Pubblicato su La Voce di Romagna il 29 febbraio 2012
di Simone Mariotti
La settimana scorsa raccontavo di un mio recente lungo viaggio in auto da Rimini alla Calabria paragonandone i costi e tempi a un identico viaggio, ma fatto in treno. Incredibilmente l’auto si rivelava più conveniente con una sola persona a bordo. Ho sottoposto l’articolo a Claudio Zamagni, teologo riminese che ha insegnato in varie università europee, che oggi abita tra Losanna, Ginevra e la Val Susa e che conosce quindi bene anche il problema TAV.
Da un certo punto di vista, dice Claudio (che più volte ha collaborato con La Voce in passato), non è strano che il treno costi più dell’auto, almeno in Svizzera, ma con non pochi distinguo. Vediamo le sue considerazioni, frutto di un’esperienza diretta di oltre 15 anni:
«In svizzera è normale che il treno costi più dell’auto, ma è anche normale che arrivi puntuale, che vada comunque più veloce dell’auto, che sia sempre accettabilmente pulito, che sia silenzioso e confortevole, che non sia mai pieno zeppo e, naturalmente, che ci siano molti treni tra cui scegliere.
Per esempio, tra Ginevra e Losanna passano tre treni all’ora (in pratica, puoi andare in stazione senza nemmeno guardare l’orario: mal che vada aspetti 20 minuti). Tutti i treni hanno lo stesso prezzo, che siano locali, diretti o IC (quest’ultimo qualche volta è sostituito dal Pendolino che fa la tratta Ginevra-Milano o Ginevra-Venezia). In ogni caso, il locale non ci impiega che 10 minuti in più. Il diretto, che fa due fermate intermedie, ci mette mi pare 2 minuti in più dell’IC.
Non devo prenotare nessun posto, non devo per forza prendere quel treno lì o niente, trovo sempre posto, perché di treni ce ne sono moltissimi.
Se ho un cambio (ad es. se vado a Friburgo, a Berna o altrove) generalmente l’orario prevede dai 4 agli 8 minuti di tempo, che sono sempre largamente sufficienti, senza correre. Vuoi perché trovano il modo di fare arrivare i treni sempre su binari appaiati, vuoi perché comunque il treno si ferma sempre, precisamente, sul binario all’ora esatta in cui è previsto (e molto spesso anche uno o due minuti prima).
Anche questo è l’opposto della TAV: dei treni normalissimi, che funzionano, partono all’ora giusta e arrivano all’ora giusta. Non partono e arrivano più o meno a quell’ora, ma spaccano il secondo. Quando sono in ritardo arrivano dagli altoparlanti degli avvisi commoventi, tipo “stiamo arrivando alla stazione di XY con un ritardo di 3 minuti sull’orario previsto”.
Ma costano comunque più della macchina. Solo che prendere uno di questi treni è sempre un lusso, con un confort che nessuna macchina può darti».
Quel che è particolarmente significativo nel racconto di Zamagni, è che quello che conta non è avere un treno superveloce all’interno di una rete disastrata, scelta che invece è stata fatta in Italia (e che è un po’ come spendere per un costoso profumo invece che lavarsi con un semplice sapone), ma avere una rete efficiente fatta di tanti treni normali. Questa è la chiave di tutto.
La Svizzera è certamente un paese a parte, è ricca e non ha necessità di lunghe percorrenze interne, anche se le ha a livello europeo. Ma se quel sistema lo si rende meno lussuoso, nel senso che ci si “accontenta” di un solo treno all’ora invece che tre, ma efficiente e pulito e non ad alta velocità, si fa molto presto a renderlo anche economicamente conveniente e più competitivo dell’auto, specialmente per le distanze medio-lunghe. Ovviamente se le risorse che hai le spendi in quella direzione. Stesso discorso per le merci, che necessitano di scali merci efficienti e non i treni veloci.
Scrivo queste considerazioni mentre Luca Abbà, il manifestante caduto dal traliccio in Val Susa, ancora si trova purtroppo in condizioni gravissime. Condivido la sua lotta contro il grande scempio del tunnel per la Torino-Lione, ma non a questi prezzi. E dichiararsi disposto ad attaccarsi ai fili dell’alta tensione per contestare, anche giustamente, un’opera pubblica, credo sia molto sbagliato. Forse farà bene alla causa no TAV, e in un paese incivile come l’Italia, che non ascolta le ragioni serie, ma si ferma solo quando ci scappa il morto, anche questo è possibile.
Ma è comunque una violenza come sono violenza gli scioperi della fame portati sino alla morte, il contrario degli scioperi della fame di dialogo ispirati alla nonviolenza ghandiana come quelli di Marco Pannella, che come Ghandi usano la debolezza del proprio corpo come forza per conquistare in modo non violento spazi violentemente negati, ma con la voglia di vivere per riempire quegli stessi spazi di nuovi contenuti di civiltà.