Pubblicato
il 10 giugno 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina
di Simone Mariotti
Come molti lettori già sanno, è da poco uscito il nuovo
libro di Giuliano Bonizzato, che questa volta ha un titolo che mi auguro
sia davvero profetico: Rimini come l'America. Me lo auguro perché
la nostra città rischia, se non lo ha già fatto, di inserire la retromarcia,
in modo tutt'altro che americano.
Col suo nuovo lavoro Gibo ci presenta, col suo solito, gustoso piglio
ironico, un parallelo in cui è fatica non rispecchiarsi, anche se non
si è riminesi fin in fondo, anche se a Rimini ci si è solo fermati per
un po'.
Una Rimini che è terra di frontiera, di sperimentazione, crocevia multietnico
in cui grazie anche alla straordinaria densità di pataca in circolazione,
chissà perché, ma in qui tutto "succede prima".
Già, in effetti cosa c'è di più americano di una provincia storicamente
tra le più rosse d'Italia, che ha però dato vita a Don Oreste, al Meeting
di CL, a San Patrignano. E mentre l'Italia si chiedeva, a metà anni '90,
se la strana unione tra comunisti e democristiani avrebbe funzionato,
a Rimini già da un lustro si facevano le prove generali.
Come sempre, tra
le pagine del libro si "capta" un certo gusto malefico per la burla, come
sanno fare solo quei "maestri d'arte" che sorridendo, con una pacca sulla
spalla ti prendono per il culo, e tu ti senti pure omaggiato da ciò, incapace
di reagire. Ed ecco allora che, "tenero", arriva un avviso premuroso a
un ladro. Sì, a quel ladro che gli rubò la vecchia bici, che però era
difettosa, e lui l'aveva lasciata in strada, indifesa, a farsela rubare,
avendo cura però di avvisare il malfattore in una delle cronache
(che il ladruncolo avrà "certamente" letto), che il manubrio da un momento
all'altro avrebbe potuto restargli tra le mani... "magari in discesa".
E poi il malefico Kard-Rui, che consentì l'avvento della "rivoluzione
culturale" dell'oscurantista Sper-Mao.
Ma nella Rimini tratteggiata da Bonizzato a colpi di cronache, c'è qualcosa
di più profondo, che ci porta a riflettere un po' su chi siamo davvero.
Uno dei brani più belli di quest'ultima raccolta è certamente quello intitolato
"Siamo fatti così". Perché parla di tutti noi, riminesi "rustici" e generosi,
quelli che prima di farti un complimento ci pensano dieci volte e poi
anche all'undicesima stai sicuro che non arriva. In una cronaca precedente
aveva scritto: "Sarà perché se uno qui ti dice bravo la prima cosa che
ti domandi è se quel tale è proprio di qui". Gibo dice che non è cattiveria
né rusticità. E' che siamo noi, come ricorda lui:
"Gli stessi "rustici" Riminesi che, al Teatro Novelli, si sono alzati
in piedi tutti assieme, applaudendo commossi, quando Uto Ughi, deposto
il violino, ha ricordato Glauco Cosmi, creatore ed anima della Sagra Musicale
Malatestiana. Glauco che quando passava per il corso, sempre solo, gli
occhiali scuri e le mani in tasca, non se lo filava quasi mai nessuno.
Lui, il più grande poeta dialettale riminese, "rustico" anch'egli al punto
che solo dopo la sua morte vennero scoperte, nascoste i mezzo a mille
scartafacci, le sua stupende liriche, piene di sentimento e umanità.
Siamo fatti così.
E se non ci capiscono neppure a Cesena o a Forlì non c'è da stupirsi,
visto che facciamo fatica a capirci anche tra noi."
Da questo punto di vista, forse, non siamo tanto americani. O forse, a
ripensarci, lo siamo ancora di più proprio per questo distinguerci dal
resto. Ma per esserlo ancora nel futuro dovremo dimostrare di esserne
capaci.
I poeti, rustici e non, con poche battute raccontano di una vita, di un
pensiero contorto e felice che si apre davanti a te, di un abbraccio impossibile.
E Giuliano Bonizzato ha sempre raccontato tanto di tutto ciò, sin da quando
capì che "abbiamo bisogno di Santi, / ma gente come noi / fuori dal
Paradiso / niente barboni bianchi / giacca e cravatta, tute da operai".
E allora torno alla "profezia" del titolo, perché qualcosa da un po' di
tempo non va. Se Rimini certamente "è stata" come l'America, ho paura
che stia perdendo la voglia di ripensarsi, di cambiare. E' una città che
ce la può ancora fare, l'ho sempre detto, e scritto; ma da una decina
d'anni più che come l'America sta diventando come un'americanata. Siamo
ancora in tempo per tornare a essere una bellissima terra di frontiera,
ma ci vuole il coraggio (e il prossimo ballottaggio ne richiederà tanto,
ma bisogna provare a cambiare) e il sacrificio di cui sono pieni solo
i veri pionieri. I nuovi pionieri Malatestiani.
