Pubblicato il 6 maggio 2010 su Le Ragioni dell'Occidente
(supplemento mensile de La Voce di Romagna)
di Simone Mariotti
Darwin aveva capito tutto o preso una cantonata folle? Da che
ottica visuale dobbiamo guardare la selezione della specie? Da che dipende la
forza del leader che prevale e che uccide il più piccolo? E quanto conta
la fortuna, anche in natura? Quanto l'essersi per caso trovato a combattere
in un ambiente favorevole contro qualcuno più forte e meritevole, ma
indebolito dalle circostanze?
La storia del caso e di come ha guidato i destini del mondo è affascinante.
Molto più affascinante di una spiegazione come la teoria creazionista,
rispettabilissima, ma rassegnata alla più facile delle spiegazioni: non
capisco, quindi tutto è opera di una divinità.
Non vado oltre su questo tema, o meglio, lo prendo solo da un certo punto di
vista in avanti, molto in avanti, per chiedermi chi è che tende a prevalere
oggi e quali regole segue la legge del più forte.
Anni fa c'era un ignobile medico americano che trapiantava teste di scimmia
da un animale all'altro, infliggendo loro sofferenze atroci. Per quale motivo?
"Intanto accumuliamo esperienza", diceva.
C'è chi viaggia per scattare foto comode e patinate ai quattro angoli
del pianeta credendo di fare esperienze, ma che se andasse a fare due chiacchiere
con il bottegaio indiano sottocasa capirebbe molte più cose.
C'è Maria de Filippi e la tv creata attorno a quel sistema, che ridisegna
la necessità umana di creatività, spegnendola e uniformandola
con una nuova mediocre pietra di paragone: stare qualche mese a cantare e ballare
come in parrocchia e spettegolare davanti a due coreografi è il modo
per imparare a essere creativi.
Ed ecco che allora troppo, anche se non tutto, di quel che viene sfornato da
quel mondo impomatato e sgualdrinato, che non ha più nulla legato al
tempo e alla fatica, perché il tempo va eliminato, è anonimo e
sempre uguale. Così come i talk show, o il cinema italiano, omologato
e dolorante dal punto di vista creativo forse da ancora più tempo della
tv, alle mostre d'arte, che sono "eventi" molto "in" e che
fanno cassa, ma raccontando poco che poi ti resta dentro, e con la passera televisiva
subdolamente in testa, rinsecchita e sfondata, ma bramata da occhi sempre più
inermi e sempre meno esigenti.
E quando il mondo artistico smette di sperimentare e non fa più, appunto,
vere esperienze, ma fa tante cose una dietro l'altra, copiando magari dal tempo
in cui di esperienze se ne facevano, negative o positive che fossero, vuol dire
che questo è quel che accade nella società, che l'arte sempre
anticipa, rappresenta e rielabora.
E il prodotto finale è una mostra di mediocrità, dove dalla selezione
naturale del più forte, si è passati a quella del più mediocre,
quello che non danneggia lo status quo; e un altro specchio di tutto questo
è la farsa dei concorsi universitari, che sono l'altra faccia della creatività
di un paese, quella scientifica, sempre più preconfezionati ai voleri
di baronati e lobby varie.
La sfida sarà reinventarsi qualche nuova forma di valore anche grazie
alla tecnologia, da dove sono arrivati tutti i più grandi spunti creativi
delle ultime due generazioni.
Ma occorre riappropriarsi della capacità di critica, del tempo e liberarsi
dalla tirannia delle esperienze a ripetizione tutte uguali, che bruciano perché
devono essere fatte secondo le regole prodotte da un mondo mediocre, dove regna
il pezzo di carta più che quel che vi è scritto sopra, e dieci
cose fatte male contano più di una fatta bene, spesso perché per
fare quella fatta bene ci vuol tempo e fatica a crearla e curarla. E questo
vale sotto tanti punti di vista, in tanti aspetti della vita.
"Le canzoni un tempo duravano due anni, oggi faticano a resistere due mesi",
mi diceva un amico giorni fa. Parlavamo di come i modelli di consumo, ma anche
di valutazione delle cose, sono cambiati. Lui vende auto tra cui una eccezionale,
perfetta, in produzione da oltre 10 anni, un record. "E' ancora perfetta,
ma ci vogliono altri modelli". "Perché", dico io, "se
è perfetta?". "Perché lo chiede la gente e preferisce
una macchina meno perfetta, più costosa, ma uscita da meno tempo, se
no gli sembra di averne comprata una vecchia, pur più elegante, più
bella, più tutto; perfetta appunto". Parlava di quel modello come
una di quelle ciambelle col buco così tondo che riescono poche volte
nella via di un'azienda. E' ancora in produzione, ma nel suo salone oramai non
ve ne sono quasi più, e lui è costretto a seguire il mercato,
fatto sempre di belle macchine, ma che a mio avvio scimmiottano solo la vecchia
perfezione, per rivenderla camuffata.
Le esperienze che devono essere fatte per forza.
Ho una cara amica austriaca di 31 anni che si sposa la prossima estate, e mi
ha appena invitato alle nozze. La conobbi anni fa in un piccolo villaggio lungo
un fiume del Borneo, in mezzo a una foresta tropicale, durante uno dei suoi
numerosi viaggi. Aveva 26 anni, una gran bella ragazza, giornalista, e stava
con il suo ragazzo (suo futuro marito) da quando ne aveva 21 o 22, non ricordo.
Qualche anno dopo, in uno scambio di confidenze, e parlando di esperienze di
vita, guardando anche al mondo che stava attorno a lei, mi disse sì,
che lei di certe "esperienze" forse ne aveva fatte meno di altre,
ma sapeva bene quel che non aveva perso per averne volute fare a tutti i costi:
"per alcune persone le esperienze sono importanti, ma se trovi una persona
che sai che per te vale tanto, piccola o grande che tu sia, se te la lasci scappare
per fare "esperienze", l'unica esperienza che sarai certo di aver
fatto è di averla persa". E forse le "esperienze" successive
sarebbero pure state viziate dai dubbi che sarebbero sorti da quella scelta
"popolare", che lei ha avuto la forza di non fare.