Pubblicato il 7 dicembre 2011 su La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
La manovra di Monti ha credo tanti aspetti positivi e certamente, come lo stesso premier ha detto in conferenza stampa, vari difetti dovuti al fatto che in poco tempo, per esempio, non puoi organizzare una patrimoniale sul modello della Francia, perché annunciarla senza avere il tempo per attuarla contestualmente genererebbe più problemi che benefici.
Mi auguro che nelle settimane avvenire arrivi davvero un po’ di più su certi fronti solo accennati, come le liberalizzazioni e soprattutto la giustizia. Ma credo che da alcuni punti di vista, seppur minoritari, il governo stia costringendo tutte le forze politiche a una seria riflessione sui loro atteggiamenti passati, e sulla mediocrità di certi provvedimenti precedenti, e di riforme annunciate da anni e mai attuate, per esempio l’eterna litanie sull’abolizione delle provincie.
Annunciata da non so quanto tempo in modo tanto fanfarone quanto ipocrita da tutti i maggiori partiti, Lega esclusa (la Lega si deve sempre distinguere nel peggio), nessun governo ha mai mosso un dito concreto in tale direzione. E anche tra i più convinti si adducevano scogli di incostituzionalità, reali opportunità economiche (c’è sempre uno studio ad hoc che serve alla bisogna) o pretesti vari per non dire quello che tutti sanno: le province servono solo per riciclare i rottami della politica. Monti con un provvedimento, ancora povero, ma banale ha semplicemente aggirato il problema, lasciandole lì, ma svuotandole un bel po’ di finanziamenti e di potere. Non basta certamente, ma anche solo per questo, prima, ci voleva tanto?
Ancora più ovvia è la tassa sulle attività finanziarie. Qualcuno mi sa dire perché un pensionato che aveva 10.000€ in titoli doveva pagare 34€ di bollo e un milionario che investiva in polizze o fondi comuni nulla?
Eppure quella sui bolli era stata una disciplina appena “riformata”, e la legge che fortunatamente Monti ha abrogato, non era roba retrograda di decenni fa, ma il parto di una “geniale” pensata di Tremonti, che aveva solo aumentato per scaglioni il bollo, evitando di fare, anche qui, la cosa più ovvia: una piccola tassa (vi assicuro, innocua per tutti), ma che per il suo calcolo considera l’intero portafoglio di investimenti. Non sarà perfetta, e dei dubbi su come applicarla nel concreto su alcune forme di risparmio ce l’ho (così come ho dubbi applicativi sulla recidiva sullo scudo fiscale), ma anche qui, era così complicato in passato far passare il principio secondo cui: “se hai 1000 paghi su 1000, se hai un milione paghi su un milione, indipendentemente da dove li hai depositati”? E questo vale anche per la sinistra, perché i bolli solo sui depositi amministrati e non sul resto erano presenti da anni.
Una riforma, quella contenuta in questo tipo di tassazione, che renderà anche meno distorte le scelte di investimento dei cittadini che, consci di non subire trattamenti differenziati, potranno, spero, prendere decisioni d’investimento meno legate al contenitore e più focalizzate sul contenuto.
Ma la cosa più importante è la riforma delle pensioni, che si muove verso l’equità tra le generazioni. Dico si muove perché seppur sia stato fatto un passo importante, ancora troppo privilegi del passato restano in piedi, e troppe pensioni sono ancora erogate con criteri insostenibili, e le anzianità hanno cambiato nome ma non sono state abrogate ex abrupto, come si doveva. Non so se si arriverà un giorno a una rivoluzione dei pensionati (futuri), ma i diritti acquisiti concessi in passato in modo vampiresco a spese delle generazioni successive vanno rinegozianti.
I sindacati stanno continuando a giocare il loro ruolo di barricaderi ciechi che guardano solo al passato. Ma fare le riforme delle pensioni, quelle sì, ci vuole sempre tanto, e una domanda va fatta a tutte le forze sindacali: perché non dovrebbe essere giusto applicare a tutti la regola del ricevere in proporzione a quel che si è versato, prevista dall’estensione del contributivo?
Se certi provvedimenti non si fanno per tempo, poi non si faranno mai più a causa del costo politico che comportano. Per questo quella riforma è la più urgente anche se darà i suoi frutti tra anni, e perche è quella che salverà la stabilita del sistema Italia e ridarà fiducia a chi deve, oggi, decidere se prestarci o no i suoi soldi legandosi a noi per molti anni a venire.