Pubblicato il 6 luglio 2011 su La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
Un paio di giorni fa, un mio amico, a proposito dei blocchi in Val di Susa, si lamentava di un classico problema nostrano: “in Italia non si riesce mai a concludere nulla. Decidi una cosa e finisce sempre che va tutto a monte”. Vi risparmio il dibattito ideologico che ne è seguito, ma in fondo aveva ragione. Eppure a volte sembra il discorso del marito che, solo per principio, si castra per far un dispetto alla moglie.
I vittoriosi del referendum sull’acqua, ad esempio, hanno appena finito di festeggiare, ma già in tanti si stanno svegliano dall’infatuazione collettiva, e stanno iniziando a capire di aver forse preso fischi per fiaschi, come testimoniano i recenti problemi di comunicazione di Vendola sulla gestione dell’acquedotto pugliese.
Quel che voglio dire è che ci sono questioni serissime che continuano a essere rimosse da un vero dibattito per essere spostate in un calderone mediatico in cui ci si auto-convince della necessità di qualcosa, senza neanche sapere perché, e sostenerla in nome del progresso, del decisionismo, del futuro salvo poi svegliarsi con un macigno sullo stomaco, una grana in più da smaltire che ha creato debito e disservizi, e una infrastruttura inefficiente.
La Torino Lione è l’esempio perfetto di tutto ciò, pieno zeppo di questioni sfuggenti e mai trattate che fanno tanto pensare che in tutti questi anni, su questo tratto di TAV (ma anche su altri), il principale obiettivo da conseguire per i promotori non sia stata la reale funzionalità dell’opera futura, quanto la sua mera costruzione, con i suoi interessi, l’indotto, l’occupazione ecc. E dal punto di vista della teoria economica potrebbe anche essere una motivazione valida. Keynes un tempo disse provocatoriamente che in tempo di crisi si potevano pagare uomini con soldi pubblici per fargli scavare delle buche e poi ricoprirle. Qui invece che ricoprirlo nel buco ci facciamo passare un treno. Benissimo, ma è questa la vera priorità per il sistema ferroviario italiano e per la sua efficienza?
Le mistificazioni sono diverse, e tutte un po’ puzzano di bruciato, soprattutto perché a esse si risponde spesso per slogan. Inizio con il dubbio del mio amico: “In Italia non si finisce mai nulla”.
Non gli si può dar torto, e l’Italia (eccettuato forse il periodo Craxiano, nel bene e bene male) non ha mai brillato per decisionismo. Ma qui sorge una prima mistificazione: in val Susa non si discute della TAV nel suo complesso, ma di un breve tratto. La TAV, sebbene con il solito contorno italico di scandali e lievitazione spropositata di costi, altrove c’è e va avanti. Si tratta solo di decidere quindi non la fine del “progresso”, ma se fare una valutazione obiettiva su un paio di punti che esulano l’interesse sia di chi la costruisce che di chi se la ritrova in casa, ai quali direi, se l’opera fosse utile: “pazienza, riceverete degli indennizzi, ma ve la tenete”. Ma l’invocato e “mitico” Corridoio 5, pensato nel 1990 come collegamento veloce tra sud est e sud ovest guardava alle persone o alle merci?
Secondo molti la Tav è fondamentale per lo sviluppo industriale e lo scambio commerciale, e permetterà di passare dalle gomme alle rotaie, dicono. Peccato che in Spagna e in Francia, paesi molto avanzati sulla TAV, le merci viaggino solo sulle linee tradizionali, perché ovviamente dell’alta velocità le merci non sanno che farsene. Quello che conta è avere buone infrastrutture ferroviarie e non far viaggiare un frigorifero o un carico di pasta a 300kmh. Oltretutto un altro “mistero” che i pro TAV evitano di svelare è perché, se lo scambio merci sulla Torino-Lione è così fondamentale, la ferrovia normale che già c’è sia oggi ampiamente sottoutilizzata. Capirei se fossimo in presenza di un collo di bottiglia, ma visto che si tratta di una linea normale come quelle usate dagli altri paesi per le merci, perché non la usiamo e perché la si dovrebbe usare di più dopo, a costi persino maggiori? Oltretutto rimodernare l’esistente costerebbe pochissimo, rispetto al resto, e richiederebbe tempi molto più rapidi.
Ma veniamo alle persone. Nel 1990 per andare da Lisbona a Kiev si usava il treno? Forse qualcuno tentava l’impresa, ma l’aereo era la scelta quasi obbligata. Negli anni sono nate le compagnie low cost, il trasporto aereo è stato rivoluzionato e con il check in on line per le brevi tratte europee ti puoi presentare in aeroporto mezz’ora prima di salire a bordo. Quindi o qualcuno ci spiega bene perché 90 minuti in meno su una linea che oggi impiega 3.5 ore per essere percorsa, al costo di 57€, e solo per le persone, rivoluzionerà i destini dell’economia piemontese, quando un volo di un’ora tra Torino e Parigi domattina lo trovi a 50€, o qualcosa non torna.
Un mistero quello dei passeggeri che ha fatto notare anche Giorgio Meletti qualche giorno fa su Il Fatto Quotidiano riportando i dati dichiarati dalla LTF, la società italo francese che gestisce la realizzazione. “La Ltf, scrive Meletti, fa strane promesse. Dice che si potrà andare da Torino a Lione in 2 ore anziché le attuali 4, e da Milano a Parigi in 4 ore anziché 7. Siccome l’alta velocità da Milano a Parigi c’è già, salvo la tratta nuova, si deduce che partendo da Milano, forse per la rincorsa, il treno farà Torino-Lione in un’ora anziché 2”.
E fa molta acqua anche il discorso del corridoio alternativo che passerebbe a nord delle Alpi, una bufala colossale. Come se il semplice attraversamento dei convogli arricchisse le città lungo i binari.
Sei anni fa la retorica pro Tav era identica, ma per un progetto sbagliato e che è stato modificato tanto che oggi si parla di TAV Low Cost, ma i dimostranti allora erano comunque considerati retrogradi. E se in Italia c’è spesso immobilismo, è anche spessissimo vero che le nostre autorità sono incapaci di dialogare e condividere i progetti con le comunità coinvolte.
Però oramai è troppo tardi e i violenti han pure dato una mano ai progettisti, e, come per l’acqua “pubblica”, tutti sono estasiati dalla TAV e dire: “un momento, forse ci siamo sbagliati, forse le priorità sono altre”, sarebbe politicamente inaccettabile. Salvo poi domani ritrovarsi a gestire i problemi creati dalla solita retorica diffusa e a vedere trasmissioni di Report che ne sveleranno sprechi, magagne e illegalità a go-go.