Se torna la "Regina del Rum"
Pubblicato l'8 febbraio 2006 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

"Puoi renderlo illegale, ma non puoi renderlo impopolare", si diceva dell'alcool negli anni venti oltreoceano. Erano gli anni del sogno americano, della nuova era in cui la radio e l'automobile simboleggiavano il progresso inarrestabile.
Era una festa che si sarebbe chiusa col grande botto del '29 e che Fitzgerald definì "l'orgia più cara della storia", e l'alcool era il collante che univa un intero popolo, che annullava le differenze sociali, di sesso, censo o razza.
Era stato proibito nel 1920, e da allora in avanti, ovviamente, il consumo esplose incontrollato.
Nel 1920, i piccoli contrabbandieri che vivacchiavano lucrando sui dazi, dovettero abbandonare la scena. La parte principale era stata assegnata dal brillante "Movimento per la sobrietà" a dei nuovi primi attori, i grandi sindacati del crimine comandati soprattutto da da Al Capone e John Torrio a Chicago e Luky Luciano a New York.
Fu in questo contesto di pubblica dissolutezza intellettuale che si ritagliò il suo spazio nella storia la goletta "Malahat" conosciuta anche col più romantico nome di "Regina del Rum".
Era un supermercato all'ingrosso di alcool in mare aperto, solitamente al largo di San Francisco. Scafo in legno, 5 alberi, lunga più di 70 metri, una vera signora.
Costruita durante la prima guerra, con la fine del conflitto era stata messa in disparte, sostituita dalle più potenti e sicure navi di acciaio. La povera Malahat pareva avere i giorni contati, ma nel '23 un imprenditore di Seattle fiutò il grande business del proibizionismo.
Il vicino Canada non proibiva la produzione per l'esportazione e grazie a varie scappatoie legali Seattle, a due passi dal confine, poteva essere una buona base di approvvigionamento. Nonostante i larghi e poco sorvegliati confini, l'alcool entrava negli Stati Uniti soprattutto attraverso il mare.
Presto la Malahat divenne un enorme emporio di alcolici alla quale si affiancarono in breve tempo altre 60 navi, che negli anni venti operavano dal Canada alla California. Ma lei restava la "Regina del rum", ed i clienti non mancavano.
Nonostante il proibizionismo infatti, il consumo di alcool non diminuiva, anzi. La quantità consumata pro capite aumentava di anno in anno. Se prima della proibizione a New York City c'erano circa 16.000 saloon, a metà degli anni '20 le rivendite clandestine di alcolici erano salite a diverse decine di migliaia, con una novità importante: anche le donne, escluse in precedenza, potevano avere accesso ai locali. Sono soprattutto le più giovani che iniziano a bere, e forte. E' la tipica reazione dovuta al fascino del proibito, alla conquista di uno spazio prima negato, alla rottura psicologica con l'ambiente materno anch'esso fortemente proibizionista. E' la prima volta che le donne hanno l'opportunità di uscire e divertirsi, ed il clima dissoluto e seducente creato dalla malavita grazie agli introiti dovuti al proibizionismo e la capillare diffusione di locali notturni e clandestini, velocizza la loro metamorfosi sociale.
I numeri in gioco erano stratosferici. Nel '28 i medici fatturano 40 milioni di dollari prescrivendo l'alcool come medicinale. Nel '24 le richieste di vino legale per i sacramenti sale a più di 3 milioni di litri! E se nel 1923 si contavano in tutto il paese 35 mila crimini legati all'alcool, nel '32 si superava abbondantemente quota 60 mila. Grazie a tutto ciò, i profitti di Capone ammontarono ad oltre 60 milioni di dollari, pari a due miliardi di dollari di oggi.
Sul finire del decennio l'attività della Malahat cala progressivamente, soprattutto perché negli Stati Uniti, per risparmiare sui costi di trasporto e produzione, fiorisce una capillare rete di distillerie clandestine dedite alla produzione di alcool molto scadente (e alla contraffazione delle etichette) da rivendere al mercato nero a prezzi gonfiatissimi.
Lo stesso avviene ai giorni nostri e da tantissimi anni con l'eroina, tagliata dai malviventi con talco, stricnina e schifezze di ogni genere per lucrare ancora di più sulla pelle dei tossicodipendenti, decidendo poi quando farne fuori uno problematico una dose di "additivo" più generosa.
I racconti sulla follia del proibizionismo sono talmente tanti da riempire agevolmente le migliaia e migliaia di pagine dei tanti libri scritti al riguardo.
Negli Stati Uniti si comprese dopo 13 anni che quella sostanza dannosissima che è l'alcool, che uccide ogni anno nel mondo, ancora oggi, centinaia di migliaia di persone andava combattuta con altri mezzi.
Oggi si persevera accanendosi sempre di più contro una sostanza come la cannabis che in 3000 anni di storia non ha ucciso una sola persona (eccettuati morti caduti per mano dei terroristi e dei malviventi arricchiti grazie al proibizionismo), che ha numerose, riconosciute e preziose proprietà terapeutiche, che non provoca dipendenza, che non istiga alla violenza (caratteristica peculiare del signor alcool), e che, anzi, rilassa.
Abbiamo tanti problemi, pochi soldi ed un futuro incerto. Perché continuare a regalare denaro ai criminali, ad intasare la giustizia, a riempire le carceri di disperati, ad impegnare le forze dell'ordine in una lotta tanto inutile quando infinita, frutto, oltretutto, di una sola, grande ignoranza culturale?








Questo Articolo proviene da Simone Mariotti
http://www.simonemariotti.com

L'URL per questa storia è:
http://www.simonemariotti.com/modules.php?name=News&file=article&sid=45