Pubblicato
il 22 aprile 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina
di Simone Mariotti
L'amore, la storia, il successo, la felicità. Quanto
conta il caso, la fortuna in tutto ciò? Come la settimana scorsa, mi trattengo
ancora un po' con i Cigni neri.
Sia che siamo gestori di portafoglio, scrittori, condottieri, innamorati,
il caso la fa più da padrone di quanto ci si aspetti. Perché quel grande
leader è stato sconfitto? Quel milionario è veramente così brillante?
Perchè quel gestore è così bravo? Perché quella malattia non ha sterminato
più persone? Ma non era chiaro quel che provavo?
A trasformare una vita normale in una di grandi successi è spesso la fortuna,
lo ha sempre riconosciuto anche Bill Gates, che lucidamente e con umiltà,
anni fa elencò tutta la sfilza di cose che gli andarono per il verso giusto
e sulle quali lui aveva pochi meriti.
Scrive Nassim Taleb, l'autore del
"Cigno nero": "se visitiamo un cimitero la parte riservata ai falliti
sarà piena di persone che condividevano le stesse caratteristiche della
popolazione di milionari: coraggio, capacità di correre rischi, ottimismo...
Potrebbero esserci alcune differenze nelle competenze, ma ciò che in realtà
distingue i due gruppi è un solo fattore: la fortuna".
Tra i tanti esempi che Taleb riporta nel suo libro ve ne sono molti sulla
finanza. In uno di questi critica chi ritiene che la bravura di un gestore
possa essere determinata a priori, come se la massa di gestori che ogni
anno ottengono migliori risultati degli altri, fossero dei geni e non,
più che altro, dei fortunelli. Una tesi che in questi anni tante volte
ho sostenuto. Faccio un piccolo esempio anche io tratto dalla mia attività,
"fallimentare", come vedremo.
A inizio anno, due tra le più serie e stimate società di gestione internazionali,
totalmente indipendenti dai gruppi bancari, paladine di trasparenza e
costi contenuti e di lunghissima tradizione di capacità gestionale, hanno
prodotto, motivandole con dati convincenti, due report completamente opposti
sul mercato delle obbligazioni ad alto rendimento: la prima le giudicava
un'opportunità storica irripetibile, la seconda l'ultimo degli asset rischiosi
su cui puntare. A fine anno una delle due avrà preso una cantonata e l'altra
avrà fatto un figurone. Una delle due avrà più fortuna, ma nelle statistiche
delle performance un gestore brillerà con delle stellette di merito, senza
che nulla però faccia presupporre la sua capacita di battere l'altro anche
nell'anno successivo, fortuna a parte.
La stessa statistica catalogherà forse me e altri colleghi tra i falliti.
Chi ha scelto la professione di promotore finanziario iniziando da zero
l'attività 10/12 anni fa si è trovato a vivere in un mondo in cui una
crisi si è succeduta all'altra falcidiando anno dopo anno la maggior parte
di coloro che iniziarono in quel periodo. Io sono tra quelli, e oramai
ci contiamo con il lanternino, rispetto alla folla degli esordi. Chi iniziò
10 anni prima si trova invece in una situazione diversa avendo affrontato
i primi anni in un contesto assai differente. Se dovessi arrivare anche
io a gettare la spugna perché messo alle corde dal mercato, per la "statistica
sociale" sarei uno che ha fallito, indipendentemente dalle qualità individuali,
e tre le colpe più gravi ci sarebbe quella di essere nato dieci anni dopo
del necessario. Questo perché il grande pubblico non fa le distinzioni
storiche che posso comprendere io, e probabilmente io farei lo stesso
con altre categorie di cui non conosco l'evoluzione professionale.
Analizzare questi processi della vita non è semplice. Di nuovo in linea
con tanto di quello che ho scritto in passato a proposito di imbonitori
e intortatori vari che pensano di saperne ben di più degli altri, Taleb
riconosce che "gli essere umani credono a qualsiasi cosa venga detta loro,
purché non si mostri il minimo segno di scarsa fiducia in sé stessi".
Dire un colto "non lo so", frutto anche di una cultura che deve spiegare
sempre tutto, è una pecca che molto spesso la nostra società spaccona
e caciarona non perdona.
Insomma, capita che l'imprevedibile ti condizioni non solo perché cambia
il corso dei tuoi eventi, ma anche il giudizio che gli altri hanno di
te. A volte è drammatico, altre fantastico, specialmente quando per te
conta il giudizio di una sola persona, e lo perdi o lo guadagni non perché
qualcosa in cui hai dato tanto non è andata come doveva, ma perché si
è aggiunto un elemento che ti ha tolto o dato quel che basta per maledire
o benedire tutto. Magari quei cinque minuti trovati per caso per scambiare
poche parole, ma così importanti, che sarebbero potute sfuggire, o quell'istante
perfetto riempito con uno sguardo; o invece scoprirti solo mentre gli
occhi che cercavi guardavano altrove, distratti da uno di quei soliti,
piccoli, ma per noi enormi, Cigni neri che ti bloccano il respiro, e che
altre volte ti restituiscono una parte della tua vita. Non vi sono mai
capitati?
