Pubblicato il 4 marzo 2010 su Le Ragioni dell'Occidente
(supplemento mensile del La Voce di Romagna).
di Simone Mariotti
Questo mese ci viene chiesto perché il sistema "rosso"
delle regioni "rosse" sia in crisi.
Concordo sul fatto che sia in crisi, che il sistema delle coop non sia più
florido come un tempo, che molti degli equilibri e delle sicurezze dei compagni
siano svanite e sia rimasta al loro posto una buona dose di paura.
Ma la ragione di tutto ciò, seppur complessa e non definibile con pochi
slogan anti-sinistra alla Berlusconi, è storica e arriva da un passato
lontano che ha creato sia i presupposti della fortuna del socialismo prima e
del comunismo poi dalle nostre parti, che le basi per il loro declino.
Se in queste parti d'Italia quegli ideali attecchirono più che altrove
fu per la larga diffusione della mezzadria, soprattutto in Emilia Romagna, Toscana,
Umbria e Marche. La storia è vecchia, il PCI subentrò gradualmente
ai socialisti come forza dominante nella prima metà del Novecento, il
riscatto sociale, le campagne mezzadrili che conquistavano dignità e
indipendenza dai padroni e si rinnovavano, ecc.. Come detto, storia vecchia.
Ma quello che conta qui è capire che trattandosi di un consenso formato
attorno a una situazione storica terminata, va da sé che col passare
delle generazioni anche l'affezione per certi ideali non poteva essere assicurata
da tutti. E non è un caso che proprio dalle periferie meno legate al
mondo agrario dell'Emilia Romagna, Piacenza, ma anche i piccoli comuni del riminese
siano stati i primi a dare segni di rivolta.
I compagni al potere dal canto loro si sono trovati (dove già hanno perso),
o si trovano ancora, dove traballano, in una specie di trappola in cui per uscirne
salvi avrebbero dovuto avere una gran forza di rinnovamento (radicale), che
ovviamente non sono riusciti a esprimere, per il semplice motivo che la classe
al potere sarebbe stata lei stessa a doversi mettere da parte da tempo, cosa
che non accade mai, o quella più giovane incalzare per un cambio di guardia,
cosa che può accadere solo in regioni non storicamente sbilanciate in
una direzione unica, perché in tali situazioni, appunto, la classe al
potere di potere ne ha troppo, e permette solo l'avanzata di comodi yes-men,
che oramai dilagano ovunque.
In tale contesto, il trappolone per i possibili rinnovatori a sinistra si complica
perché anche dall'altra dello schieramento oramai non ci si può
aspettare molto, troppo abituati al loro ruolo e troppo impauriti di dover poi
magari governare davvero.
Chi prova a far qualcosa di dirompente da entrambe le parti è quindi
visto dai partiti con lugubre sospetto, come fosse un becchino, il loro appunto.
L'illegalità che tutto ciò produce non è un mistero. Colpe
reciproche quindi, qui da noi. Ma altrove?
A metà febbraio credo si sia raggiunta l'apoteosi dell'ipocrisia nazionale
con il problema immigrazione dopo i fatti milanesi. La prima reazione, al solito
populista, della Lega è stata: "la sinistra ha spalancato le porte
agli immigrati e questo è il risultato". Oddio, sta vedere che Formigoni,
la Moratti e tutti i loro predecessori, in una regione da 20 anni feudo di Lega
e Berlusconi, sono in realtà agenti del KGB infiltrati. E sta a vedere
che la legge che da anni regola l'immigrazione non si chiama Bossi-Fini e che
negli ultimi 10 anni non ha governato quasi sempre Berlusconi, con una pausa
di centro sinistra in cui il governo era talmente deboluccio che non osava neanche
starnutire.
La vera causa di tutto, anche in quelle regioni in cui la forza politica non
è regalata dalla storia (nel nord Italia negli ultimi 50 anni ci sono
stati vari avvicendamenti), il problema ha un solo nome: legalità. E
non si era ancora raffreddata la poltrona lasciata vuota da Del Bono a Bologna
che i milanesi venivano presi con le mani nella marmellata. Più tutto
il resto di schifezze degli ultimi tempi che fanno quasi rimpiangere tangentopoli.
La legalità repelle.
Il Consiglio d'Europa ha stabilito che per considerare le elezioni corrette
e democratiche "gli elementi fondamentali del diritto elettorale non devono
essere modificate nell'anno che precede le elezioni". Da noi i cambi di
legge dell'ultimo minuto fatte a uso dei partiti maggiori sono la regola da
anni (politiche 2006, europee 2009, regionali 2010, queste ultime in modo scandaloso
per alcune regioni).
E che dire di mamma Rai?
Il regolamento per le regionali, approvato col voto dei radicali, stabilisce
soltanto che le trasmissioni di maggiore ascolto non potranno invitare solo
chi vogliono loro, dando più spazi a un partito/leader o a un altro a
seconda dell'orientamento di ciascuna, il motivo per cui finora sono state condannate
in ogni campagna elettorale, per decine di volte. E' uno scandalo chiedere che
Vespa, Santoro e Floris per un mese facciano vera informazione? Per chiedere
la legalità in Italia è ancora necessario ricorrere a scioperi
della fame e della sete e a essere presi per pazzi fanatici.
Dopotutto, quando la partitocrazia si è abituata a fare bene una cosa,
anche se quella sbagliata, e si sguazza in un sistema tanto corrotto quanto
passivamente accettato, dopo cento volte ti convinci che la cosa sbagliata sia
quella giusta e onesta. Come insegnano tutte le buone scuole di regime.