I soliti sbagli dei soliti guru
Pubblicato il 31 dicembre 2008 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Il 2008, perlomeno dal punto di vista dell'economia e della finanza, non sarà rimpianto da molti. E questa sera si brinderà più alla sua fine che all'inizio di un 2009 tutt'altro che rassicurante, sempre dal punto di vista economico.
Tuttavia, a coloro che, come me, sono dei gran accumulatori di giornali, e che hanno quel fastidioso vizio di chiedersi ogni tanto "cos'è già che aveva detto quel grande esperto?", una cosa bella il 2008 ce la lascia.
Negli anni delle catastrofi, infatti, è sempre divertente andare a ripescare quelle notizie dai mesi passati, ed è anche un po' crudele. Ma il motivo di questo esercizio non è quello di dimostrare di essere più furbi degli altri sbeffeggiando gli errori altrui. E' esattamente il contrario; è riconoscere la capacità di chi si prende a esempio cogliendolo in fallo, per dimostrare quello decenni, per non dire secoli, di finanza hanno dimostrato: bene a investire, benissimo a pianificare, malissimo a tentare di prevedere gli andamenti del mercato e basare prevalentemente su questo la propria strategia.
Per fare ciò citerò alcuni brani tratti da tre articoli di un giornalista che è tra i più acuti commentatori di risparmio e finanza, Marco Liera, del Sole 24 Ore, che tra agosto e dicembre, in tre passi ha riportato le previsioni e gli errori di grandi manovratori e studiosi della finanza globale.

Il 3 agosto, quando la situazione era già deteriorata parecchio, e la crisi dei mutui scoppiata da oltre un anno, Liera presentò lo studio di tre accademici:
"Ma se la storia ci può insegnare qualcosa, l'attuale situazione dei mercati ci suggerisce una discreta convenienza delle azioni, anche se sicuramente ci sono stati periodi in cui questo fenomeno è stato ancora più marcato. Ben Stein e Phil DeMuth hanno verificato nel loro libro "Yes, You Can Time the Market" quali siano i segnali più utili per valutare la convenienza delle azioni, esaminando più di un secolo di storia della Borsa Usa. Applicando i loro criteri agli attuali livelli delle quotazioni a Wall Street si ricava appunto la conclusione che le azioni appaiono a buon mercato. Per cominciare, nel mese appena concluso l'indice S&P 500 corretto per l'inflazione ha perforato dall'alto verso il basso la sua media mobile a 15 anni. A ciò si aggiunge che i rapporti dividend yield (rendimento da dividendo) e price/earnings (prezzo utili) dell'indice sono sotto le loro medie mobili a 15 anni rispettivamente da fine 2007 e fine 2004. Uno solo dei quattro indicatori ritenuti efficaci ai fini previsivi, il rapporto tra rendimenti azionari (calcolati come rapporto utile/prezzo) e obbligazionari (calcolato su titoli tripla A), non sta dando un segnale di acquisto. Questo perchè l'indicatore sta attualmente al di sotto della sua media mobile a 15 anni. La logica di queste analisi è molto semplice, ed è finalizzata a scoprire quali siano i momenti di sottovalutazione di Wall Street. Quello che stiamo attraversando, sulla base di tre indicatori su quattro, sembra essere tale."

Ahimé, così non fu, anzi di lì a poco iniziò la catastrofe che culminò con il fallimento di Lehman Brothers e il collasso di altre banche e istituzioni finanziarie a metà settembre. I listini erano crollati, e alla fine del mese il mondo della finanza iniziò seriamente a interrogarsi se oramai non fosse giunto il momento di ricominciare a comprare. Ecco l'inizio di un articolo di Liera del 27 settembre in cui riportava le mosse in atto nel sistema:
"Apparentemente, in molti sono pronti a tornare a comprare. C'è chi lo ha già dimostrato nei fatti, come Warren Buffett, che ha messo a segno un doppio colpo su Constellation Energy (una utility in difficoltà) e Goldman Sachs . Ci sono i grandi fondi di private equity come Blackstone e Citadel che non vedono l'ora di mettere le mani sugli attivi distressed (con il patron di Blackstone, Stephen Schwarzman, che manda e-mail ai dipendenti per ricordare che aziende come la loro "sono state create proprio per prosperare nelle tempeste"). C'è poi, come scriveva il "Financial Times" di mercoledì, la fila di asset manager che puntano a ottenere la gestione di una fetta degli attivi "tossici" (tra questi, Bill Gross di Pimco ) che saranno assorbiti dal fondo federale statunitense. C'è Microsoft che lancia un buy-back da 40 miliardi di dollari. E c'è pure il mitico professor Jeremy Siegel che, forte delle sue competenze di storico del mercato finanziario, ci spiega che questa è una buying opportunity.

Ottobre 2008 è stato il peggiore mese nella storia dei mercati finanziari! Il 14 dicembre, infine, cadde anche "l'ultimo immortale":
"Una delle vittime illustri della Grande Crisi del 2008 è Bill Miller, il leggendario gestore del fondo comune Legg Mason Value Trust. Dopo che nei 15 anni compresi tra il 1991 e il 2005 aveva sistematicamente battuto l'indice S&P 500, il suo fondo è stato travolto dallo tsunami finanziario, perdendo il 58% da inizio 2008, contro il -38% del benchmark. Miller è stato tradito dallo stile di gestione value che è stato alla base dei suoi grandi successi del passato. Ha continuato insistentemente a comprare azioni di banche in grave difficoltà, come Fannie Mae, Bear Stearns, Countrywide, Washington Mutual, convinto che - come in tante altre occasioni - il mercato stesse esagerando nel punire questi titoli. E invece stavolta a sbagliarsi (di grosso) è stato lui".

Continueremo a parlarne dopo la Befana. Intanto… Buon Anno!







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