Pubblicato il 1 aprile 2009 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Milano, 11 marzo 2009. "Non c'è pace nel pianeta
casa. Quando la compri non vengono rispettate le tutele previste dalle normative
di legge, costa troppo mantenerla, e quando ci vivi gli amministratori di condominio
passano ai propri eredi i soldi delle spese condominiali".
È l'ultimo scandalo/beffa denunciato pochi giorni fa da Assocond-Conafi
(l'associazione che da anni si batte per la difesa delle vittime dei fallimenti
immobiliari). Un amministratore a dir poco disinvolto gestiva in modo illegale
i depositi di 14 condomini. Messo alle strette, l'uomo si è suicidato,
ma il conto corrente con i versamenti dei condomini finisce in successione e
i soldi, in esso inopportunamente versati, nelle tasche degli eredi, che ringraziano.
La brutta storia, non l'unica purtroppo, fa emergere, sottolinea l'associazione,
le gravi mancanze del nostro ordinamento in materia di gestione condominiale.
Oggi incontriamo Riccardo De Benedetti, che da anni coordina l'attività
di Assocond-Conafi.
Il Sole 24 ore già nel 2005 stimava in 200mila
le vittime di fallimenti. Oggi si parla di 60 mila famiglie, una cifra enorme
comunque, pari a una città come Rimini. È difficile avere dati
precisi? A che punto siamo?
La giornalista del Sole a suo tempo usò dei dati che nessuno fino ad
allora ci aveva contestato. Oggi la cifra di 60mila famiglie negli ultimi dieci
anni proviene dall'ANCE, dai costruttori, quindi certamente affidabile e non
sospettabile di eccessi.
Ma oltre al numero, sono i soldi persi il dato che impressiona. Se rifletti
sul fatto che di queste 60mila vittime solo 13mila circa hanno inoltrato domanda
di risarcimento per un totale di circa un miliardo di euro puoi comprendere
il danno complessivo a quanto ammonta. Tieni conto che il fallimento Pozzi di
Rho, tanto per fare un esempio, coinvolse 800 famiglie certificate nell'operazione
di salvataggio cui partecipò Franco Casarano (presidente Assocond-Conafi)
come legale delle vittime; ebbene di queste 800 famiglie hanno fatto domanda
non più di 100! Quindi le cifre sono davvero ardue da determinare. La
settimana scorsa mi hanno segnalato il fallimento di una coop di Pisa: altre
80 famiglie; hanno cominciato a ballare nel 2004 e ora arrivano alla certificazione
finale del disastro, ma loro non potranno fare neppure domanda al Fondo di solidarietà
previsto dal dlgs 122 a risarcimento dei danni subiti. Quindi anche i dati provenienti
dal fondo non riescono a fornire un'immagine precisa del fenomeno. Insomma un
bel pasticcio la cui unica soluzione sarebbe appunto quella prevista dalla legge...
se venisse applicata.
Come funziona il Fondo?
La legge ha pensato, giustamente, di risarcire le vittime dei fallimenti immobiliari
senza gravare sulle casse dello Stato, ma utilizzando il circolo virtuoso delle
nuove garanzie che il cittadino ottiene dall'applicazione della legge. In altre
parole, il fondo è alimentato da un prelievo dello 0,5 per cento sulle
fideiussioni aperte a garanzia dei soldi versati dall'acquirente prima di entrare
in possesso della casa. I termini per iscriversi sono però ampiamente
scaduti l'anno scorso a giugno. A gestire il fondo è la CONSAP, società
di proprietà del ministero dell'Economia, che analizzerà entro
la fine dell'anno le domande e accetterà quelle che corrispondono ai
requisiti previsti dalla legge. Il fondo ha la durata di 15 anni e risarcirà
le vittime secondo la sua capienza che naturalmente varierà con il variare
dell'applicazione della legge. Più la legge è applicata, vale
a dire più i cittadini sono garantiti più le vittime saranno risarcite.
Certo, ora come ora la legge è largamente disapplicata, ma non a tal
punto da dire che è inapplicabile. La legge è appunto boicottata
che è cosa ben diversa.
Qual è il motivo di questo boicottaggio?
A rischio di essere brutale: perché le aziende edili in grande maggioranza
sono inaffidabili. Bassa capitalizzazione, si lanciano in imprese più
grandi di loro e spesso non ottengono fiducia dalle banche. Fino a che si tratta
di prestar soldi all'impresa l'istituto di credito si accontenta dell'ipoteca.
Se l'impresa è incapace chi se ne frega, nella procedura fallimentare
le banche hanno il privilegio e non perdono nulla; ma se si tratta di garantire
anche i soldi degli acquirenti, béh, allora le cose diventano più
difficili e io banca non presto a chi rischiando di fallire mi costringe a ripagare
anche gli acquirenti. Di fatto, e questo è il discorso che va fatto ai
cittadini, un'impresa che si presenta sul mercato senza fideiussione segnala
apertamente che di lei le banche non si fidano, e allora se non si fida la banca
perché dovrebbe fidarsi l'acquirente? Certo, gli acquirenti non devo
cascare nella facile lusinga dello sconto. Capita spesso, ma è pratica
illegittima, che l'impresa si presenti all'acquirente con due prezzi uno con
e l'altro senza fideiussione. Indovina quale sceglie l'acquirente? Così
però rischia immensamente di più di ciò che spenderebbe
con la fideiussione. Prezzo, per altro che non supera l'1 o al massimo l'1,5
% delle quote assicurate che poi non sono tutto il prezzo dell'appartamento.
Perché solo 100 di quelle 800 famiglie fecero ricorso? E perché
in generale solo 13mila su 60?
Più che altro per mancanza di informazione, per scoramento, per disinteresse,
per vergogna; vale a dire gli stessi motivi per i quali per decenni il fenomeno
dei fallimenti immobiliari non è emerso e nessuno lo ha mai denunciato
a partire dalle stesse vittime. Gli stessi motivi che, più o meno, impediscono
oggi che le garanzie che ci sono siano riconosciute da tutti e da tutti siano
pretese.