Pubblicato su La Voce di Romagna il 5 ottobre 2011
di Simone Mariotti
Dieci anni fa di questi tempi, poco dopo la tragedia dell’11 settembre, e mentre l’Argentina stava andando a gambe all’aria, maturai l’idea di andare a indagare sui crack finanziari, le bolle speculative e le relative cantonate prese dagli analisti finanziari e dai guru economici vari che si erano susseguiti nel corso dei secoli. Né uscì, un anno e mezzo dopo, il mio primo libro seguito a breve dall’inizio della collaborazione con questo giornale, in cui la narrazione/denuncia dei luoghi comuni che attanagliano e portano sulla cattiva strada l’investitore medio è spesso stata la protagonista.
Per il mio primo articolo nella nuova, bella veste del giornale ho scelto allora un classico dei classici: la caduta dei grandi “guru”, che guru in realtà non lo sono mai, ma che diffondono sempre quella pessima convinzione che ci sia qualcuno in grado di prevedere il futuro, o che il sistema sia gestito da una grande Spectre in mano di pochi che dominano il mondo, di cui il guru di turno è il braccio armato finanziario. Quella di oggi, il cui epilogo sembra ancora incredibile, è la storia di John Paulson, ex-re degli hedge fund (come sempre ci sono di mezzo gli hedge).
Paulson realizzò miliardi di dollari di plusvalenze nel 2007-2008, l’anno terribile della crisi dei mutui subprime. Intuì che qualcosa non andava nel mercato immobiliare e vi scommise contro, liquidando con grande anticipo quello di cui gli altri si riempivano e nessun titolo spazzatura inquinò i suoi fondi.
Fu un colpaccio in cui lui stesso ricavò diversi miliardi di dollari. Genio? Guru? Non pochi sospettarono la solita lobby oscura che lo avrebbe favorito e ancora in più fecero un pensierino all’insider trading frutto delle sue brillanti relazioni. Godeva già di buona reputazione, ma nel 2008 divenne un mito. Il 2008 era anche stato l’anno in cui cadde un mito precedente, quello di Bill Miller (di Legg Mason Value Trust), che dopo anni di grandi successi dovette gettare la spugna travolto da grossi errori sui titoli bancari.
La storia di Paulson non è dissimile da quella di tanti altri prima di lui. Quelli del grande colpo, ma l’unico; della grande intuizione, ma solitaria; della sfera di cristallo, poi frantumata. E ancora non si riesce mai a reagire davanti ai grandi mega-exploit finanziari con un semplice: “Forse ha avuto solo fortuna”. Nel 99% dei casi sarebbe la spiegazione più corretta. La crisi 2011 ci regala così il crollo di Paulson, e della Spectre della finanza, che ancora una volta dovrà trovarsi un altro leader.
Dai guadagni stellari del 600% del suo hedge nel 2008, è stato sbaragliato dal mercato dei titoli bancari. Come scriveva Walter Riolfi qualche giorno fa sul Sole: “Dopo perdite di oltre il 30%, che hanno fatto di quei i fondi i peggiori del sistema, hanno deciso di chiudere i battenti. Nei portafogli di Paulson sono rimaste attività finanziarie si e no per una ventina di miliardi: in parte sono soldi suoi, in larga parte dei clienti che saranno liquidati. E già altri fondi hedge, come avvoltoi, stanno cercando di capire quali titoli siano rimasti in portafoglio per giocare al ribasso su questi, prima che il povero Paulson sia costretto a liquidarli. Per calcoli errati o semplicemente per sfortuna, Paulson si ritrova nella condizione opposta a quella che lo fece ricco e famoso 4 anni fa.
Fortuna scambiata per abilità, azzardo preferito al rischio, inseguimento delle stelle (cadenti): le grandi trappole per i risparmiatori.