Pubblicato il 31 agosto 2011 su La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
La crisi si fa sentire in modo deciso in queste settimane, e al solito si discute molto animatamente di previdenza, di riforme (mancate), di tagli alle pensioni, di allungamento dell’età lavorativa. L’ultima trovata di questi giorni è la beffa sul riscatto della laurea (che non conterà più come anzianità), cosa che io ho sempre sconsigliato a tutti, non fidandomi più da tempo della sostenibilità dell’Inps (e delle finanze pubbliche), e scherzetti come quest’ultimo, me li aspettavo ieri, così come mi li aspetto ancora domani. Purtroppo di pensioni ne sentiamo parlare soprattutto dai politici nei dibattiti, in cui spesso gli slogan la fanno da padrona, e dopo i quali poco di sostanzioso resta nel piatto. Torno allora a interpellare Marco Liera, storica firma finanziaria del Sole 24 Ore (oggi a capo di YouInvest - www.youinvest.org - la prima scuola italiana per investire), che ha tenuto compagnia ai lettori de La Voce già durante i giorni più caldi della bufera finanziaria, per un ultimo scambio di battute sulla previdenza e sui rapporti con i consulenti, assieme ai quali spesso si prendono decisioni che possono poi condizionare un’intera vita.
E’ difficile parlare con le persone di previdenza. Ancora oggi i risparmiatori subiscono il collocamento del prodotto, hanno molti pregiudizi sui fondi pensione e faticano a percepire il rischio demografico. La stampa non è che aiuti, in quanto la variabile più osservata è spesso il rendimento a breve e i confronti delle linee di lungo periodo con il TFR, facendo perdere di vista la funzione previdenziale. Non crede che quella del tipo “quattro linee su 5 battute dal TFR” che si leggevano nel 2009 sui giornali, sia un’informazione vera, ma ininfluente nella vita di un contribuente che versa mese per mese al fondo e magari ha ancora 15 anni di vita, e che magari nell’ignoranza si spaventa e passa alla linea garantita nel momento peggiore? Magari qualcuno lo ha fatto proprio in questi giorni…
Dopo 20 anni passati in ottimi giornali, sono arrivato alla conclusione forse banale che i media informano, ma non formano. Non possiamo chiedere ai giornali di avere quel livello di analisi e di approfondimento che la complessità della finanza richiede. Questa complessità può essere invece gestita con la formazione, ed è per questo che ho fondato YouInvest.
Come si fa allora a parlare di previdenza integrativa senza angosce? Cosa deve valutare un cittadino-lavoratore che si avvicina ai fondi pensione?
Non sono un fan dei fondi pensione di per sé. Sono semplicemente un fautore dell’accumulazione di risorse a scopi previdenziali. Che poi uno lo faccia in fondi pensione, o strumenti del risparmio amministrato come i titoli di stato o le obbligazioni cambia poco. L’importante è che lo faccia.
Perché in Italia i fondi pensione aperti fanno ancora così fatica a imporsi, e continuano a prevalere prodotti costosi e inefficienti come le polizze? E’ solo un problema di scarsi incentivi alla distribuzione?
Diciamo che è un problema di flessibilità nel remunerare il distributore molto di più nei primi anni che non successivamente. Con le polizze questa non linearità che tanto piace ai distributori è più marcata.
Parliamo di rischio demografico, ma al contrario. E se arrivasse un cigno nero a sconvolgere tutte le statistiche sulla demografia? E’ così scontato che la vita media continuerà ad allungarsi per tutti? Che ne sappiamo degli effetti a lunghissimo termine di mali nuovi che hanno colpito le generazioni nate dal miracolo economico in poi come lo stress, il colesterolo o fattori che hanno appena 15 anni di vita come le radiazioni elettromagnetiche? E’ saggio ragionare solo come se la vita si allungasse, anche in termini di costi attuariali?
No, non è saggio. Il fatto che la speranza di vita sia più che raddoppiata nell’arco di un secolo non comporta necessariamente che il trend debba continuare. Proprio l’altro giorno mi dicevano che ci sono segnali contrastanti sulla longevità delle donne, notoriamente più elevata di quella degli uomini, longevità che è messa a dura prova da certe insane abitudini che non poche donne hanno copiato da noi uomini.
Ci sono vari interlocutori in Italia con cui discutere di investimenti finanziari e previdenza. Gli ultimi nati sono i consulenti a parcella. E’ un’industria che si può sostenere nel nostro paese, o la consulenza fee only è destinata a rimanere una piccolissima nicchia?
Non la vedo come un servizio di massa, perché tutto sommato credo che a milioni di italiani non sia così sgradito avere un interlocutore in conflitto di interessi. Anche perché da questo non riceve necessariamente un cattivo servizio. Però è molto importante che anche gli italiani abbiano la possibilità di scegliere tra una consulenza pagata a parcella e una pagata a provvigione.
“Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto”. Il fucile del risparmio e della finanza personale nel nostro paese ce l’hanno le banche, e come consulenti, anche i promotori finanziari non sembrano essere in forma come Clint Eastwood per ribaltare il detto messicano: l’età media è arrivata a essere sopra i 50 anni, calano continuamente gli iscritti e per un giovane iniziare è quasi impossibile. Le banche si rimangeranno anche quel poco che avevano perso negli ultimi 15 anni? O sarà l’educazione individuale a colmare il vuoto che si creerà?
E’ un vero peccato che in 40 anni di attività i promotori finanziari siano riusciti a conquistare appena il 6% del risparmio degli italiani. Con banche universali così poco competitive sotto il profilo della consulenza, ci si poteva aspettare di più da figure specializzate come i promotori. Davanti ai quali sta ancora un oceano sterminato di risparmi maltrattati da curare e valorizzare. Credo che questa opportunità rappresenti un’ottima prospettiva per i giovani che accedono alla professione.
Che ne pensa di quel che accadrà in Inghilterra dal 2013 quando le Sgr non potranno più retrocedere le commissioni di gestione ai collocatori. Barclays ha chiuso la divisione financial planning per il retail sostenendo che quel mercato non è pronto per reggersi con le parcelle. Se non sono pronti gli inglesi lo possono essere gli italiani? O dovrete aprire una filiale inglese di YouInvest?
YouInvest è un’organizzazione editoriale e di formazione e come tale non è autorizzata a offrire consulenza agli investimenti a clienti privati. La novità inglese di cui lei parla è di grande portata. I distributori possono essere pagati dai clienti esclusivamente per la consulenza prestata, e non per la vendita dei prodotti. Credo che se Barclays rinuncia a organizzarsi per adeguarsi al nuovo scenario, altri invece lo faranno. Probabilmente sono le piccole realtà a farsi largo in occasione di queste grandi discontinuità.
Marco Liera

www.youinvest.org - La scuola per investire
