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Pubblicato
il 7 maggio 2009 su Le Ragioni dell'Occidente (supplemento mensile
de La Voce di Romagna) a pagina 17
di Simone Mariotti
Quando mi è stato proposto di contribuire a questo
numero del nostro mensile mi è stato presentato un quesito che
molte persone, in realtà, sollevano:
"La domanda chiave è: per uscire da questa crisi è
meglio spendere di più o di meno? Meglio consumare di più
o di meno? Ad esempio, per spendere di più per stimolare l'economia
(come hanno deciso gli Usa e l'Inghilterra), ci vuole più denaro.
Per avere più denaro, però, bisogna aumentare il debito
(sia pubblico sia privato). Ma è stato un livello già troppo
alto di debiti (in particolare, il debito privato negli Usa e Inghilterra)
a far scoppiare la crisi. Quindi? Se, d'altronde, decidiamo di spendere
di meno e sprecare di meno e di conseguenza dare in prestito meno denaro
c'è forte rischio del crollo totale delle nostre imprese perché
si troverebbero senza richiesta per i loro prodotti e senza linea di credito
dalle loro banche."
A prima vista sembra un circolo vizioso; vediamo perché non lo
è.
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Innanzitutto
non lo è perché non tutto è spiegabile attraverso
una chiara sequenza logica di nessi causali. Anzi, proprio le crisi violente
e inaspettate come quella attuale, sono esempi che ci ricordano quello
che quasi tutti si dimenticano sempre alla fine di ogni crisi precedente:
l'insieme di elementi che l'hanno generata non sono facilmente definibili,
né nella quantità né nel peso, tanto che dopo ottant'anni
di studio si discute ancora sulle dinamiche della depressione degli anni
'30, non ancora del tutto chiare. Quindi, anche i teoremi circolari apparentemente
senza via d'uscita come quello che più istintivamente viene alla
mente (devo rilanciare i consumi per superare la crisi, per farlo devo
avere soldi, ma siccome c'è la crisi non ho soldi), presuppongono
un comportamento umano che va per schemi fissi e ripetibili, cosa che
non accade mai.
Quindi ci dobbiamo aspettare che un qualcosa di nuovo fornisca una scintilla
e usi proprio la crisi per rilanciare il sistema capitalistico, che non
è affatto morto, ma solo stordito.
Anche da questo punto di vista il passato offre esempi illuminanti. Per
farne solo uno, pensate alla Silicon Valley americana, le cui basi furono
gettate negli anni trenta verso al fine della depressione quando fu fondata
la Hewlett-Packard, diventando poi un punto di aggregazione tra i più
virtuosi della storia. Ma l'elenco di queste rinascite fuori dagli schemi
nel mezzo di periodi bui è lungo (uno dei simboli dell'America,
l'Empire State Building, fu pensato nel 1930 e inaugurato nel maggio del
'31).
L'elemento necessario per far partire qualcosa di nuovo però è
la novità. Come si fa allora a rilanciare il consumo evitando lo
spreco che crea debito?
Le grandi crisi spesso sono state crisi di sovrapproduzione. E ahimé
credo che altre ne vedremo, se è vero che da almeno un secolo e
mezzo di susseguono senza che i policy maker e i consumatori capiscano
che il troppo stroppia.
Che vuol dire? Vuol dire che il sistema funziona quando il processo di
materie prime+lavoro+organizzazione imprenditoriale produce una quantità
sufficiente ed efficiente di beni di modo che il loro consumo stimoli
altra produzione che potrà essere prodotta e smaltita. Ma se si
stabilisce un modello di crescita che va in crisi, per esempio, se non
cambio un'automobile di cilindrata 2000 ogni 2 anni, allora vuol dire
che ci si è basati sul solito sogno di sviluppo esponenziale, che
cresce sì in modo esponenziale, ma solo per un ciclo o due, magari
anche lunghi, ma che poi drammaticamente si bloccano quando qualcuno inizia
a dire "il re è nudo".
Ora se il sistema è bloccato lo si può rimettere in moto?
Certo, e si possono anche migliorare molte cose rispetto al passato, ma
questo passa anche per la capacità di consumo dei cittadini che
deve diventare più efficiente e stimolante anche per le imprese.
I soldi per fare questo ci sono, almeno a livello globale. Ma è
così anche nel nostro territorio; ci sono tantissime famiglie che,
pur magari in ristrettezze sui guadagni futuri, hanno da parte risparmi
a sufficienza per superare qualche anno di magra.
Dove sarà la svolta per limitare i danni futuri (che sempre ci
saranno)? Una delle strade è quella di evitare lo spreco capriccioso.
Aggiungo questo termine perché spesso gli integralisti anti-consumismo
vedono spettri anche dove non ci sono. Faccio un paio di esempi su due
oggetti diffusissimi (uno impegnativo e uno frivolo): l'auto e il cellulare.
Non è sbagliato cambiare auto spesso se nel cambio di vetture prevalgono
scelte che mirano alla maggiore efficienza, magari verso un'auto ibrida;
lo hanno finalmente capito anche gli americani che si spera inizino a
passare dai loro pesantissimi "carri funebri" a utilitarie più
maneggevoli. Ma se cambio auto troppo spesso perché è uscito
un nuovo modello 4x4 con più ripresa, che fa da 0 a 100 in qualche
secondo in meno, do una mano solo allo sviluppo che brucia le tappe prima
di un patatrac. Idem per il cellulare; non è uno spreco cambiarlo
una volta l'anno se lo si fa perché se ne acquista uno a minore
consumo energetico; ma se accumulo carcasse di telefonini solo perché
quello nuovo ha un'estetica diversa da quello di vecchio, anche il produttore
sarà incentivato a seguire un strada di sviluppo meno efficiente
e più vulnerabile.
La palla per la ripresa, quindi, è anche nelle vostre mani.
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