Come gestire le informazioni per evitare i danni - Tra psiche e fin.(ultima p.)

Pubblicato il 23 settembre 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

A prescindere dall'instabilità dovuta alla speculazione, vi è un'instabilità di altro genere, dovuta a questa caratteristica della natura umana: che una larga parte delle nostre attività positive dipende da un ottimismo spontaneo piuttosto che da un'aspettativa in termini matematici, sia morale che edonistica o economica.
J.M. Keynes, Teoria Generale

In queste settimane abbiamo incontrato diverse distorsioni congitive dall'ancoraggio, alla dissonanza, alla distorsione confermativa, distorsioni che, se trasferite nel mondo della finanza, portano, come sostiene anche Robert Shiller, ad attribuire anche al movimento dei prezzi delle azioni modelli semplici, che non tengono conto della reale funzione di probabilità sottostante. Anzi, spesso gli investitori individuano un trend (o, meglio, pensano di averlo individuato) e ritengono che tale debba restare a lungo, anche se è molto più probabile un flusso continuamente oscillatorio. Gli investitori hanno insomma un eccesso di fiducia sul loro giudizio intuitivo riguardo al futuro cambio dei prezzi, in ogni direzione esso sia, e hanno un desiderio eccessivo di agire sulla base di tale giudizio.
Gestire le informazioni è quindi un processo molto complicato, che spesso e volentieri ci può portare fuori strada. Come ricordava Peter Bernstein, uno dei grandi consulenti finanziari americani, nel suo celebre libro sulla storia del rischio, Piu forti degli dei:

L'informazione che hai non è l'informazione che vuoi.
L'informazione che vuoi non è l'informazione che ti serve.
L'informazione che ti serve non è l'informazione che puoi ottenere.
L'informazione che puoi ottenere costa di più di quanto tu voglia pagare.

Applicate al mondo del risparmio e della cura personale del denaro queste parole sono più preziose dell'oro. Riscriviamo allora i "postulati" uno dopo l'altro aggiungendo alcune considerazioni.

L'informazione che hai non è l'informazione che vuoi
Questa è direi la regola di vita dell'italiano medio, e probabilmente del mondo intero: non si è mai soddisfatti di quello che si ha. Spesso fonti informative eccellenti sono davanti ai nostri occhi, ma noi non le vogliamo vedere, vogliamo "altro", di più, e il più delle volte senza motivi razionali. Abbiamo la necessità di aumentare a dismisura il numero delle informazioni in nostro possesso, ma senza analizzarle. Ciò aumenta la fiducia personale, ma non l'accuratezza delle nostre scelte, e non solo nel campo della finanza. Si cade così facilmente vittima del secondo postulato.

L'informazione che vuoi non è l'informazione che ti serve
Capita sovente di fermarsi davanti a un'invitante presentazione senza indagare troppo su cosa ci sia sotto. Quando si parla per esempio di gestione del rischio, nel periodo tra la fine del 2002 e l'inizio del 2003 spopolarono i prodotti a capitale garantito. Era un periodo di grande crisi e l'informazione voluta dalla gente era: "dove posso investire senza perdere i miei soldi?" Purtroppo era uno dei modi peggiori di porre una domanda e di selezionare un prodotto. Le domande corrette da porsi sarebbero state: "quanto mi costa non rischiare il capitale e a quali opportunità, anche a bassissimo rischio, rinuncio? Come funziona un prodotto garantito? Chi si accolla il rischio e cosa vuole in cambio?" Purtroppo però ci si è quasi sempre fermati alla prima richiesta, nata da esigenze psicologiche a causa della difficoltà del momento. Ma la garanzia comprata alla fine di una crisi serve a poco. Dal 2003 al 2007 seguirono anni di boom e i prodotti garantiti proposti nel 2007 erano pochissimi rispetto a 5 anni prima. Sarebbe stato comunque inefficiente acquistarli (meglio un BTP), ma se ci doveva essere un momento per collocarli, quello era.
Altro esempio. L'informazione voluta è: "qual è il fondo migliore di quella categoria, quello che ha reso di più?" Tuttavia, delle domande più pertinenti sarebbero: "perché quel fondo ha reso di più? Cosa lo ha spinto più su degli altri?" Le risposte non sono sempre ovvie. Capita spesso di incontrare fondi che agiscono, come dire, "sotto falso nome". Fondi cioè che si dicono, per esempio, di "liquidità" (quelli cioè specializzati in titoli obbligazionari a brevissima scadenza, di solito sotto i 12 mesi, e con rating molto elevato), ma che tengono in portafoglio titoli a durata più lunga o a rischio più elevato, e che quindi dovrebbero essere confrontati con quelli di una categoria più simile alla loro. E i rischi anche qui si sono materializzati nella crisi dello scorso autunno quando diversi fondi monetari, ma "dinamici", sono rimasti duramente colpiti dall'illiquidità improvvisa di molti titoli che avevano in portafoglio.
Quindi, a volte, le buone performance (o le cattive, il discorso vale anche a rovescio) sono il frutto di scelte strutturali che non hanno nulla a che vedere con le capacità del gestore su un determinato settore. Ma allora...

L'informazione che ti serve non è l'informazione che puoi ottenere
Anche se non è sempre così, gli investitori devono rassegnarsi all'evidenza che per avere quelle notizie "magiche" tanto sognate bisognerebbe avere la possibilità di fare del "semplice" insider trading, che tra l'altro è un pochettino vietato. Per il resto, ci si deve rendere conto che milioni di persone, tutti professionisti, oggi giorno dispongono più o meno delle stesse "dritte" grazie alla globalizzazione dei sistemi informatici. Il che rende molto improbabile che un qualsiasi piccolo investitore, bancario, promotore finanziario, ma anche un gestore che lavora a Londra, abbia a disposizione un'informazione veramente migliore degli altri. Semplicemente devi imparare a giocare secondo le regole del gioco, con quello che si ha a disposizione, che non è comunque poco rispetto al passato: ampie banche dati, esperienza, possibilità di fare investimenti molto diversificati anche con piccole cifre. L'informazione che puoi ottenere è spesso quella che ti può servire e che puoi avere con un piccolo sforzo; tuttavia, l'ultimo postulato è sempre in agguato.

L'informazione che puoi ottenere costa di più di quanto tu voglia pagare
In effetti tutti volgiamo tutto gratis o a poco prezzo. Se poi la cosa riguarda la gestione dei nostri risparmi, guai a ogni spesa aggiuntiva. A un idraulico si sganciano tranquillamente 30€ solo per controllare un rubinetto, ma pagare una parcella o una commissione a chi ti cura i soldi è una cosa che non è ancora entrata nella nostra mentalità di massa. Siamo ancora a livello della ricerca spasmodica a destra e a manca di qualche "dritta"; una dritta che spesso ci si convince sia tale solo per appagare il nostro desiderio di potenza. Ma qui si torna a quanto detto in precedenza sui vari processi cognitivi dalla dissonanza all'illusione di validità.

Siamo giunti, dunque, alla fine. Ho aperto questa serie di articoli ricordando i 30 anni di "Prospect Theory: An Analysys of Decision Under Risk" lo storico articolo di Kanheman e Tversky, uscito nel marzo del 1979 sulla rigorosa rivista Econometrica, e a oggi uno dei più citati paper economici di sempre. Chiudo allora questo viaggio tra psiche, rischio e finanza riportando uno degli esempi classici che si fanno per spiegare i risultati del loro studio.

Scenario A
Sei un comandante dell'esercito e vieni informato che i tuoi 600 uomini stanno per subire un agguato mortale. Hai due alternative: prendendo la via delle montagne salverai 200 dei tuoi uomini, passando dal fiume hai 1/3 di probabilità che se ne salvino 600 e 2/3 che non se ne salvi nessuno. Che fai?

Scenario B
Stessa situazione, ma questa volta ti viene detto che andando sulla montagna moriranno 400 uomini, e che se scegli il fiume hai 1/3 di probabilità che non muoia nessuno e 2/3 di probabilità che muoiano tutti. Di nuovo: che fai?

Non è una domanda banale, e i risultati cui giunsero Kahneman e Twersky valsero un Nobel. Al primo quesito i partecipanti ai test preferirono al 72% la via della montagna. Ma posta la domanda in termini di morti e non di sopravissuti, nello scenario B, identico, il 78% scelse il fiume.
Matteo Motterlini, sul Sole del 6 aprile 2003, così commentò questi dati:
"Le scelte sono sensibili al modo in cui le alternative ti vengono presentate. Il fatto curioso è che, da un punto di vista "razionale", dovremmo sentirci indifferenti tra le scelte in entrambi gli scenari. L'esito finale di entrambe le versioni (e di tutte e quattro le opzioni) è infatti esattamente lo stesso, come ti renderai immediatamente conto a uno sguardo più attento. (Se imbocchi la via A - cioè la sicurezza di salvare 200 vite su 600 nel primo scenario e la certezza di perdere 400 vite su 600 nel secondo - finirai in entrambi i casi con 400 vittime. Se imbocchi la via B il tuo "valore atteso" - vale a dire il payoff moltiplicato per le probabilità di ottenerlo - è pari a 200 vite salvate in entrambe gli scenari.) Ciononostante, la scelta per una strada piuttosto che per l'altra può essere condizionata dal modo in cui ci viene presentato (o ci rappresentiamo) il problema. L'esperimento a cui ti sei appena sottoposto mostra in particolare la forza dell'"effetto di incorniciamento". Quando la scelta è incorniciata in termini di vite salvate le persone tendono a essere caute, cercando di salvare con certezza quante più vite possibile. Quando la scelta è incorniciata in termini di vite perse, la tendenza è piuttosto quella di "giocarsi il rischio" nella speranza di non perdere nessuna vita umana".

FINE







Questo Articolo proviene da Simone Mariotti
http://www.simonemariotti.com

L'URL per questa storia è:
http://www.simonemariotti.com/modules.php?name=News&file=article&sid=312