Pubblicato il 15 agosto 2006 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Daniele Cernilli, il responsabile della guida dei vini del
Gambero Rosso, qualche anno fa notava: "Facciamo vini migliori che in passato,
a prezzi sensibilmente più elevati e in quantità troppo scarsa.
Château Lafite produce quasi mezzo milione di bottiglie, il Sassicaia
meno di 200mila, il Solaia forse 100mila, il Sorì Tildin neanche 10mila.
La domanda internazionale per ora supera l'offerta e i prezzi s'impennano. I
Francesi, però, sanno anche diminuirli, se si trovano in difficoltà,
noi non lo abbiamo mai fatto perché siamo cresciuti in modo esponenziale,
occupando spazi lasciati da altri. Ma se gli altri, i Francesi nella fattispecie,
con una politica di prezzi più lucida tenderanno a riprenderseli quegli
spazi? Insomma, stiamo ballando l'ultimo valzer sul Titanic, o c'è qualcuno
nel mondo del vino italiano che ha qualche idea di come affrontare un mercato
che inizia a diventare più difficile di quanto non sia stato nel recente
passato? Da quello che vedo nutro seri dubbi in proposito. Lo "stellone"
della Repubblica, e anche quello del Sassicaia, non possono funzionare per sempre".
Le parole di Cernilli lanciavano un allarme che non troppi hanno avuto voglia
di ascoltare, e rilette dopo quattro anni, con l'esplosione dei vini provenienti
dal nuovo mondo e i prezzi che anche in questo settore non potevano restare
irragionevoli troppo a lungo, non hanno perso di attualità. E le cantine
troppo piene di bottiglie invendute sono un segno che è necessaria una
maggiore attenzione al marketing, soprattutto per quel che riguarda il mercato
estero.
Le mode, in cui è tutto facile, passano e forse anche la smania del vino
sta un po' evaporando, perlomeno ai prezzi del passato. Il mondo vinicolo oggi
ha perso un po' di smalto ed anche i numeri del turismo enogastronomico sono
in declino un po' ovunque.
Forse è stato un po' come per il calcio, rovinato dai troppi soldi. Qui
non si tratta di smettere di bere vino. Ma di smettere di bere quello che costa
troppo senza motivo.
Sempre Cernilli aveva notato a suo tempo un'altra curiosità: "La
Top Hundred di Wine Spectator vede quest'anno, per la prima volta, un vino italiano
al vertice. Si tratta del Solaia '97 dei Marchesi Antinori. Un grande rosso,
personalmente in assaggio coperto gli avevo assegnato 95/100, Parker addirittura
96. Di certo la migliore versione di sempre. Allo stesso livello del Solaia
c'erano per noi almeno altri dieci vini dei quali non c'è traccia nella
classifica americana. C'è La Vigna di Alceo di Rampolla, il Masseto di
Ornellaia, ma non appaiono, ad esempio, il Montepulciano Villa Gemma '95 di
Masciarelli, il Langhe Rosso Luigi Einaudi, i Barbaresco Starderi e Gallina
di Rivetti, il Barbaresco Coparossa di Bruno Rocca, tutti del '97. E che dire
del Barolo Enrico VI '96 di Cordero di Montezemolo, del Percarlo '97 di San
Giusto a Rentennano, dello strepitoso Gewürztraminer Passito Terminum della
Cantina di Termeno, in versione '98. Tutti vini che, facendo un confronto sul
Solaia '97, avrebbero ben meritato una presenza nella classifica internazionale
di quella prestigiosa rivista americana. Invece no. L'Italia ha evidentemente
già ottenuto troppo con la vittoria del Solaia perciò, come in
una sorta di manuale Cencelli in chiave vitivinicola, il resto dev'essere sottostimato
per ragioni che non possono non apparire come pesantemente permeate di strategia.
Un po' per uno non fa male a nessuno, insomma. E ai lettori è bene dire
tanto quanto basta per dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Non so proprio
quanto tutto questo sia serio. Di certo WS ha una grande diffusione e il suo
successo è indiscutibile. Sembrerebbero aver ragione loro. Però
tutto questo è un po' triste."
Il Solaia '97 però la sua gloria se l'è goduta. Uscì dalla
cantina a 40€ a bottiglia (60€ in enoteca), ma dopo l'articolo di
Wine Spectator che lo giudicò il miglior vino al mondo, schizzo a 300€.
Facciamo un considerazione. Il Gambero Rosso ha pubblicato una guida riservata
ai vini definiti "intelligenti", dove per intelligente è definito
un ottimo vino dal prezzo umano. Il prezzo umano va da 7 a 30 euro, e sfogliando
le pagine di vini da 7 a 10 euro ce ne sono pochini mentre dilagano quelli in
fascia 20-30€.
Ora mi chiedo una cosa. Se l'azienda che produceva il miglior vino del mondo,
prima di saperlo, lo ha fatto uscire a 60€ (in enoteca!), probabilmente
quello era il suo valore reale. Lasciamo perdere i 300€ dovuti solo all'effetto
notizia: quanto "valgono" la massa degli altri, se il migliore del
mondo sta a 60€? Bèh, fate un paragone con altri settori tra il
top dei top e la normale buona qualità e si può convenire che
per un'ottima bottiglia 10-15€ dovrebbero essere più che sufficienti.
Ma da noi i buoni ed "intelligenti", sono venduti a 30€.
Robert Parker, uno dei più grandi esperti di vino, partecipando al "Bordeaux
en primeur 2005", ha ammonito i produttori e négotiants bordolesi
indicando nell'abbassamento dei prezzi la condizione necessaria per la vendita
dell'annata 2004, pur ottima ("fine, elegante e longeva") e giudicata
ai livelli di quella del '96 o anche, forse, del 2000. Lo sapremo con certezza
nel 2007. Chi nel frattempo vuole speculare un po' è avvisato. Ma i francesi,
migliori venditori di noi, si stanno adeguando.
Quello che accadrà lo vedremo presto, ma una cosa è certa: quando
si iniziano a spendere troppi soldi per le bottiglie, quando l'etichetta diventa
più importante del contenuto, molta della magia e della tanto decantata
cultura del vino tende a diventare acetosa.
Pierre Poupon, uno dei grandi della Borgogna, un luogo dove il vino è
più che un'arte, diceva: "Il denaro non profuma. I vini che fanno
soldi sono lo stesso: non hanno il bouquet, il profumo. Sono rotondi, ma piatti
come una moneta, accessibili e morbidi, ma, come una banconota, non sanno di
nulla. Versatelo come elemosina a chi è cieco, ma non nel bicchiere di
un amico".