Pubblicato il 6 agosto 2008 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Lo so che ora non sembra la cosa più urgente né
dico che vi si dovrebbero impegnare risorse eccessive. Ma abbiamo 1000 parlamentari
divisi in due Camere che fanno la stessa cosa. Ci saranno pure una decina di
sfaccendati disposti a studiare una nuova legge elettorale! Perché prima
o poi ci si dovrà tornare sopra, e gli anni passano in fretta, e ci si
ridurrà a cercare ancora una volta modifiche affrettate non definitive,
ma dettata dalle solite logiche di breve periodo, come sta accadendo per la
legge elettorale europea. E intanto, nelle timide proposte di modifiche, aleggia
nell'aria solo una gran brutta parola: "preferenze".
Il voto di preferenza aiuta i lobbysti e il voto di scambio, lo sanno anche
i sassi oramai, e non serve neanche più citare i soliti campioni delle
preferenze finiti sotto inchiesta. Anche Rimini ha avuto i suoi bravi fuoriclasse
del voto, pescati poi a truccare concorsi pubblici. Ugualmente inaccettabile
è però la nomina partitica della legge attuale. La politica buona
non si fa solo con le preferenze, e che quella cattiva non arriva solo dalle
sale ristrette dei piani altri dei partiti.
C'è infatti una pregevole via di mezzo, dove il partito fa sua una scelta
politica, ma dove una persona ci deve mettere la faccia ed il sapere, e questo
si ha con i collegi maggioritari puri, che evitano sia l'infamia dei candidati
nominati, che lo scambio del voto di preferenza. Con questo sistema Berlusconi
avrebbe stravinto lo stesso, ma con qualche responsabilità in più
da parte del cittadino.
Popper scriveva: "Considero una disgrazia la proliferazione dei partiti
e quindi anche la legge elettorale proporzionale. La frammentazione di tutti
i partiti infatti porta a governi di coalizione in cui nessuno si assume la
responsabilità di fronte al tribunale del popolo perché tutto
è un inevitabile compromesso. Inoltre diviene molto incerto riuscire
a liberarsi di un governo perché gli basterebbe trovare un nuovo piccolo
partner nella coalizione per poter continuare a governare". ("Libertà
e responsabilità intellettuale", 1989).
Ricordando le sue parole Helmut Schmidt, cancelliere della Repubblica Federale
Tedesca dal 1974 al 1983, disse: "Popper mi ha fatto comprendere che il
principio costitutivo della democrazia non corrisponde alla sovranità
del popolo; il popolo infatti non governa in alcun modo, ma, in democrazia,
detiene la possibilità di far cadere un governo e di sostituirlo senza
far uso della violenza. E' per questo che molto presto mi sono reso conto degli
svantaggi del sistema elettorale proporzionale, che è giustissimo in
linea di principio, ma che costringe quasi sempre a formare delle coalizioni
di governo, e dà così a ciascun membro di tali coalizioni il potere
di far cadere il governo, mentre nell'insieme tale potere deve rimanere prerogativa
dei cittadini (i continui cambiamenti di governo in Italia, nessuno dei quali
fa una politica sostanzialmente diversa dagli altri, ne sono un esempio perfetto)".
Nel 1993 ci eravamo parzialmente liberati del cancro del sistema proporzionale,
che nel suo buonismo democratico aveva drogato un sistema che nei 20 anni precedenti
aveva fatto del compromesso, della spartizione e della tangente l'unica ragione
di vita. Dopo uno shock di assestamento (il biennio 94-96), si era giunti se
non alla stabilità di governo, a quella parlamentare. Due legislature
complete di fila, non accadeva dagli anni '60. E tutti i mali che ancora permanevano
continuavano ad arrivare sempre da quella maledetto residuo di quota proporzionale
(con i suoi diabolici orpelli come lo scorporo) che dava spazio alle tenie politiche,
alle sanguisughe che non avendo idee da spendere puntavano solo a far cassa
di rimborsi elettorali o usavano le elezioni come hanno fatto i socialisti nell'ultima
tornata mesi fa, e cioè per ottenere qualcosa domani in campo amministrativo.
Visto il loro risultato, forse la strategia non è stata delle più
lungimiranti.
Oggi, una maggioranza parlamentare seria dovrebbe riformare subito il sistema
elettorale cercando un ampio consenso. Oggi, in un periodo non sospetto, assai
lontano dalla prossima tornata. Non tutti i parlamentari sono impegnati a sistemare
gli affarucci del premier.
Se il PDL e il PD fossero partiti seri, nel giro di una settimana potrebbero
sostituire la legge attuale con un semplicissimo maggioritario puro. Le persone
tornerebbero ad affiancare i partiti al centro della scena. I cittadini avrebbero
di nuovo dei volti da confrontare, ed il Paese ad ogni elezione un governo stabile.
Ma questo non accadrà per due motivi.
Primo perché il grosso male di questa legge è stato individuato
nella sola mancanza delle preferenze, su cui non mi ripeto.
Secondo perché che il maggioritario puro garantisce stabilità,
è una tale ovvietà spaventa non poco i partiti italiani, troppo
abituati a scaricare sull'alleato di turno la responsabilità dell'inettitudine
di governo.
Prima delle ultime elezioni qualcosa di nuovo era venuto fuori con la nascita
di due liste maggiori. Sono passati appena pochi mesi e già iniziano
le prima scaramucce in entrambi gli schieramenti.
Ma la Casta vive proprio di questo. Vive dell'incertezza, del torbido; si alimenta
con liste come quelle di questa legge, fatte di nominati. La cosa più
semplice del mondo è: uno contro l'altro chi ha più voti vince.
Lo sanno bene e non lo faranno mai.
E dire che sono già passati trent'anni da quando Rina Getano cantava:
"dcpci, pcipsi plipri, dcpci, pcidc, cazzaniga, nuntereggae piu'".