Tremonti e il fantasma del Kitekat
Pubblicato il 4 marzo 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Tra i capolavori della comunicazione del nostro superministro Tremonti, quello della settimana scorsa li batte tutti.
Il 26 febbraio 2009 il Nostro ha solennemente dichiarato quanto segue: "L'Italia ha un sistema di pensioni che è stato considerato in Europa fra i più solidi. È il migliore di tutti i sistemi americanoidi che ci hanno raccontato in giro, perché quando Wall Street va male in America vai a mangiare i Kitekat nelle roulotte, da noi c'è l'Inps".
Un mese prima, il 31 gennaio 2009: "La riforma Maroni, in aggiunta alla Dini è stata giudicata in Europa una buona riforma. Ed è una buona riforma. E' meglio avere un sistema così che uno di quei modelli riformati moderni che poi, se la Borsa va male, vai a mangiare il Kitekat in roulotte".
Sempre lui, il Kitekat, aveva già fatto capolino il 18 settembre 2008: "Le pensioni italiane sono pubbliche, i pensionati italiani non mangeranno il Kitekat nelle roulotte perché Wall Street è andata male".
Quando si ripete lo stesso curioso esempio, nascerebbe un sospetto anche a distanza di una settimana, figuriamoci di mesi. Sa un po' troppo di slogan, al quale magari è bello credere.
Sapere di non dover finire a mangiar cibo per gatti in roulotte solleva certamente lo spettatore medio, che va a dormire con la sua dose di ansia quotidiana un po' ridotta. Questa è infatti la mission di questo governo (il copyright è di Jovanotti): "Io penso positivo, per che son vivo, perché son vivo". Una litania che si sente da un po' dalle parti di palazzo Chigi, dove si sostiene che dopotutto non ci vogliono altri correttivi al sistema previdenziale, che va bene così. Tutto fa parte della filosofia del "non parliamone che il male passa". Purtroppo, caro ministro, così il male non passa, anzi.
Come oramai si è visto, la povertà in arrivo profetizzata da Tremonti non è stata causata dall'Asia cattiva che produce a basso costo e dalla globalizzazione, ma proprio dall'altra parte, dal vecchio occidente e che, per come si è sviluppata la crisi, avrebbe potuto colpire in egual modo anche 20 anni fa.
Quante volte, lo scorso anno, il ministro ha evocato immagini forti di cambiamenti sociali proclamando la fine della ragionevolezza umana perché si usavano i prodotti agricoli per fare carburanti invece che per mangiarli, e quindi il loro prezzo esplodeva (per un certo periodo è stato il suo mantra). Poi si è visto che in realtà non è cambiato nulla nei comportamenti umani, che semplicemente si stavano adattando alle condizioni di mercato, e i prezzi dei beni agricoli sono fortemente scesi come tutto il resto. Non mancano un po' di suggestioni protezionistiche, per non parlare del malefico "euro di Prodi" di qualche anno fa.
Ma siamo così sicuri che i pensionati americani stiano finendo in roulotte a mangiare Kitekat perché Wall Street è calata? Suvvia, questa è propaganda da vecchio comunista degli anni sessanta, o cinquanta forse. Nell'era del berlusconismo ci siamo abituati a tutto, ma sentire che il sistema della previdenza italiana fosse migliore di quello americano nonché uno dei migliori d'Europa ancora ci mancava.
Se si ascolta un qualsiasi economista, anche i più pessimisti, c'è un coro quasi unanime che dice che la crisi è partita dagli States e da lì finirà, e da lì arriveranno le misure più concrete che rimetteranno in moto la macchina dell'economia globale, con l'aiuto dell'Asia. L'Europa invece continua a litigare tra operai italiani che rubano il posto agli inglesi, e polacchi che lo rubano agli italiani.
Gli americani hanno un sistema previdenziale pubblico stabile, e nei fondi pensione privati c'è una tale valanga di denaro che, seppur adesso depressa dai valori di borsa, depressione che costringerà per un po' a tirare la cinghia, noi ce la sogniamo. E gli americani sanno anche che la loro pensione non sarà valutata per sempre al valore di borsa di oggi. Anzi, saranno i primi ad avvantaggiarsi dalla ripresa quando la liquidità, immobilizzata sui conti a causa della sfiducia, tornerà a essere investita. E se, come molti temono, sarà il ritorno dell'inflazione che "curerà" l'indebitamento globale, saranno ancora le azioni a tutelare maggiormente il potere di acquisto nel lungo periodo (orizzonte dei lavoratori nati dagli anni '60 in avanti).
Un problema c'è, ma riguarda tutti i paesi occidentali, con il quale le borse dovranno fare i conti, ed è quello di trovare nuovi investitori quando la generazione dei baby boom andrà in pensione e i fondi pensione occidentali avranno più uscite che entrate e dovranno vendere più che comperare. E ancora una volta sarà la famigerata Asia a fare la sua parte, ancora molto giovane, e loro il Kitekat (andato pure a male) lo hanno mangiato sino all'altro ieri e di voglia di pedalare per star meglio ne hanno molta di più di noi.







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