Pubblicato il
12 agosto 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina
di Simone Mariotti
Caro Giuliano Bonizzato,
che vuoi farci, non ci hanno risposto, anzi, non hanno risposto alla città;
intendo quelli che contano, quelli che decidono come spendere i nostri
soldini. L'altro ieri tu hai cosparso di "malatestianità" le Catilinarie
trasformandole in una sorta di godibili Zanzianrie. Io allora
accenno a un'altro genere letterario, il romanzo epistolare, e ogni tanto
ci scriveremo per verificare se in questa benedetta città ancora ci si
debba chiedere: "O Di immortales! Ubinam gentium sumus? Quam populum
habemus? In qua urbe vivimus?" Oh, Dei immortali! In qual parte del
mondo ci troviamo? Quale popolo abbiamo? In quale città viviamo?"
Le nostre domande erano semplici, chiare: perchè un progetto già pronto
e che costa poco, pochissimo, ma così importante, è stato accantonato?
So che la risposta è: "mancanza di soldi", ma perché anche quei pochi
soldi che servivano sono stati dirottati altrove? Forse eran troppo pochi,
caro Gibo, per far smuovere il deretano a qualcuno. Chissà, la famigerata
"Banda del Tubo" (che necessita puntualmente di tubi costosissimi) è sempre
all'opera.
Come sai, Zanzini, mi ha "cercato", ma per "interposta
persona", dicendo cioè ad altri che se volevo potevo contattarlo. Dopo
un mio naturale silenzio, una nuova missiva, sempre ad altri invece che
a me (un fanatico anche lui del romanzo epistolare!). Finché gli risposi
dicendo che non ero io a dove chiedere udienza, ma loro a rispondere ufficialmente.
Tu già sai, come conclusi la mia zanzinaria personale, ma non
i nostri lettori. Ecco quindi la fine:
"Ognuno ha le sue idee su come gestire la cosa pubblica e che rapporti
avere con i cittadini. Io non ti ho chiamato né lo farò adesso, perché,
ripeto, quelle che sollevavo non erano paturnie e bisogni di Simone Mariotti
(che, scusami, potrebbe anche averne e finirla lì, ma non tu che sei pagato
per amministrarci, e sei un dipendente dei cittadini), ma esigenze della
collettività, credimi, stimolato da idee di altri (non mi approprio di
primogeniture).
Se, come credo, sei in buona fede (anche se ugualmente credo che tu sbagli
di grosso la comunicazione, scambiando richieste della stampa, dopotutto
innocenti, come richieste di udienza all'imam), ti invito nuovamente a
SCRIVERE DI TUA INIZIATIVA per spiegare perché il comune (non Andrea Zanzini)
ha scelto di spendere quei pochi soldi che ci vogliono per fare quel lavoro,
per fare invece altro".
Faccio basta anche io; me ne vado in posti lontani, per
un po', a vagar per l'Asia, cercando magari conforto tra le foglie di
betel e i templi di Vishnu, ma con il cuore che resta sempre qui, assieme
al mio amore cittadino, di cui già narrai.
Conrad scrisse in Lord Jim:
"Neppure di me stesso sapevo molto di più. E poi,
ripeto, stavo per tornare in patria - in quella patria così lontana che
tutti i suoi focolari apparivano come un focolare unico davanti al quale
anche il più umile di noi aveva il diritto di sedersi. Vaghiamo a migliaia
per tutta la terra, illustri od oscuri, guadagnandoci oltremare fama e
denaro, o soltanto una crosta di pane; ma a me sembra che per ciascuno
di noi tornare in patria debba essere l'equivalente di una resa dei conti.
Torniamo per affrontare i nostri superiori, i nostri parenti e i nostri
amici - quelli ai quali obbediamo e quelli che amiamo; ma anche coloro
che non hanno nessuno, i più liberi, solitari, irresponsabili, privi di
legami - anche coloro per i quali la patria non contiene né un viso caro
né una voce familiare - anche loro devono fare i conti con lo spirito
che risiede in quella terra, sotto il suo cielo, nella sua aria e nelle
sue valli, sulle sue alture e nei suoi campi, nelle sue acque e nei suoi
alberi - un muto amico, giudice e ispiratore. Dite quel che volete, ma
per godere della sua gioia, per respirare la sua pace, per affrontare
la sua verità, bisogna tornarvi con la coscienza tranquilla. Tutto questo
può sembrarvi mero sentimentalismo; e in effetti pochissimi tra noi vogliono
o possono guardare consapevolmente sotto la superficie delle emozioni
usuali. Ci sono le ragazze che amiamo, gli uomini che ammiriamo, le tenerezze,
le amicizie, le occasioni, i piaceri! Resta però il fatto che dovete ricevere
la vostra ricompensa con mani pulite, se non volete che nel vostro pugno
si tramuti in foglie morte e in spine. Io credo che siano i solitari,
quelli senza un focolare o un affetto, che possano reclamarla come propria,
quelli che non tornano a una casa ma alla terra in sé, per incontrarne
lo spirito disincarnato, eterno e immutabile - che siano loro a comprenderne
meglio la severità, il potere di redenzione, la grazia del suo diritto
secolare alla nostra fedeltà, alla nostra obbedienza. Sì! Pochi di noi
lo capiscono, ma tutti lo sentiamo, e dico tutti senza eccezione, perché
quelli che non lo sentono non contano. Ogni filo d'erba ha un suo posto
sulla terra da cui attinge vita e forza; nello steso modo l'uomo ha le
radici nella terra da cui attinge la propria fede insieme con la propria
vita".
Forse è per questo che chi ha la presa sul potere (anche
il potere su se stesso di chi non si lascia andare) non parte mai, non
desidera mai allontanarsi. Come fare a tornare dopo? Quanto lungo deve
essere il "viaggio" per ripulire la coscienza (non solo per le malefatte,
ma per le occasioni perse per gioire liberi davvero) e apprezzare la ricompensa?
Come trovare il coraggio di guardarsi allo specchio nudi, e senza più
addosso quelle scuse per andare avanti con le stesse logiche che uccidono
dentro? Il giudizio finale sarebbe impietoso. Meglio non muoversi.