Pubblicato il 2 aprile 2009 su Le Ragioni dell'Occidente
(supplemento mensile de La Voce di Romagna) a pag. 14
di Simone Mariotti
Mi aggiravo tra le stradine di una delle tante cittadine malesi
e, affamato, mi sedetti a uno dei tavolini di un chiosco luogo le strada, uno
di quelli che hanno il cibo in bella vista diviso in vaschette. Riempio il piatto
con varie cose, più che altro verdure, e mi siedo. Poi il ragazzo che
stava al banco mi portò anche un po' di "roti canai" (si pronuncia
"roti cianai"). Ma guarda un po' se dovevo venire in Malesia e trovarmi
a mangiare verdure assieme alla più tipicamente riminese delle specialità
romagnole: la piada sfogliata.
Il "roti canai" non è molto diverso dalla sfogliata, anzi,
forse solo un po' più molle. E' una vera prelibatezza, che apprezzai
doppiamente perché, purtroppo, trovare la sfogliata "vera"
da noi è oramai un'impresa.
Anche il roti, come tante altre cose, è un prodotto di una fusione, quella
tra indiani e malesi.
La Malesia è come un laksa, il loro piatto-mito, la zuppa malese per
eccellenza, miscuglio virtuoso e focoso di pesce, verdure, spaghetti di riso,
spezie, cocco, carni, frutta. Una delizia che solitamente si mangia al ristorante
perché richiede una preparazione lunga, un'attenta calibrazione degli
ingredienti, ognuno trattato con il dovuto rispetto. Un piatto peranakan, un
piatto cioè sbocciato dall'unione delle grandi civiltà d'oriente.
I peranakan (o nonya) sono frutto dell'unione delle donne malesi e indiane con
uomini cinesi che a partire dal '500, a differenza dei mercanti arabi, decisero
di trasferirsi stabilmente nella penisola malese, crocevia dei traffici commerciali
del nuovo mondo globale. Si creò una vera e propria etnia, che è
rimasta orgogliosa della propria unicità sino ad oggi, e che ha prodotto
e plasmato gran parte della cultura malese, nonché fondato una delle
più antiche e raffinate scuole culinarie dell'Asia, che ha nei tre centri
di Singapore, Penang e sopratutto Melaka (Malacca) il suoi capisaldi.
E Melaka è stata per la storia e la cultura malesi è quello che
Roma e Firenze messe assieme sono state per l'Italia. Cultura e cucina sono
sempre andate di pari passo, in oriente come in occidente.
Ma mentre i peranakan sviluppavano la loro nuova arte ai fornelli, non è
che il resto della Malesia mangereccia spariva, anzi. Perché la varietà
del gusto resta, mentre si affinano le percezioni. L'Italia lo sa bene, dato
che la nostra penisola ospita tante tra le scuole culinarie migliori del mondo,
che resistono ognuna con le sue particolarità.
Anche nel mondo della cucina le cose cambiano, e oggi i migliori chef bisogna
andare a cercarli in Spagna, in Inghilterra, a Singapore. Non vuol dire gran
che per l'uomo medio che si siede a tavola in Romagna, ma è un segno
che le cose mutano e che a snobbare con sufficienza il diverso si finisce per
perdere un po' della nostra ricchezza, perché si perde in cultura, cercando
poi di recuperarla aumentando il conto. Escamotage assai povero.
Nel negozio cinese vicino a casa mia da qualche tempo si trova anche il "lemon
grass", ovvero la citronella, che al lettore medio evoca una candelina
per mandar via le zanzare, ma che in realtà è un bulbo lungo come
uno stelo dalla fragranza di limone, senza averne l'acidità. Ancora non
si trova il "Galangal", e me ne sono dovuto portare un pacco essiccato
dalla Thailandia, ma arriverà anche quello.
Contaminazione culinaria?
Se la cucina romagnola è sotto assedio, ahimé la colpa principale
non è degli "assedianti", ma degli "assediati". La
Romagna dopo tutto è abitata largamente da romagnoli che con i loro consumi
potrebbero fare ancora il bello e il cattivo tempo. Fatto sta però che
aumentano i negozi orientali e calano le piadinerie.
Poi, da brava località di mare e di turismo a basso costo, in tutta la
provincia di Rimini ristoranti di altissimo livello non ve ne sono, ma non perché
non ci sia la capacità di spesa (per almeno un locale o due ci sarebbe),
ma perchè da noi un gestore non ha bisogno di sforzarsi troppo: un ristorante
sul mare con cibo da buona trattoria, servito in un bel piatto, te lo fan pagare
quanto uno di alta ristorazione, e i clienti pagano. Quindi? Stimolo a far di
meglio non v'è n'è, cultura nemmeno, e tutto finisce per essere
indistinto, e il mediocre finisce per passare per ottimo.
Ben vengano allora i contributi di altre scuole, che saranno sempre di livello
inferiore alla nostra, perché ancora molto più semplici nell'elaborazione.
Ma si tratterà di una concorrenza del gusto, che arricchirà la
percezione del palato e abituerà a distinguere e valutare meglio anche
il nostro di cibo.
Questo è un mio pallino. Amo la cucina orientale, ho fatto corsi in Laos
e in Thailandia, ma i cappelletti in brodo e la sfogliata con lo squacquerone
e la rucola non li cambierei per nulla al mondo, così come tutto il resto.
Ma se si impara che nel fare una zuppa o un soffritto ci puoi mettere anche
un po' di galangal o di lemon grass, se non mangi sempre allo stesso modo, insomma,
aiuterai anche la tua e la nostra romagnolità, perchè la definirai
con maggior consapevolezza.

Un pezzo di Galangal fotografato da me al mercato di Chiang Mai (Thailandia) - 2008
Mazzi di lemongrass in un mercato thailandese