e comunque aperte delle opzioni alternative, e non puntare su un solo tipo di scenario. E così, se è profondamente stupido illudersi che i nostri enti previdenziali pubblici siano in grado di provvedere serenamente alla vecchiaia di ogni nato dal 1955-60 in avanti, non è per nulla saggio credere che sottoscrivere qualsiasi cosa venga spacciato per “pensione integrativa” sia sempre una buona cosa da fare il prima possibile.
Bisogna sacrificare allora un po’ del proprio presente per risparmiare, ma non compromettere il futuro stesso a causa del troppo risparmio, se non se ne ha abbastanza e se non si è in grado di poter sopportare i vincoli che spesso ciò comporta.
Ed è per questo che l’aggravio esagerato dei contributi previdenziali a carico dei giovani, necessario per mantenere in piedi non la loro pensione, ma un sistema squilibrato fatto di vecchi “privilegi acquisiti”, rischia di provocare un vero disastro sociale, sia nel presente che futuro.