Gli avari che non cambiano mai

Pubblicato il 24 giugno 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Che il referendum fosse destinato a fallire non è una sorpresa. Come non lo è stata in nessuna delle occasioni precedenti. Certo che il basso numero dei votanti fa un po' impressione, ed è desolante. Non lo dico perché speravo nel risultato, non io che ho votato no. E' che così, senza batter ciglio, gli italiani sono l'unico paese al mondo che non ci prova neanche, che si beve tutte le bufale che gli raccontano i politici governanti, da sempre ostili all'unica scheda in mano al popolo, l'unico che consegna le chiavi della prigione ai carcerieri tiranni e si rintana in cella anche quando il secondino la lascia aperta per sbaglio.
E tutti giù a dire che lo strumento è inflazionato, che i radicali lo hanno svilito, che i quesiti sono incomprensibili, e altre menzogne varie.
Ci fosse mai stato, però, in una delle varie proposte di riforma costituzionale partorite sia da destra che da sinistra, un tentativo di eliminare l'abominevole obbligo del quorum.
Quello che sciocca nel comportamento collettivo, è che la palese antidemocraticità del quorum è così ovvia, che si dovrebbe supporre almeno un minimo rigetto istintivo di tutte le argomentazioni anti referendarie che si basano sulla retorica del non raggiungimento dello stesso. E invece molti si adagiano alle parole dei pifferai. E senza pudore, da15 anni i comitati per il NO sono praticamente spariti dalla circolazione. Basta astenersi, e in un mondo in cui a prescindere dal quesito referendario più del 40% degli elettori non va a votare (nel '95, con un dibattito accesissimo, una data normale e senza un fronte astensionista, si arrivò al 57%) basta che una minoranza del 10% decida di far fallire una consultazione che ci riesce di sicuro, anche se ha tutti gli altri contro. Se poi aggiungiamo escamotage democratici come le convocazioni estive, la mancata pulitura delle liste (che fece fallire il referendum elettorale del '99 quando il quorum in realtà c'era), per non parlare delle volte in cui fatto il referendum trovato l'inganno subito dopo, altra pratica che "incentiva" la partecipazione a questo tipo di voto… e poi tutti in silenzio, tranne i radicali, con la loro ostinazione retrò per la legalità.
Se il quorum non fosse esistito la storia di questo paese sarebbe stata diversa, si sarebbero combattute guerre sociali ed economiche al momento giusto, ci si sarebbe confrontati sulle riforme con il pungolo del diktat che sarebbe arrivato dal popolo. L'esempio più eclatante di occasioni mancate fu quello di Berlusconi che negli anni novanta invitò a disertare le urne sui referendum sulla giustizia e sull'economia definendoli addirittura "quesiti comunisti" (per alcuni dei quali le firme furono raccolte oltre che dai Radicali anche da AN) perché quelle riforme le avrebbe fatte lui appena tornato al potere. Nulla di fatto, ovviamente. Ma queste sono sempre state anche le argomentazioni di buona parte della sinistra, da Amato andando indietro fino al Berlinguer dei tempi d'oro, e della Democrazia Cristiana.
Insomma, grazie al quorum viviamo nell'elogio di una cultura politica da vigliacchi. E prendersela con chi propone i referendum per la loro inefficacia auto-indotta dal sistema partitocratico, è come accusare una ragazza che viene violentata di essersela cercata perche si era messa la minigonna. Come fanno i vigliacchi, appunto.
Altrove ovviamente delle nostre leggi folli non sanno che farsene. Anzi. Nelle elezioni di medio termine nel 2006, negli USA si votò oltre che per Camera e Senato anche per più di 200 referendum sparsi tra i vari stati. In California ve n'erano 13, in Arizona 19, in florida 6, in Ohio 5, ecc. Mentre assieme alle ultime presidenziali ci furono anche 158 referendum. E la cosa straordinaria è che in quel paese sono usati proprio per coinvolgere la popolazione, per scendere al suo fianco in battaglie sentite, e l'assenza di ogni necessità di quorum rende ogni battaglia interessante, anche se al voto ci va solo il 25% degli aventi diritto, come spesso accade se non ci sono associate altre elezioni. E nessuno contesta il sistema, anzi, negli ultimi anni il numero di interrogazioni dirette è cresciuto. E' cosi che si sviluppa il senso civico, che ci si abitua a combattere, che si riacquista la fiducia nelle istituzioni.
Da noi oramai c'è un dilagante terrore a intaccare il minimo privilegio; e sembra che a tutti stia bene così, a difendere orticelli e status quo. Per qualche euro in più, si sacrifica il bene più importante, la propria liberà e la dignità di poterla esprimere senza paura di pestare i piedi a un boss locale.
Meglio liberi che ricchi. Era il titolo di un bellissimo contributo di Amartya Sen a commento dell'opera di uno dei padri del liberalismo, Friedrich von Hayek, per i sessant'anni del suo celebre "La via della servitù". E Sen, pur distante economicamente e politicamente da Hayek, gli riconosceva grandi meriti, in particolare...
"basti pensare a quanto Hayek insistesse perché ogni istituzione, compreso il meccanismo di mercato, venisse giudicata in base alla sua capacità di promuovere la libertà umana. Il suo è un argomento diverso da quello usato più comunemente per elogiare il sistema del mercato quale promotore della prosperità economica... I mercati vanno giudicati, scriveva, per la parte che hanno nell'accrescere le libertà e non solo nel generare ulteriore denaro (come disse una volta, soltanto un avaro è interessato a far soldi)".
E anche Rimini, e da tempo l'Italia, quel brutto vizio dell'avarizia c'è l'ha sempre più sulla coscienza, ed è per questo che si trova sempre più ingarbugliata in se stessa ed impaurita.






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