Pubblicato
il 17 aprile 2007 La Voce di Romagna a pagina 35
di Simone Mariotti
Tra le vittime delle "purghe" televisive berlusconiane,
Daniele Luttazzi è l'unico di cui si sia sentita veramente la mancanza,
l'unico che non ha trovato sostituti nel molto mediocre panorama televisivo
attuale.
Uscito un Santoro si fa arrivare un Floris, che è pure meglio. Ma la satira
non la puoi ricreare dal nulla. Lo stare in scena di Luttazzi poteva non
piacere, ma era l'unico che riusciva a gestire un programma satirico lungo
più dei soliti 10 minuti, il tempo massimo concesso oggi televisivamente
a tutti i comici attuali, anche ai più graffianti prima che le palle inizino
ad allungarsi verso terra. C'è Crozza, forse, ma fa cose molto diverse.
Grillo da tempo ha preso un'altra strada forzata, e Benigni alla fine
della fiera dice sempre le stesse cose, in modo simpatico, ma sempre sempre
sempre le stesse, ben sistemato sul trono di non disturbatore divino dove
lo hanno messo, anni luce dai tempi di "Tutto Benigni dal vivo" (1983).
Alla fine dello spettacolo che Luttazzi ha tenuto sabato sera a Rimini
(Barracuda 2007), si percepiva un'aria divertita, ma anche malinconica
malgrado due rapide ore tra freddure sessuali, storie di avanspettacolo
e commenti al vetriolo su Prodi e D'Alema, di una cattiveria soave e sincera
che i più acerrimi nemici di Mortadella e Baffino che popolano questo
giornale se la sognano.
Ma c'era anche tristezza, nel sottofondo. Che ti emerge subdolamente la
mattina dopo, ed è paradossalmente una delle sensazioni più intense e
straordinarie che ti arrivano dallo spettacolo del comico. Ma non sto
dicendo nulla di nuovo tra quello che si può annoverare tra le cronache
delle gesta degli eredi di Calvero. Tristezza, perché ascoltando quello
che evoca dal palco, realizzi ciò che già sapevi: che non c'è più coraggio,
in nulla.
Non penso alle sparate politiche. Su questo anche Luttazzi diventa noioso
e ammanto di quel qualunquismo che giustamente critica ad altri. E non
perché io non condivido certe sue posizioni, ma perché sono posizioni
politiche, idee, quelle che lui attacca (per fortuna per una parte piuttosto
breve dello spettacolo), fini a se stesse, che non fanno ridere per il
solo fatto di essere tali. Posso criticare un fascista o un comunista
additandoli con i peggiori epiteti, ma ottengo poco più di un applauso
compiacente se non modifico tutto il mio modo d'essere e di stare sul
palco in quella direzione, come ha scelto da una quindicina d'anni Grillo.
No, la mancanza di coraggio è altro in questo paese. E' la paura di essere
quello che si è, e di dirlo. E di avere attorno qualcuno, come Daniele,
che, amato o odiato, lo dice, a torto o a ragione.
Stanno nascendo partiti politici che non sanno cosa saranno solo perché
i loro "animatori" devono trovare un sistema efficace per continuare a
non dover dire nulla di quello che pensano veramente. Altri non ne nascono
per gli stessi motivi di ignavia. Ed in tv la parte del giornalista un
po' "comico" un po', serio, finto aggressore la fanno fare ad un mezzo
avvoltoio buonista come Fazio, mentre pare impossibile rinunciare ogni
anno alla satira squallida e vuota del Bagaglino.
Chissà, magari ci vorrà l'ennesimo referendum per scuotere ancora una
volta un'Italia sempre più abulica, ma ridateci subito anche Luttazzi
in TV, bello o brutto che sia, lo prendiamo volentieri così come viene.