Basta pregiudizi, valutiamo i fatti
Pubblicato il 15 febbraio 2006 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

"Il prestigio del governo è stato indubbiamente ridotto dalla legge proibizionista, perché nulla è più distruttivo per il rispetto del governo e della legge dell'approvazione di leggi che non si possono far rispettare". Albert Einstein, My First Impression of the U.S.A., 1921.

Se guardiamo l'Indice di Sviluppo Umano fornito dall'Onu ogni anno, scopriamo che l'Olanda (2004) tra i 177 paesi sotto osservazione si pone al 5 posto, preceduta da Canada, Australia, Svezia e Norvegia. Com'è possibile che in uno stato dove da 31 anni la cannabis circola liberamente, alla portata di tutti, grandi e piccini, si stia così bene? Visto che lì la droga è da tempo libera di sortire tutti i suoi malefici effetti ci dovrebbe essere l'inferno! Invece la vita media è lunga, i loro giovani si fanno molte meno endovenose di eroina dei nostri ed il paese produce più di tanti altri. Sarà un caso ma anche il Canada e l'Australia sono due tra i paesi leader, insieme alla Svizzera e alla Spagna (Catalogna) nello sviluppo delle politiche sulla cannabis, soprattutto per quel che riguarda l'uso terapeurico.
Dallo studio dell'autorevolissima rivista medica "Lancet" del 1995, che sancì con un'analisi trentennale la non pericolosità dell'uso, anche prolungato, di cannabis, le continue conferme non sono mancate.
Tra le più recenti c'è la ricerca della dottoressa Sabine Steffens del Geneve University Hospital, pubblicata su Nature (aprile 2005) a proposito di cannabis, infarto e malattie cardiache, o quella del dr.ssa Ester Fride sempre del 2005 (European Journal of Pharmacology), che raccomanda l'uso della cannabis in pediatria, e che invita alla ricerca sull'uso della marijuana in relazione alla cura dei problemi dei bambini legati alla fibrosi cistica e ai disturbi della crescita. Sta invece per apparire sulla rivista Addictive Behaviors una vasta analisi sui positivi effetti della cannabis nella cura e controllo della depressione.
Che lo vogliate accettare o no, la marijuana, o canapa, cannabis, chiamatela come volete, è sempre stata una grande amica dell'umanità.
Tra gli aneddoti più clamorosi c'è sicuramente quello del piccolo Jeffrey. Lo scorso anno è stato pubblicato in America il libro "Jeffrey's Journey" (Quick American Press), la straordinaria cronistoria della battaglia di una madre alla ricerca dell'unico farmaco in grado di restituire un'esistenza normale al figlio di 7 anni: la cannabis.
Conservatrice e cristiana devota, arruolata nella marina, poi insegnante, l'autrice, la madre Debbie, racconta come poco prima del suo primo compleanno il figlio Jeffrey iniziò a mostrare disturbi comportamentali, che aumentarono sino ad una grave forma di ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder), associata ad un comportamento compulsivo-ossessivo e tendenza alla violenza.
Un bambino brillante ed affascinate quando non in preda alle sue crisi, a Jeffrey furono diagnosticati molti disturbi. I medici provarono a prescrivere al piccolo circa 16 differenti farmaci, usati anche per epilessia, schizofrenia, depressione ecc. Fu rinchiuso in un istituto tre volte ed una volta quasi non rimase secco a causa di una dose letale di farmaci tradizionali.
Quando Jeffrey aveva circa sette anni, la vita di Debbie cambiò dopo che ebbe assistito ad un dibattito sulle proprietà mediche della cannabis presso la scuola in cui lavorava.
"Fino a quel momento ero completamente all'oscuro dell'argomento. Non avevo mai usato la marijuana e non conoscevo nessuno che l'avesse fatto. La mia famiglia era conservatrice e avevamo votato contro la Proposition 215, che nel 1996, legalizzò l'uso medico della marijuana in California. Le uniche cose che sapevo sulla marijuana erano quelle che sentivo dai media. La nostra visone generale era che quella roba era parte di un movimento di controcultura e quindi non aveva valore."
In realtà la cannabis si rivelò l'unico farmaco in grado di rendere la vita di Jeffrey uguale a quella degli altri bambini. Debbie, con l'aiuto del WAMM (Wo/Men's Alliance for Medical Marijuana) riuscì a far inserire il figlio in un programma di distribuzione legale. Dopo un mese di trattamento, molto positivo, qualcuno lo disse alla Child Protective Services, ed allora apriti cielo. I media si scatenarono sulla mamma che "drogava" il figlio, ma nel popolarissimo processo che immancabilmente ne seguì, il giudice riconobbe i benefici che la cannabis aveva sul bambino e diede ragione alla madre.
La storia si riferisce a più di tre anni fa, ma nel 2002 degenerò perché la DEA (l'agenzia antidroga Usa) fece distruggere le coltivazioni legali della WAMM, che fornivano medicinale per 250 pazienti, tra cui Jeffrey. Ora il bimbo si trova in un centro assistenza nello Utah vivendo più faticosamente grazie all'idiozia e alla cattiveria proibizionista.
Un anno e mezzo fa venne arrestato a Rimini un gruppo di spacciatori offrivano eroina gratis ai ragazzini all'uscita della scuola. Secondo voi, questi bastardi avrebbero motivo di farlo ancora se la droga non fosse proibita (come il wiskey, per esempio) e per loro estremamente conveniente, e dopo la legge Fini lo è ancora di più? E perché i ragazzi olandesi ne consumano molta meno dei loro coetanei europei? Provate a rispondere senza pregiudizi. Chissà che ciò non riseca anche a migliorare la salute e la sicurezza dei vostri figli.








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