Se ci si mettono anche i corsi delle associazioni
Pubblicato il 18 febbraio 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

La morte di Eluana mi ha fatto rimandare l'altra puntata che avevo previsto sul mondo dei fantomatici corsi obbligatori di formazione professionale.
Il brano che riporto oggi è tratto da uno dei tanti forum che si trovano in rete, e risale a un paio di mesi fa, e fu accolto con entusiasmo dagli altri frequentatori del forum. Non tutto è forse condivisibile, ma credo sia un'esperienza assai interessante con cui confrontarsi.

"Leggo che ci si lamenta dell'enorme massa di norme e burocrazia. Io lo contesto, non è mica vero, è tutto fatto nell'ottica del nostro bene.
A ottobre ho assunto un'apprendista, neodiplomata. Non sa niente e le devo insegnare tutto. Venerdì mi telefona la mia associazione di categoria, dice che mi aspettano la settimana prossima con l'apprendista per un colloquio di due ore per l'inserimento al lavoro.
"Grazie, non mi interessa", declino gentilmente.
"Le deve interessare per forza", mi dicono, "è obbligatorio per legge, e la regione ha selezionato il suo nominativo per il corso di formazione obbligatoria per l'apprendista."
Vabbè, dico, un poco di formazione professionale per un'apprendista non farà certo male, visto che non sa niente.
"Cosa le insegnate? Economia aziendale? Finanza aziendale? Economia industriale? Contabilità? Partita doppia? Bilanci?"
"Beh no", dice l'associazione, "noi formiamo (sic!) l'apprendista su:
- diritto sindacale
- diritti dei lavoratori
- come relazionarsi con il pubblico
- sicurezza sul luogo di lavoro (casomai si dovesse incastrare un dito nella tastiera)
- tecnica dell'archiviazione (?)
- analisi del contesto e modalità di comunicazione (mah?)
- gestione della posta (gestione della posta?)
- ed infine: lo sviluppo delle conoscenze di base relative alle competenze e risorse personali coordinando gli obiettivi individuali e individuando zone di miglioramento e sviluppo (ma cosa cazzarola vorrà dire?)"
"Ok, ok ho capito", dico, "ma almeno è gratis sto corso?"
"Certamente", mi dicono.
"E quanto dura?", chiedo.
"120 ore".
"CENTOVENTI ORE? MA SONO QUINDICI GIORNI LAVORATIVI! CHE EQUIVALGONO SOSTANZIALMENTE A TRE SETTIMANE LAVORATIVE CHE, CON I PERMESSI E LE FERIE CHE MATURANO, SONO UN MESE DI LAVORO!"
Ma mi tranquillizzo subito,
"Avete detto che è gratis vero? Vuol dire che mi rimborserete, vero?"
"Eh no, caro signore, solo il corso è gratis, il costo dell'apprendista è comunque a carico suo".
Sono cianotico e a momenti mi mastico la cornetta.
"Ah dimenticavo", continua serafica l'associazione, "è obbligatorio anche per lei seguire un corso di dodici ore in cinque giornate riguardante:
- la legge sul praticantato;
- diritti dell'apprendista;
- modalità dell'insegnamento e trasmissione del sapere".
"DODICI ORE IN CINQUE GIORNATE, ma lei è matta; guardi che io me la devo sudare la pagnotta!"
"Faccia come vuole", dice l'associazione, "ma è obbligatorio per legge".
Riassumiamo:
- Uno assume un'apprendista neodiplomata;
- Le sta insegnando tutto perchè a scuola non le hanno insegnato niente;
- Se tutto va bene paga uno stipendio quasi a vuoto per un paio di anni perchè l'apprendista diverrà produttiva e autonoma forse al terzo anno;
- Lo Stato dovrebbe essergli grato perchè insegna un lavoro qualificato ad una che non sa una mazza di niente
- Lo Stato invece gli appioppa sul groppone un mese di corso sull'analisi del contesto e le modalità di comunicazione
- Ma siccome anche il datore di lavoro deve essere FORMATO (leggi RIEDUCATO) anche per lui un bel corso di cinque giornate sulla corretta trasmissione del sapere senza ledere l'ipersensibilità dell'apprendista.

Ah, dimenticavo, il mese di formazione esterna a carico mio e le cinque giornate di Milano obbligatorie per me sono per ogni anno dei tre anni di contratto di apprendistato.
Confesso di essere un attimino alterato e per reazione chiamo il mio consulente del lavoro:
"Senti", gli dico, "avrei una mezza idea per ritorsione di licenziare la mia apprendista".
"IMPOSSIBILE", mi dice il CdL, "è impossibile licenziare gli apprendisti prima del compimento del triennio di apprendistato, a meno che ci sia giusta causa e giustificato motivo".
"Il fatto che non sappia niente e sia una testa di rapa è giustificato motivo?", chiedo?
"NO", mi risponde.
"E quali sarebbero queste cause che mi permetterebbero di licenziare l'apprendista?" chiedo.
"Praticamente devi dimostrare al giudice che il tuo studio ha perso così tanti clienti che la stessa sopravvivenza economica dell'attività è minacciata e anche in questo caso non è sicuro che il giudice ti lasci licenziare".
Capito? Ho contratto un matrimonio a tempo con obbligo di formazione esterna del coniuge e io neanche lo sapevo. Ma chi è che dice che c'è troppa burocrazia? E una menzogna".

Già la burocrazia. Come detto due settimane fa, è un mondo il nostro dove se semplifichi qualcosa da una parte devi ricreare il danno altrove per mantenere l'equilibro malefico, altrimenti c'è il rischio di migliorare. Intanto la burocrazia galoppa. L'intervento riportato sopra arrivava dal nord. Pochi giorni dopo, sempre dal nord, ecco giungere una notizia "rassicurante" sulla direzione presa dalla parte che ci governa. A dicembre, in Veneto, su proposta di Forza Italia, era finalmente in dirittura d'arrivo una "fondamentale" legge regionale per una nuova regolamentazione: quella niente popò di meno che per l'"uso delle motoslitte nei sentieri innevati di montagna al di sopra degli 850 metri sul livello del mare". E se invece che di un sentiero si tratta di una mulattiera un po' larga? E se è solo parzialmente innevato? E se il sentiero parte da 800 metri slm e finisce a 900 ed è lungo 1 km? Devo rispettare una normativa per i primi 500m e la nuova per i secondi? Quella sera mi sono addormentato con questo amletico dubbio, e ho accuratamente evitato di andare a guardare com'è andata a finire. Amo vivere nel brivido!







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