Pubblicato il 9 luglio 2008 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Con oggi chiudo una serie di sette articoli sulla consulenza
finanziaria e le nuove norme europee iniziata in maggio, e portata avanti, con
una piccola pausa a metà strada, sino ad oggi (gli altri articoli sono
disponibili nel mio sito). Termino giocando in casa, con una chiacchierata con
uno dei primi veri consulenti finanziari italiani, Franco Bulgarini.
Io e Franco ci siamo incontrati anni fa, grazie proprio agli articoli che scrivevo
su questo giornale. Lavoravamo, allora come oggi, su due fronti, non dico opposti,
ma diversi: promotore finanziario io, consulente lui. E' una differenza di posizioni
non sempre chiara a tutti, anzi, ma che forse sarà sempre più
netta in futuro. Ad ogni modo ci fu subito feeling ed in breve tempo fu lui
che mi spinse a pubblicare una seconda edizione del mio libro "L'investitore
libero", al quale lui stesso partecipò con un capitolo dedicato
proprio alla consulenza finanziaria. Sono passati tre anni, e la nostra unione
in quel libro fu la prima, e tuttora credo l'unica, forma di unione di due esperienze
professionali che oggi si vogliono contrapporre a forza, e io credo a torto,
per favorire i nuovi "guru" emergenti.
Tu che ne pensi Franco?
Io penso che le nostre due figure non siano affatto alternative né che
una sia di serie A e l'altra di serie B. Ognuna risponde a diverse esigenze
di diverse tipologie di risparmiatori. Ne faccio più una differenza in
questo senso: ci sono bravi promotori e cattivi promotori e ci sono bravi consulenti
e cattivi consulenti,
Il mestiere del promotore per molti punti di vista sta sparendo, nel
senso che i margini sono ridotti all'osso e le banche non investono più
in una categoria che oramai è indipendente dal volere dei top manager
che ragionano di fusioni e acquisizioni, e quindi potenzialmente non controllabile.
Ci vorrebbero reti di promotori multimarca senza struttura manageriale. Un sogno?
Sì, Un sogno. Un sogno perché reti di promotori multimarca e senza
struttura manageriale sono utili e funzionali agli investitori, ai promotori,
ma non alle banche. Per questo esse non investono più nella categoria.
Una rete di promotori è funzionale e utile alla banca solo se colloca
i prodotti della banca stessa e produce margini. Esistono già diverse
reti con quelle caratteristiche (almeno 4), ma è sotto gli occhi di tutti
che questo non è affatto la soluzione del problema, se così fosse
tutti i promotori sarebbero lì, e invece anche quelli che ci sono non
sono poi così entusiasti. Il multimarca infatti è un buon argomento
di marketing, ma è molto meno remunerativo dei prodotti di casa (anche
per il promotori), per cui tutte le reti multimarca finiscono per impacchettare
i prodotti di terzi in contenitori (prodotti propri, spesso inutili e costosi)
per mantenere il livello di utili e per poter remunerare adeguatamente la rete.
Per questo credo che i promotori stiano vivendo una situazione di grande incertezza;
curare al meglio gli interessi dei propri clienti è troppo spesso in
contraddizione con le strategie della rete e con il proprio bilancio di fine
mese. Per certi versi stanno meglio quelli delle reti monomarca.
Però io non credo neanche alla consulenza su vasta scala. Ti
conosco da anni e so che sei stato un pioniere del settore; ma sei ancora l'unico
in città, una città non piccolissima, e non poverissima. Io credo
che la consulenza vera, seria intendo, sarà possibile ancora per molto
tempo solo per delle mosche bianche, per dei casi particolari, come il tuo,
o come quello visto la settimana scorsa con Salvatore Gaziano, che ha un approccio
diversissimo, fatto sul web, ma anche lui estremo e non replicabile facilmente.
Nemmeno io credo, ne ho mai creduto, alla consulenza su vasta scala; ma non
perché, come dicono molti, "non c'è domanda", piuttosto
perché non c'è offerta. Credo che la consulenza "vera e seria"
potrà sviluppare soltanto con un salto di qualità della domanda.
Io penso che la condizione ideale per il cliente sia: 1) Poter utilizzare la
sua banca abituale per i movimenti di acquisto e vendita degli strumenti in
cui decide di investire; 2) Poter acquistare tutti i prodotti disponibili sul
mercato senza dover aprire nuovi rapporti o conti e senza dover inserire questi
prodotti in contenitori inutili e costosi; 3) Potersi confrontare (se non è
in grado da solo) con un professionista che possa fornirgli in modo asettico
i confronti oggettivi dei prodotti disponibili, che gli insegni il corretto
approccio al mondo della finanza, e che gli fornisca un metodo per realizzare
buoni risultati con i suoi investimenti.
Io tuttavia continuo a credere che per una vastissima parte della clientela
l'esigenza principale è quella di avere una persona di fiducia cui affidare
materialmente il denaro, e che magari vuoi per esiguità di patrimonio,
vuoi per cultura (fattore fondamentale), o per una scarsa effettiva esigenza
gestionale, non è disposta a pagare parcelle ulteriori, e desidera avere
a che fare direttamente con la persona cui stacca l'assegno, quella che è
responsabile concretamente del denaro, sia essa la banca o il promotore. Per
questo dico che di spazi effettivi per i nuovi consulenti non ce ne sono moltissimi;
e questo mi fa temere che alla fine si creino false aspettative, soprattutto
da chi intraprende questa nuova professione, che finiranno col creare dei guai.
Non hai un po' questa paura?
Nessuna paura. Sono però d'accordo sul fatto che si possano creare false
aspettative sulla professione. Non credo affatto che la consulenza sia l'evoluzione
della promozione finanziaria, così come non credo affatto che il cliente
del consulente sia l'evoluzione del cliente del promotore. Non basta decidere
di fare un corso e da domani proporsi come consulente. Io credo che la parcella
non sia affatto un costo ulteriore per il cliente. Non è il consiglio
di uno strumento o di un altro quello che deve essere pagato dal cliente, ma
la competenza e la professionalità del consulente che insegna, assiste
e fornisce una metodologia per l'allocazione dell'intero portafoglio e per l'utilizzo
dei vari strumenti.
Caro Franco, il dibattito potrebbe proseguire a lungo, ma lo spazio
è quello che è. Pur nella diversità di visone che abbiamo
su alcuni aspetti, credo che su una cosa certamente concordiamo: la differenza
vera la fa sempre la persona. Sul resto il tempo ci dirà come evolverà
il mercato.