La fortuna di crescere come bambini semplici
Pubblicato il 18 marzo 2009 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Oggi sono un po' più leggero rispetto ai disastri della finanza. Stasera in Romagna si brucia la legna vecchia, per far spazio alla bella stagione, e allora la protagonista di oggi sarà proprio la legna vecchia, ma quella nella legnaia dell'infanzia.
Ogni tanto arrivano nella casella di posta elettronica delle catene di Sant'Antonio inoffensive, e anche simpatiche, che ripercorrono le caratteristiche di una generazione. Spesso sono assai banalotte. Alcune invece sono molto interessanti, e anche utili per riflettere e osservare, da un'altra prospettiva, quell'ambiente passato in cui siamo cresciuti e da cui siamo stati necessariamente influenzati.
Non è un forse caso che gran parte di queste catene riguardi la mia generazione (sono nato nel 1970), che è stata l'ultima a vivere l'infanzia al di fuori del mondo multimediatico di oggi, ma la prima ad esserci entrata nell'adolescenza al tempo degli ormai mitici primi computer Commodore (il Vic20 e il 64) nei primi anni ottanta, anche se internet e telefonini, erano distanti anni luce, e persino il CD e il videoregistratore erano un lusso per pochi.
Ne ho allora presa una di queste liste generazionali e l'ho riscritta e adattata alla mia infanzia, dedicandola a coloro che come me nacquero diciamo tra il 1965 e il 1975 (anno più, anno meno). Ogni tanto si ha voglia di pensare a queste cose, e basta anche questa come motivazione; però, più che un'operazione nostalgica, la vedo anche come un modo per confrontarsi, magari tra due generazioni diverse che si incontrano, specialmente se la differenza di età è tra due persone che si vogliono bene. E quella differenza diventa una ricchezza culturale per entrambi (esattamente come le altre differenze tra due persone: di razza, di origine, di religione) che sono convinto aiuta certamente a stare meglio al mondo, comprendendo con più facilità pregi e difetti della storia personale di ciascuno, anche al di fuori della coppia.
Chi siamo dunque noi piccoli nati al tempo di Italia-Germania 4-3?

I più grandicelli ci dicono che per non aver vissuto direttamente il '68 non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori.
Non abbiamo fatto la Guerra né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, non abbiamo vissuto con troppa consapevolezza gli anni di piombo né abbiamo votato il referendum per l'aborto, e per questo forse ci chiamano ancora "giovani", ma per la nostra libertà abbiamo più voglia di combattere dei giovani veri.
Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire dai grandi che avevamo avuto tutto, e forse era vero rispetto a loro. Ma a quelli che sono venuti dopo di noi e hanno veramente avuto tutto, non lo dice quasi più nessuno, e tutto sembra scontato.
Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, con i tappini, a saltare la corda, a un-due-tre-stella. Gli ultimi che sono andati a dormire dopo aver visto Carosello, ma allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi ("Atari… Magari!"), a essere andati ai parchi di divertimento e ad aver visto in tv i cartoni animati giapponesi a colori.
Abbiamo indossato pantaloni a campana e a zampa di elefante da bambini; la nostra prima tuta è stata blu o rossa con bande bianche di fettuccia cucite sulle maniche e nei pantaloni, e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 15 anni, se andava bene. Andavamo a scuola quando il 31 ottobre era la vigilia dei Santi e non Halloween, e quando ancora si veniva bocciati.
Di "quelli più grandi" avevamo rispetto, quando non vera paura; "idiota e cretino" erano due parolacce forti e maestri e professori ci sgridavano senza paura di essere querelati. I nostri genitori ancora non erano schizzati del tutto e se eri un somaro eri un somaro, e la colpa non era del "sistema incapace di insegnare a mio figlio il genio".
Abbiamo pianto per Candy-Candy, ci siamo innamorati/e di Georgie o dei suoi fratelli, abbiamo curiosato nella storia con Lady Oscar (e con i bellissimi trasferelli che c'erano nelle scatole della pizza Catarì), e soprattutto volevamo essere Actarus e avere una ragazza come Venusia (o viceversa), e quelle sigle TV di allora si sentono in discoteca ancora oggi. Abbiamo ballato con Heather Parisi quando era piccola quasi quanto noi, visto nascere i Puffi, Heidi, Lupin, Mork e Mindy e mentre ridevamo con Pollon ancora non eravamo abbastanza svegli da capire a cosa alludesse dicendo "sembra talco ma non è, serve a dare l'allegria". Il nostro "filosofo" preferito era Capitan Harlock.
Per noi i mondiali sono quelli di Spagna '82 e se sei un maschio la formazione la saprai ripetere a memoria sino a che vivrai. Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore, a giocare a Pac-Man e ad avere un walkman prima di chiunque altro.
Siamo la generazione di Supergulp, di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco, del Drive-in, di Magnum PI e di Sandokan. I nostri film mito dell'infanzia, e gli abbiamo visti tutti al cinema, sono stati Grease, ET, Alla ricerca dell'arca perduta, la saga di Guerre Stellari, Flashdance, Il tempo delle mele e i film di Bud Spencer e Terence Hill. Per noi gli Oliver Onions erano più geniali di Mozart.
Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble; giocavamo con Big Jim e la casa di Barbie di cartone, ma con l'ascensore.
Siamo stati gli ultimi a usare i gettoni del telefono, e al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto. La Nutella è diventata un mito grazie a noi, è roba nostra.
Nessuno più dopo di noi ha visto il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza 15 giorni. I campeggi erano ancora campeggi e non villaggi turistici; le roulotte non erano solo roba da zingari, e in montagna la sera si andava a prendere il latte dal casaro per la mattina dopo. Ma siamo anche quelli che primi hanno provato i carving e lo snowboard.
Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi.
Viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Per non parlare dei motorini: in due e senza casco era la regola. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi, i pochi giochi che c'erano nei parchi erano su distese di terra arida e sassi, e il gioco delle penitenze era bestiale. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle.
Mangiavamo merendine industriali a go-go assieme a litri di Coca e Fanta, ma non eravamo obesi a 10 anni. Ci prendevamo tutte le malattie infettive e siamo sopravvissuti senza la sfilza di vaccini che devi fare oggi. A scuola ci trasmettevamo i pidocchi, che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa con litri di aceto, che poi dopo puzzavi una settimana.
Non avevamo Playstation, i 999 canali della tv a pagamento, la posta elettronica, il dolby-surround, i cellulari, internet. Però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto e bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi. Le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :) :D :P
Le feste di compleanno e di carnevale si facevano in casa non da Mc Donald o in piazza; un po' perché le case erano di dimensioni umane, un po' perché i genitori (che avevano 30 anni e non 45) non strippavano a vedere 15 bambini che sporcano casa e che girano attorno alla tv al plasma, che allora non c'era (e vallo a smuovere un tubo catodico di 30 chili!).

Insomma, abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità; siamo un misto di ingenuità e sfrontatezza, e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò. Non so se siamo stati più fortunati di altri, forse no. La nostalgia riporta in vita le cose belle, ma seppellisce anche quelle più tremende, e non erano poche. Ma la fortuna di crescere come bambini semplici, quella sì, noi l'abbiamo certamente avuta.



La Voce di Romagna, 18 marzo 2009

Immagni degli anni settanta





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