Quando agisce la dissonanza cognitiva - Tra psiche e finanza (4)

Pubblicato il 9 settembre 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

"Si è detto spesso e anche sottolineato, che l'individuo mira alla coerenza con se stesso. Le sue opinioni e i suoi atteggiamenti, per esempio, tendono a comporsi in complessi intimamente coerenti".
Con queste parole, nel 1957, lo psicologo americano Leon Festinger introdusse la Teoria della Dissonanza Cognitiva, che si prefigge di dare una spiegazione a certi comportamenti umani laddove si creano delle situazioni di incoerenza tra ciò che crediamo, sentiamo, intuiamo e ciò che invece si presenta realmente ai nostri sensi. Un altro grande studioso di questo fenomeno, Elliot Aronson, descrisse la dissonanza cognitiva come "uno stato di tensione che si verifica ogni volta che un individuo sostiene due cognizioni (idee, atteggiamenti, credenze, opinioni) che sono tra loro psicologicamente incoerenti. […] Sostenere due idee che si contraddicono tra loro significa flirtare con l'assurdo, e - come ha osservato Albert Camus, il filosofo esistenzialista - l'uomo è una creatura che passa l'intera vita tentando di convincersi che la sua esistenza non è assurda".
Chi deciderà di approfondire l'indagine su quelle "anomalie" del comportamento umano che caratterizzano i fenomeni economici, sia collettivi che individuali, specialmente in relazione all'elaborazione delle informazioni che arrivano dall'esterno e alla formazione delle preferenze individuali - dalla folla che impazzisce per dei titoli, all'analista che formula delle previsioni, fino al comune cittadino che prende delle decisioni di investimento - non potrà evitare di imbattersi in questa importante teoria, caposaldo della psicologia sociale. Un piccolo approfondimento è interessante, non solo da un punto di vista psicologico, per il contributo che la sua conoscenza dà alla vita di tutti i giorni, ma anche economico, grazie alla sua capacità di spiegare certi comportamenti che si ripetono con continuità da decenni. Lo stesso autore della teoria, all'inizio del suo testo, cita la scelta di un investimento come uno dei fattori che creano dissonanza:
"Una persona che deve decidere come investire il suo denaro, sa che il risultato del suo investimento dipende da condizioni economiche che sfuggono al suo controllo. Quando ci si deve formare un'opinione o prendere una decisione, è inevitabile il crearsi di una certa dissonanza tra la cognizione dell'azione da intraprendere e le opinioni o conoscenze che orientano a una azione diversa" (chi è interessato alla dissonanza cognitiva provocata dalle scelte di investimento in fondi comuni può leggere un paper di Goetzman W. e Peles N.: "Cognitive Dissonance and Mutual Fund Investors", apparso nel 1997 sul Journal of Financial Research).
In questa teoria il termine incoerenza viene sostituito con dissonanza (idem per il contrario, coerenza con consonanza) che ha, secondo l'autore, una minore connotazione logica. La teoria afferma che l'esistenza della dissonanza, provocando un disagio psicologico, spinge l'individuo a tentare di ridurla, per ristabilire la consonanza. Ciò può avvenire o mutando le proprie cognizioni personali o rifiutando la realtà e creandone una alternativa e fittizia o evitando attivamente situazioni e conoscenze che aumenterebbero probabilmente lo stato di dissonanza.
Il caso più semplice in cui sorge una dissonanza si ha dopo che è stata presa una decisione tra più alternative, per esempio l'acquisto di un'automobile. Gli aspetti positivi delle alternative rifiutate e quelli negativi che caratterizzano la nostra scelta sono dissonanti con la consapevolezza della nostra azione. Ciò ci spingerà alla ricerca di ulteriori conferme e a minimizzare e distorcere gli elementi dissonanti.
La teoria, quindi, non descrive l'uomo come essere razionale, ma razionalizzante. Le persone infatti sono spesso motivate non tanto "ad essere nel giusto, quanto piuttosto a credere di essere nel giusto".
Uno degli esempi più significativi del libro di Festinger, narra di un'esperienza drammatica vissuta dalla popolazione della provincia indiana del Bihar quando, nel 1934, la regione fu sconvolta da un forte terremoto. Egli rielaborò le testimonianze raccolte da uno psicologo indiano di allora, Jamuna Prasad, facendo emergere un dato molto insolito. La cosa che colpì Festinger fu il sorgere di voci allarmistiche e terrorizzanti, che preannunciavano disastri imminenti (dallo straripamento del Gange, al diluvio universale, a un grave terremoto nel giorno dell'eclisse di luna, e altre) in tutte le aree circostanti la zona del terremoto. Aree che però non erano state colpite dal sisma e quindi non presentavano nessun effetto visivo dei disastri delle zone più sfortunate, nelle quali invece, tra case distrutte e corpi sotterrati delle macerie, le popolazioni sembravano averne già abbastanza senza la necessità di diffondere ulteriore pessimismo: e infatti lì tali voci non circolavano. Perché?
Chi viveva vicino ai popoli colpiti senza però essere vittima diretta del cataclisma, si era venuto a trovare in una situazione di profonda dissonanza tra la paura che provava e la tranquilla realtà che li circondava. Per ridurre tale dissonanza avevano bisogno di creare degli elementi consonanti che giustificassero la paura: le voci allarmistiche facevano al caso loro.
Festinger evidenziava anche che "un'identica dissonanza può essere creata in un gran numero di persone quando accade un avvenimento così evidente da produrre una reazione uniforme in ciascuno. Per esempio può succedere un fatto che inequivocabilmente infirma qualche credenza largamente accettata"
Qualcosa di simile ai fatti del Bihar accadde anche dopo la crisi del '29, quando si creò il mito dei suicidi. Durante la mia infanzia e adolescenza mi ricordo che quando per caso (a scuola o a casa) il discorso capitava sul '29 la spiegazione che mi veniva fornita era del tipo "ci fu un terribile crollo di borsa e la gente si buttava dai palazzi per la disperazione". Penso che questa immagine sia nel ricordo di molte persone adulte. Se però diamo un'occhiata alle statistiche scopriamo che i suicidi aumentarono solo lievemente in quegli anni e che addirittura nel '29 furono maggiori in estate, prima del crollo, che in autunno (inoltre, ben pochi si buttarono realmente dalla finestra). Tuttavia, tale convinzione divenne ben presto comunemente accettata e fu dovuta sostanzialmente a un comportamento mirato alla riduzione della dissonanza. Infatti, sebbene si pensi che tutti fossero coinvolti in borsa alla fine degli anni venti, in realtà di generale c'era solo l'atmosfera euforica, grazie al formidabile impatto che la borsa aveva sulla cultura popolare. Solo il 5% delle famiglie però acquistava azioni, e solo una parte di esse in modo speculativo. John Galbraith scrisse che a quel tempo la tipica reazione al suicidio, come per esempio domande del tipo "perché l'avrà fatto?", veniva sostituita da una attribuzione automatica della motivazione "pover'uomo, è stato travolto dal disastro". Egli ricordò inoltre come "la massa delle testimonianze fa pensare che i giornali e il pubblico si siano semplicemente valsi dei suicidi che avvenivano per dimostrare che la gente reagiva in modo appropriato alla propria sventura. Un numero di morti sufficiente allo scopo poteva essere messo in relazione con il mercato in una maniera o nell'altra".
Comportamenti simili si verificarono in una di quelle sette che attendevano la fine del mondo, i cui adepti si erano spogliati di tutti i beni e che, ad appuntamento fallito, si ritrovarono ancora più fedeli: la loro fede aveva salvato loro e anche il mondo. Accettare la sconfitta avrebbe significato il riconoscimento della loro follia e la dissonanza sarebbe stata eccessiva; bisognava ridurla con una nuova manifestazione di fede che fosse consonante con il comportamento messo in atto (il caso è quello dei "Guardiani dello spazio" ed è riportato, come altri del genere in Festinger-Riecken-Schacher, When Prophecy Fails, 1956).
Riguardo alla possibilità di eliminare la dissonanza cambiando le proprie convinzioni Festinger scrive:
"E' abbastanza difficile per delle persone che di solito hanno rapporti con la realtà, conservare delle convinzioni chiaramente "non valide". Con il termine non valido non voglio qui intendere una convinzione che è probabilmente sbagliata, ma piuttosto un convincimento che è stato e continua ad essere, direttamente ed inequivocabilmente, sconfessato da prove consistenti come fatti reali che si scontrano con le persone che hanno quella convinzione. […] Ciò corrisponde ad una forma di dissonanza cognitiva. […] In queste condizioni il modo più usuale e consueto è quello di respingere la convinzione piuttosto che negare l'evidenza. […] Ma esistono delle circostanze in cui questo non avviene, quando cioè anche di fronte a prove evidenti che la smentiscono, la convinzione non è respinta. Si sa per esempio di giocatori che continuano a credere nella validità di certi sistemi per vincere alla roulette nonostante continue perdite con l'uso di questo sistema".
In quest'ultimo caso, come quello dell'acquisto di biglietti della lotteria, la dissonanza data dall'evidenza è ancora una volta ridotta dall'espediente psicologico di sentirsi sopra la media. In altre situazioni invece, dove sono coinvolte un maggior numero di persone, come in alcuni comportamenti finanziari apparentemente assurdi, piuttosto che mutare o scartare le convinzioni iniziali, si cerca la riduzione della dissonanza attraverso l'appoggio sociale di altre persone colpite dalla stessa forma dissonanza.
Il fenomeno era stato citato anche dallo storico della finanza Edward Chancellor come una delle spiegazioni del movimento di massa che portò alla crisi del '29. Nel suo libro Un mondo di bolle, del 1999 scrisse:
"Le informazioni dissonanti che contraddicono la fantasia collettiva sono sgradite e si cerca di evitarle. […] Le persone accetteranno gradi crescenti di dissonanza se sono motivate da una gratificazione sufficientemente allettante. Nei mercati finanziari si può dire che sono preparate ad ignorare le cattive notizie perché desiderano ardentemente i rapidi profitti della speculazione".
Quando la dissonanza diventò eccessiva e la paura di perdere superò la brama di ricchezza accadde il patatrac.
Secondo gli economisti Akerlof e Dickens (The Economic Consequences of Cognitive Dissonance", American Economic Review, 1982), la dissonanza cognitiva, applicata al comportamento degli agenti economici, può essere riformulata in tre proposizioni:

1. Non solo le persone hanno preferenze sullo stato del mondo, ma le hanno anche sulle loro convinzioni sullo stato del mondo.
2. Le persone hanno un certo controllo sulle loro convinzioni; non solo sono in grado di scegliere tra le convinzioni, date le informazioni disponibili, ma possono anche manipolare le loro convinzioni, selezionando quelle fonti di informazione che probabilmente confermano le convinzioni "desiderate".
3. Una volta scelte, le convinzioni persistono nel tempo.

Come tutti sanno, se errare è umano, perseverare è diabolico. I comportamenti messi in atto nel tentativo di ridurre una dissonanza, però, portano a indugiare più del dovuto nei nostri errori. Alla terza proposizione è legata un'altra tipica distorsione cognitiva: la distorsione confermativa. Ne parleremo nella prossima puntata.

Fine quarta puntata
Continua...







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