Pubblicato il 21 settembre 2011 su La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
“E se succede davvero? In tanti, davvero in tanti me lo stanno chiedendo da settimane, e il declassamento del debito italiano di ieri, benché atteso, se non scontato, non rasserena. Stiamo parlando del possibile default del nostro paese. Già la parola che uso deve essere ben capita. Non stiamo parlando di favole né di ipotesi estreme e catastrofiste. E’ semplicemente una cosa possibile, che una volta era anche molto improbabile e che oggi lo è diventata un po’ meno.
Ritengo ingiustificati gli allarmi di chi invita a fuggire fisicamente all’estero con i propri risparmi, sia perché non siamo dentro una camera a gas, sia perché all’estero ci si può andare benissimo da qui con poche migliaia di euro e senza gabbare fisco e leggi, sia perché default non vuol dire necessariamente perdite immani, ma magari un allungamento delle scadenze che vincola per un po’, come accade quando un immobile sfitto non lo si riesce a vendere e resta sul groppone per anni e poi lo si vende allo stesso prezzo o a meno, ma 5 anni dopo, che è come un piccolo default.
Non entro oggi nelle questioni di merito per analizzare l’effettiva probabilità di un tale evento, che certamente è possibile. Fingeremo però di essere già oggi alla vigilia di un probabile fallimento statale. Che fare? Partiamo dal basso.
Un’opzione che da semplice battuta sta diventando per alcuni una ipotesi seria a causa del possibile fallimento anche delle banche è il classico “tenere i soldi nel materasso”. Diciamo subito che l’idea è pessima anche in caso di disastro. Primo perché oggi è materialmente difficile metterla in pratica per il semplice motivo che l’uso del contante è stato molto limitato, è vietato fare pagamenti in contanti per cifre superiori a 2500€. Per cifre consistenti, poi, movimentare contanti non è un buon modo per passare inosservati al fisco, le banche segnalano questi movimenti, ci sono i costi e i rischi della custodia materiale e in caso di un collasso e magari di ritorno dell’inflazione o di pesante svalutazione della moneta, sareste in possesso del più improduttivo dei beni e di quello che perde di valore più rapidamente.
Tenere i soldi liquidi in conto corrente, divisi magari in più banche per aumentare la garanzia del fondo interbancario (oggi di 100euro a deposito) non è una brillante idea. Se il paese va in default è certa anche una grave crisi bancaria che farebbe certamente saltare le nostre banche maggiori, mentre le piccole sarebbero in grave crisi di liquidità, se non nel baratro anche loro. Fare affidamento sul mitico fondo interbancario dei depositi sarebbe una pia illusione in questo scenario. Idem per tutti gli strumenti di risparmio legati alla solidità delle banche, dalle loro obbligazioni, ovviamente, ai certificati di deposito e, in certa misura (dipende dal titolo sottostante), ai pronti contro termine.
Investire in immobili. Prima considerazione: gli immobili non scappano e sono facilmente occupabili. Chi ne ha oggi e li vuole vendere fatica molto. Dubito che in uno scenario di impoverimento generale da default e con le banche fallite la cosa migliorerebbe. In scenari apocalittici non sono da escludere sommosse ed espropriazioni di fatto, per esempio ci sarebbe certamente un’esplosione della morosità, e se affittare un appartamento già oggi spesso da problemi figuriamoci in quel domani. Ma anche in casi di grossa e perdurante crisi, se la borsa reagisce subito, il mattone entra in lenta agonia, bersaglio anche del fisco, come lo fu nella crisi del 1992, la peggiore per il paese prima di oggi, in cui l’immobiliare andò in stallo per tutto il decennio. L’unico vantaggio sarebbe il mantenimento del valore in caso di esplosione dell’inflazione.
Poi ci sono i preziosi e l’oro, che però non si maneggiano con facilità. Possono proteggere dall’inflazione ma per i piccoli investitori hanno tante controindicazioni a partire dal come comprarli, come custodirli e a chi rivenderli e a che condizioni. Molte grane, molti rischi, molti possibili guadagni, ma anche molte possibili disavventure.
La cosa più semplice è probabilmente più efficace per attutire il colpo di un default tenendo contro di tutti gli aspetti (dalla sicurezza fisica, alla liquidabilità, alla capacità di recupero in caso di scampato pericolo) è detenere debito e titoli azionari di un mix di paesi e aziende sia dell’area euro che non, e non essere strapieni solo di titoli italiani, cosa che non farebbe nessun cittadino del mondo (e perché lo dovete fare voi?). A differenza dei depositi e delle obbligazioni delle banche, i titoli, i fondi, ETF, polizze, fondi pensione, ecc… e altre attività simili non fanno parte del patrimonio della banca e in caso di fallimento non sono aggredibili dai creditori.
Chi invece pensa che l’Italia ce la farà deve sapere che la borsa italiana dal massimo del 2007 a oggi ha già perso il 68%. Nella grande crisi del 1929 dal massimo del Dow Jones di 381 una perdita del 68% voleva dire arrivare a 121. A quel valore ci si arrivò verso la fine del 1931. Il mercato toccò il fondo a metà del 1932, in piena crisi globale. Da quel 121 il Dow arrivò sino a 41, perdendo un altro 60%, ma rimase laggiù per poco tempo e chi entrò nel mercato a quei valori dopo il primo meno 70%, non soffrì molto, e negli anni avvenire avrebbe fatto ottimi guadagni. Se ci credete, insomma, questi particolari “saldi” in Italia ci sono da un mese.