Pubblicato il 2 settembre 2009 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Iniziamo questa terza puntata parlando di un vero classico:
le illusioni e il senno di poi.
Spesso le persone che incontro durante il mio lavoro, o anche gli amici con
i quali ogni tanto scambio due parole sui titoli azionari, hanno delle "sensazioni"
(positive o negative) su qualche cosa, la maggior parte delle volte si tratta
di "intuizioni" su aziende delle quali sanno poco più che il
settore di appartenenza (ma a volte non è chiaro neanche quello) e il
nome. L'imprevedibilità del mercato è poi da taluni categoricamente
negata: sarebbe un chiaro segno di impotenza, forse sessuale, se un
consulente o gestore non riuscissero a sapere quando entrare, quando uscire
e cosa comperare sul mercato. E se non lo fanno è perché sono
complici del complotto banco-pluto-giudo-massonico ai danni dei poveri piccoli
investitori.
Illusioni
Questa pericolosa illusione difensiva, che deve in toto attribuire
a un altro ciò che noi non siamo in grado di fare, ma che siamo convinti
di potere se solo avessimo del tempo a disposizione (si sa che c'è
un vero esercito di maghi del senno di poi che affollano il mondo,
la cui ignoranza sta proprio in quello che pensano di sapere, ma il loro numero
stupisce sempre), è alla base delle più drammatiche scelte finanziarie
di molte famiglie italiane, così come lo è la generale sottovalutazione
del rischio, e negli ultimi anni se ne sono avute prove lampanti. Ma nonostante
tutto ci si illude ancora che certe cose non capiteranno mai. Andate a chiedere
in giro se mai fallirà una banca in italiana? Ma le illusioni servono
a vivere, direbbe Foscolo!
Il legame tra illusioni e benessere è stato largamente analizzato
dalla ricerca psicologica nel corso degli ultimi decenni e quell'ottimismo spesso
irrealistico che caratterizza gli investitori nei mercati finanziari, che torna
regolare anche dopo cocenti batoste collettive, è lo stesso che muove
il resto del mondo. A proposito della gran parte delle persone (a parte coloro
che soffrivano di una sindrome depressiva), gli psicologi Taylor e Brown, scrissero
in un paper del 1988:
"Lontano dall'essere bilanciata tra positiva e negativa, la percezione
che gli individui hanno di sé è pesantemente sbilanciata sul lato
positivo della scala […] (essi) giudicano gli attributi positivi della
propria personalità come maggiormente descrittivi di sé rispetto
a quanto non lo siano per la media delle persone, e quelli negativi come meno
descrittivi di se rispetto alla media. […] Le persone danno scarso credito
al successo degli altri e maggior critiche ai loro fallimenti rispetto a quanto
non facciano per se stessi […] e sovrastimano la probabilità di
essere soddisfatti dal loro primo lavoro, di ottenere un buono stipendio, di
avere un figlio dotato, mentre sottostimano la probabilità di avere un
incidente stradale, di essere vittima di un crimine, di avere problemi a trovare
lavoro, di ammalarsi, di cadere in depressione […] in effetti la maggior
parte delle persone sembra dire: il futuro sarà grande, specialmente
per me."
Anche Robert Shiller, uno dei più celebrati esperti
di finanza comportamentale nel suo libro "Il nuovo ordine finanziario",
del 2003, riportava un concetto simile:
"George Katona, lo psicologo economico autore del classico Psychology
of Economics (1975) ha condotto, all'inizio degli anni settanta, interviste
in cui chiedeva agli intervistati come fosse cambiato il loro reddito nel corso
dei precedenti 5 anni. Poiché erano tempi di elevata inflazione, la grande
maggioranza degli intervistati ha ovviamente riportato incrementi consistenti.
Quando Katona ha chiesto loro perché il loro reddito fosse aumentato,
quasi nessuno ha ricordato l'inflazione, mentre tutti tendevano a congratularsi
con se stessi per la qualità individuale del proprio lavoro, la preveggenza
e l'attitudine al duro lavoro.
Sottostimare la rischiosità del nostro sistema economico sembra naturale,
come lo è trascurare il ruolo del caso nel nostro successo. Tendiamo
a immaginare di vivere in un mondo giusto nel quale si ottiene quello che si
merita. Di tanto in tanto siamo consapevoli dei rischi perché ci guardiamo
in faccia, ma siamo incapaci di comprenderne il carattere generale".
Queste piccole irrazionalità accompagnano le vite di
quasi tutti, e non stupisce che ci siano continuamente contraddizioni come la
sottoscrizione di polizze contro i rischi stipulate magari la mattina stessa
ce si è comperato un biglietto della lotteria, da sempre uno dei giochi
meno equi, in cui l'improbabile vincita non è mai sufficiente rispetto
al prezzo pagato per il biglietto.
Prendiamo il caso dell'assicurazione contro gli incendi. Una persona viene posta
davanti a due alternative: 1) una piccolissima probabilità (0,01% dei
casi) di una grande perdita (l'incendio della casa), unita alla grandissima
probabilità del 99,99% di non perdere nulla; 2) la certezza (100%) di
perdere solo una piccola somma (il premio assicurativo). Con la scelta dell'assicurazione
prevale il comune desiderio per la tranquillità rispetto all'incognita
rischiosa. Tuttavia, gli acquirenti prudenti appena descritti, di fronte a una
seconda scelta come la seguente 1) una infinitesima probabilità (0,000001%)
di guadagnare una grossa cifra (il premio della lotteria), unita a una grandissima
probabilità (99,999999%) di perdere una piccola cifra, 2) la certezza
di non perdere nulla non comperando nessun biglietto della lotteria, non avrebbero
difficoltà a rinnegare la loro propensione alla serenità scegliendo
la prima alternativa. Friedman e Savage già nel 1948 ritenevano che la
gente comprasse assicurazioni per evitare di scivolare verso il basso nella
scala sociale, sperando invece di elevare la loro condizione acquistando biglietti
della lotteria.
Kahneman e Tversky, nella loro prospect theory, sostenevano che l'investitore
è disposto a scommettere in giochi tipo lotteria, se la sua condizione
sociale è sotto quella cui aspira, ma rifiuta la scommessa se è
soddisfatto del suo status. La sua propensione al rischio quindi aumenta in
condizioni di perdita e cala in quelle di guadagno.
Senno di poi
Ricollegandosi al discorso sul trading da borsino, l'americano Meir Statman,
altro esperto di finanza comportamentale, dalle pagine del Financial Analysts
Journal, nel 2002 fornì una breve e simpatica rassegna di analisi
fatte sul comportamento umano quando si trattava di lotterie e di day-trading
di borsa. Il "vizio" generalizzato più frequentemente riscontrato
fu quello di sentirsi sopra la media in quanto a capacità finanziarie,
ignorando sistematicamente tutti i segnali che mostrano sia la iniquità
delle lotterie, sia la sostanziale inefficacia del trading, dimostrato perdente
nel 70% dei casi. Inoltre, a conferma di quanto ricordavo sopra, è stata
ampiamente verificata la tendenza a sovrastimare le performance ottenute in
passato e a sottostimare l'importanza degli errori di previsione commessi.
Su questo punto tornò Kahneman, questa volta insieme a Mark Riepe (il
vice presidente della Charles Schwab&Co., una delle grandi società
americane di consulenza finanziaria), pubblicando nel 1998 un piccolo saggio
sulla psicologia dell'investitore. Nel testo (piacevolissimo e che dovrebbe
essere letto sia dagli investitori sia, soprattutto, dai loro consulenti) si
riportava, tra le altre, una domanda esemplificativa:
"Torna con la mente all'ultimo provvedimento preso
dalla Fed, sul quale vi era stata un'ampia discussione sulla stampa. Il giorno
prima dell'evento, quale era la tua stima della probabilità che la Fed
avrebbe agito effettivamente come poi ha fatto?
Siete sicuri di poter ricordare con precisione il vostro pensiero il giorno
precedente all'azione della Fed? Se la risposta è positiva siete tra
la minoranza. La ricerca psicologica mostra come gli individui riescano raramente
a ricostruire con esattezza, dopo un fatto, cosa essi pensassero circa la probabilità
di quell'evento prima che esso accadesse. La maggior parte delle persone è
sinceramente illusa nell'esagerare la propria precedente stima della probabilità
che l'evento sarebbe accaduto. E' una delle manifestazioni di un cumulo di pregiudizi
dovuti al senno di poi.
A causa di ciò, eventi che anche gli esperti meglio informati non sono
riusciti ad anticipare spesso sembrano quasi inevitabili dopo che sono accaduti.
Il "sapere" finanziario ci fornisce un'inesauribile fonte di esempi.
Un'ora prima della chiusura dei mercati, si possono ascoltare per radio gli
esperti che spiegano con grande sicurezza perché il mercato ha agito
così come ha fatto. Un ascoltatore potrebbe trarre l'errata conclusione
che il comportamento del mercato è così ragionevole che avrebbe
potuto essere previsto molto ore prima in quel giorno.
Naturalmente, se il comportamento fosse stato prevedibile esso avrebbe spinto
molte persone a cambiare quello che stavano facendo - ed il mercato si sarebbe
comportato in modo differente. Chiunque abbia a che fare con i mercati è
abbastanza abituato a questo tipo di ragionamento, ma il fascino dell'interpretare
il passato persiste.
Gli errori ritenuti tali dal senno di poi sono deleteri in due modi. Primo,
stimolano l'eccesso di fiducia alimentando l'illusione che il mondo sia un posto
molto più prevedibile di quello che in realtà è. Secondo
- e questa è una lezione che tutti i consulenti finanziari imparano dolorosamente
- il senno di poi spesso trasforma, nella mente degli investitori, un azzardo
ragionevole in uno stupido errore. Dopo che un titolo ha perso valore, la sua
caduta appare essere stata inevitabile. Allora perché il consulente non
ha suggerito di vendere prima?"
Fine della terza puntata
Continua...