La storia del balsamo di tigre

Pubblicato il 9 giugno 2010 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Nell'ultimo numero del nostro settimanale Le Ragioni dell'Occidente si parla di Viagra. Io ho contribuito con un articolo che più che sulla pillola blu, si sofferma sui presunti afrodisiaci nati dalla medicina tradizionale cinese, come l'olio di tigre, che da decenni stanno mettendo in seria difficoltà molti animali, la tigre su tutti, e di come la diffusione globale del Viagra e del Cialis, realmente efficaci, stia sottraendo preziose quote di mercato ai cacciatori di frodo. Mi ricollego a questo discorso, perché c'è però un prodotto che, benché discretamente conosciuto, ancora fa sorgere in molte persone dei dubbi sulla sua "moralità": il balsamo di tigre. Oggi vi racconto la sua storia, come lo conobbi e perché è in grado di respingere al mittente tutte le accuse derivate da similitudini calunniose dovute al suo nome.
Anni fa, di ritorno da un'escursione in una piccola foresta sul mare nel Borneo, incontrai per strada una giovane coppia a cui mi unii per il pranzo. I due erano in viaggio in Indocina da cinque mesi e avrebbero fatto ritorno a casa alla fine dell'inverno successivo, bontà loro. Lui, Andrew, scozzese, aveva 32 anni, faccia tonda color bianco-rosso, svogliatamente trasandato; lei, Franziska, tedesca, 25 anni, ma con un visino quasi da prima adolescenza, molto più curata, e carina. Avevano lasciato entrambi il lavoro, e con quattro soldi in tasca erano partiti dalla Tailandia, e dopo Vietnam, Cambogia e Laos, avevano iniziato a scendere sino al Borneo. Dove sarebbero andati dopo, anche loro non lo sapevano ancora. Io invece sapevo solo che li invidiavo da morire.
Mentre eravamo seduti sulla veranda del chiosco in cui ci trovavamo, Andrew si rivolse alla sua ragazza: "hai ancora un po' di quella roba per dopo? Ne ho bisogno".
D'istinto alzai gli occhi verso di lui per cercare di capire se invece di un gelato confezionato aveva idee più stravaganti su come terminare il pranzo.
Franziska si chinò ed estrasse da una delle tasche dello zaino un piccolo barattolino di vetro a forma esagonale, con l'etichetta illeggibile e un sottile coperchio di latta dorata.
"Lo hai mai provato? Dai una bella sniffata", mi proposero quasi in coro.
Ho timidamente allungato gli occhi desideroso di scoprire se stavo per essere arrestato o meno. Fu il naso però che mi portò nella giusta direzione. Un forte odore di menta mischiato a qualcos'altro di indefinito si era impadronito rapidamente delle mie narici, fino a farmi quasi lacrimare.
"Tiger Balm, forte vero? Lo abbiamo preso in Tailandia, ma lo trovi ovunque", disse Andrew con gli occhi quasi luccicanti, da vero "tossicodipendente".
Il "balsamo di tigre" era una di quelle cose di cui avevo spesso sentito parlare, ma che non mi era mai capitato di provare neanche da noi, anche perché spesso in Italia lo avevo sentito denigrare, anche se totalmente a sproposito. Un minuscolo librettino che i miei commensali mi porsero mi aiutò a capire molte cose. E la storia del Tiger Balm è quella dell'unione di un'antica saggezza orientale e un notevole fiuto per gli affari.
Si narra che la ricetta originaria fosse derivata dagli antichi medici cinesi che avevano trovato una miscela di erbe in grado di alleviare i dolori dei loro imperatori. Fu però grazie all'estro di Aw Chu Kin, un erborista cinese nato a metà '800, e che allora viveva in Birmania, a Rangoon, se la formula è arrivata sino a noi. In realtà Aw Chu Kin modificò sostanzialmente la ricetta creando qualcosa di nuovo, anche perché non si spiega altrimenti come mai nessuno prima di lui fosse stato in grado di conservarla e riprodurla.
Aw Chu Kin si rese conto che mischiando in certe proporzioni canfora, chiodo di garofano, mentolo e altri ingredienti minori si otteneva una miscela in grado di dare notevole sollievo a una lunga lista di malesseri, dall'emicrania, al prurito per le punture d'insetto, ai dolori muscolari.
Bisogna dire che in effetti il balsamo di tigre da un secolo riscuote un successo che non conosce sosta ed è passato indenne attraverso tutta la rivoluzione chimico-farmaceutica, decisamente non trascurabile, del Novecento. E a giudicare dagli occidentali entusiasti delle sue proprietà, non si può neanche dire sia una mania solo orientale.
"Ovviamente non ha niente a che vedere con la tigre, o si?", avevo comunque chiesto titubante.
"No, certo che no!", rispose Andrew, con tono quasi compassionevole per la mia ingenuità.
Franziska per fortuna venne in mio aiuto spegnendo subito la simpatica boria del suo ragazzo: "ma se la prima volta che te ne ho parlato ti rifiutavi di acquistarlo perché non volevi contribuire all'estinzione dei felini, di tutti i felini per giunta".
Una risata generale ci riportò tutti allo stesso livello di ignoranza. Il dubbio infatti restava: che c'entrava la tigre?
"C'è scritto qualcosa all'inizio dell'opuscolo, ma non ricordo bene", continuò Franziska, "guarda qui".
In effetti, da questo punto di vista, le tigri possono continuare a dormire sonni tranquilli. Il nome Tiger Balm fu dato alla ricetta paterna dal figlio Aw Boon Haw che, dopo la morte del padre (1908), assieme al fratello Aw Boon Par, iniziò a commercializzare il prodotto spostandosi da Rangoon a Singapore, dove ancora oggi la "Haw Par Corporation ", quotata dal 1969 alla borsa di Singapore, gestisce il mercato globale del Tiger Balm.
"Boon Haw" in cinese significa "tigre", un sinonimo, non solo orientale, di vigore, vitalità, forza, ecc. tutto quello cioè che doveva essere restituito al corpo dolorante dalla magica pasta aromatica prodotta dal padre. La scelta del nome parve ovvia, e fu azzeccata.
Ne esistono due tipi: quello classico bianco (white), ed una versione plus, rossastra, creata negli anni trenta da Aw Boon Par, per renderla più forte e più indicata per alcune patologie, ma la differenza non è eccessiva. È sostanzialmente un vaso dilatatore esterno che stimola la circolazione e sviluppa forte calore cutaneo che dà un effetto analgesico. Ma aiuta anche la respirazione. Ricorda molto quelle pomatine al mentolo che mia mamma mi metteva sul torace prima di andare a dormire, da piccolo, quando ero raffreddato. A ogni modo la freschezza che ti arriva da questa pastina è piacevolissima, e pare sia anche un buon deterrente anti-zanzara.
Ne comprai diverse confezioni prima di rientrare in Italia, anche perché da noi gli originali della How Par non si trovano, ma solo imitazioni di origine thailandese con variazioni della ricetta, almeno sino a poco tempo fa era così.
Si stava facendo tardi e se non mi muovevo avrei perso l'appuntamento col barcaiolo cha da lì mi avrebbe riportato nel villaggio più vicino. Avrei voluto portare via con me un po' di quel balsamo. Osservai con una certa invidia Andrew mentre richiudeva il vasetto, cercando di fare mente locale su dove avrei potuto trovarlo, una volta rientrato a Kuching, la capitale del Sarawak.



La baia in cui mi trovavo - Borneo malese
La baia

La foresta sul mare
La foresta sul mare

Il balsamo di tigre
Il balsamo di tigre






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