Le imprese della "Compagnia dei mari del Sud"
Pubblicato il 10 settembre 2008 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

"Governatore e compagnia dei mercanti di Gran Bretagna per il commercio con i mari del Sud e altre parti d'America e per l'incoraggiamento della pesca". Questo era il nome originale della più semplicemente chiamata "Compagnia dei Mari del Sud" (South Sea Company), nata nel 1711, al tempo della guerra di successione spagnola. I mari in questione erano quelli del Sud America ed in particolare ci si riferiva alle acque che bagnavano la costa peruviana e messicana.
L'inizio della guerra era stato accelerato dopo che la Spagna, nel 1701, aveva concesso alla Francia l'asiento, una convenzione di monopolio speciale che gli spagnoli di tanto in tanto stipulavano con gli altri paesi per il commercio in esclusiva con il Sud America, soprattutto per la tratta degli schiavi d'Africa. L'Inghilterra reagì allora creando una compagnia che avrebbe avuto il monopolio del commercio inglese in Sud America potendo anche vantare, secondo le voci fatte circolare ad arte dagli organizzatori, un accordo con la Spagna per l'utilizzo di quattro porti in Perù e Messico.
I dirigenti della compagnia, inizialmente in buona fede ed in accordo con il parlamento, rilevarono una parte del debito pubblico (circa un terzo), scambiando i titoli di stato con azioni della loro società. Dal canto suo lo Stato si impegnava a versare alla Compagnia un interesse del 6% sui titoli pubblici ora in suo possesso, ma dato che quest'ultima si era impegnata al pagamento di un dividendo cospicuo agli azionisti, bisognava trovare una fonte extra di guadagni; per il momento, però, le ricchezze del commercio con il Sud America tardavano a manifestarsi. L'essersi fatta carico di una parte sostanziosa del debito nazionale aveva dato un certo credito alla solidità dell'operazione, che tuttavia restava minacciata alla base da un problema insormontabile: sia i membri della Compagnia che l'opinione pubblica avevano un'idea completamente sbagliata delle ricchezze disponibili oltreoceano.
Tuttavia nel 1713, al termine della guerra, si concretizzò realmente un accordo con gli spagnoli, ma solo per l'invio di una nave all'anno, ed il primo vero viaggio si fece solo nel 1717. Quindi, dato che non erano stati ottenuti risultati particolarmente entusiasmanti, il prezzo di mercato delle azioni della Compagnia continuò a rimanere abbastanza stabile fino al 1719, anno in cui le abilità di public relations dei promotori dell'iniziativa si sostituirono con grande maestria alla noia che stava minacciosamente calando su tutta la faccenda.
Incoraggiati dal successo che John Law stava ottenendo in Francia, e desiderosi di sfruttare la notorietà che aveva acquisito a livello europeo la Compagnia del Mississippi, i dirigenti della South Sea, con un colpo a grande effetto già messo in pratica da Law oltremanica, annunciarono che la loro Compagnia era pronta a rilevare l'intero debito pubblico ad eccezione dei prestiti fatti al governo dalla Banca d'Inghilterra e dalla Compagnia delle Indie, che si guardarono bene dal cedere i loro titoli a John Blunt (il direttore della South Sea) e compagni.
Blunt era un ex notaio e fu considerato da tutti come il padre dell'operazione, anche se gli episodi di corruzione più sgradevoli riguardarono soprattutto alcuni politici. John Carswell, autore mezzo secolo fa del libro The South Sea Bubble, racconta che Blunt "teneva un libro di preghiere nella mano destra e un modulo di sottoscrizione dei titoli della compagnia nella sinistra, senza mai permettere che la mano destra venisse a conoscenza di quanto stava facendo quella sinistra".
Bisogna anche ricordare che l'Inghilterra di inizio '700 si trovava in una situazione di generale prosperità e la quantità di risparmi che si era venuta a creare faticava a trovare sufficienti e adeguati sbocchi di investimento. Gli azionisti della stessa Compagnia delle Indie erano pochissimi, circa 500, ed i privilegi di un commercio in monopolio verso un'intera area geografica facevano gola a molti, specialmente con l'esempio della Francia a due passi da casa. Così, nonostante le ben mascherate difficoltà iniziali, e nonostante la totale inesperienza commerciale degli amministratori, nel gennaio del 1720 iniziò l'iter parlamentare che in due mesi portò all'approvazione del progetto. Il prezzo delle azioni iniziò a salire vorticosamente; altre emissioni furono lanciate di lì a breve, e nel giro di pochi mesi il prezzo dei titoli salì dalle 129 sterline di fine gennaio alle 1050 di fine giugno. Ma le sottoscrizioni dei titoli della Compagnia dei Mari del Sud non erano sufficienti a soddisfare tutti gli avidi. Fu allora che il paese venne invaso da un'orda di profittatori che si inventarono ogni sorta di impresa.
Ogni giorno veniva pubblicizzata la nascita di una nuova società, le cui azioni, qualunque cosa rappresentassero, potevano essere agevolmente vendute alla moltitudine di investitori in cerca della ricchezza. La sfrontatezza di alcune iniziative era senza pari. Ci furono società che si proponevano di fare assi di legno dalla segatura, o di estrarre argento dal piombo, mentre altri aspiravano a realizzare la macchina del moto perpetuo. Ovviamente non erano tutti ammattiti di colpo; si pensava però di essere più furbi degli altri, e che qualunque prezzo si fosse pagato per una qualunque azienda, altri sarebbero stati disposti a pagare ancora di più per riacquistarla. Altre volte poi non vi erano proprio azioni da rivendere. Il caso più eclatante fu quello del tizio che aprì una sottoscrizione per le azioni di una società che "avrebbe realizzato guadagni elevatissimi con un'attività che sarebbe stata rivelata solo nel prossimo futuro". Pare incredibile, ma dalle nove del mattino, quando aprì il suo ufficio, egli riuscì in poche ore a "soddisfare" più di mille azionisti. Chiuso l'ufficio, dopo pranzo, se la svignò con il suo lauto bottino imbarcandosi per il continente.
Alla fine si contarono oltre 190 società di questo tipo, ma solo 4 sopravvissero alla "bolla", un termine che in finanza iniziò ad essere usato in proprio questa occasione. Si chiamò infatti "Bubble Act" l'atto del 1720 (restò in vigore sino al 1825) che vietava la costituzione di società senza il consenso del Parlamento e che venne istituito proprio per evitare nel futuro tali comportamenti. Furono gli stessi dirigenti della Compagnia dei Mari del Sud che chiesero al Parlamento di intervenire per porre un freno a simili scorrettezze che avrebbero finito per travolgere anche la loro iniziativa. In realtà, più che la tutela del risparmio pubblico, la loro principale preoccupazione nel caldeggiare il provvedimento, era quella di bloccare l'ingente flusso di denaro che stava prendendo la via delle altre imprese concorrenti e che sottraevano la liquidità necessaria al sostentamento del prezzo delle azioni della Compagnia.
Nell'estate del 1720 il prezzo dei titoli aveva però toccato il tetto massimo e molti iniziarono a vendere. Gli sforzi fatti per contenere il crollo servirono a poco. Uno dei malcapitati della bolla inglese, che perse una discreta fortuna, fu il grande Isaac Newton, che in quel periodo era anche direttore della zecca. Come ricordano molti libri di storia, il grande fisico, allora quasi ottantenne, si giustificò dicendo: "Io posso prevedere il moto dei corpi celesti, ma non la follia della mente umana".
Il Parlamento però prese in mano la situazione e, principalmente sotto la guida di Sir Robert Walpole, riuscì ad arginare il disastro. Venne subito istituita una commissione d'inchiesta. A tutti i dirigenti della Compagnia fu proibito di abbandonare il paese e molti politici furono inquisiti. Iniziarono subito processi ed interrogatori che sconvolsero il paese, suscitando non poco rancore per alcune clamorose assoluzioni e grande soddisfazione per le condanne esemplari. La prontezza dell'intervento fu efficace perché, per dirla con le parole di Walpole, "se la città di Londra fosse in fiamme, tutti gli uomini saggi aiuterebbero a spegnere l'incendio e a impedire che questo si allarghi, prima di dare la caccia agli incendiari". Il 60% degli investimenti fu recuperato e furono annullati o modificati una gran parte dei contratti stipulati. L'inchiesta portò alla sbarra molti politici, con episodi, anche drammatici, di fughe e suicidi clamorosi. Le capacità di Walpole sono state sottolineate da vari storici, e Carswell riconobbe nel coraggio delle sue decisioni e nell'accettazione di esse da parte del parlamento "due straordinari esempi di polso politico e di esercizio della sovranità parlamentare".
Robert Walpole governò il paese per oltre vent'anni grazie anche alla popolarità raggiunta durante il periodo della crisi speculativa. Tuttavia durante il suo governo non mancarono favoritismi e corruzione. Fu allora che Jonathan Swift scrisse la sua violenta satira sulla società di quel tempo nel romanzo I viaggi di Gulliver (1726). Qualche anno prima, nel 1720, appena dopo il crollo, lo stesso Swift aveva scritto una poesia, The Bubble, in cui alla settima quartina diceva "c'è chi per aria costruisce castelli,/ i dirigenti li costruiscono in mare/ i sottoscrittori li vedon tanto belli:/ i pazzi vedon quel che ai savi pare".
La prossima settimana vedremo cosa accadde invece negli anni immediatamente precedenti gli eventi narrati oggi.



La mappa della pazzia in una stampa dell'epoca
La mappa della pazzia in una stampa dell'epoca





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