Pubblicato il 19 aprile 2006 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Una campagna elettorale è appena finita, un'altra ne
sta per cominciare. Ritengo salutare, almeno per me, prendere un po' di respiro.
Ed allora per oggi ho optato per la rievocazione di una vecchia e curiosa storia
di "sangue romagnolo".
La più classica delle opere di storia delle bolle speculative e manie
popolari è senza dubbio "Extraordinary Popular Delusion and The
Madness of Crowds" di Charles Mackay un giornalista che pubblicò
questo voluminoso libro a Londra, nel 1841 (ne esiste una traduzione fatta da
Il Sole 24 Ore, limitata però a solo 4 dei 16 capitoli). E' un testo
poliedrico che spazia da episodi celeberrimi, come la mitica mania dei tulipani,
ad altri minori, come aneddoti su vari indovini e chiromanti che si divertivano
ad ingannare i polli che trovavano sulla loro strada.
Sfogliando l'edizione originale del libro, scoprii che nel capitolo sugli indovini,
si raccontava una storiella nientemeno che su Rimini e la Romagna. L'astrologia
non ha mai fatto particolarmente molto colpo su di me, ma la vicenda è
curiosa. Ecco il testo che uscì in Inghilterra nel 1841.
"Un'altra storia estremamente interessante è quella
di un astrologo che visse in Romagna nel quindicesimo secolo, il cui nome era
Antioco Tiberto. A quel tempo quasi tutti i sovrani d'Italia, spesso troppo
attenti alle cose di poca importanza, tenevano al loro servizio qualcuno di
questi uomini; e Tiberto, avendo studiato matematica con grande successo a Parigi,
e avendo già fatto diverse profezie, alcune delle quali, per fortuna,
non mancavano di perspicacia, fu accolto nella casa di Pandolfo Malatesta, signore
di Rimini. (piccolo inciso: quello di cui si parla è il nipote del Sigismondo
Pandolfo Malatesta signore di Rimini che tutti conosciamo. Era più conosciuto
come Pandolfaccio Malatesta di Verucchio). La sua reputazione era così
grande che il suo studio era continuamente affollato sia dalla nobiltà
che da semplici clienti che si rivolgevano a lui per un consiglio. In breve
tempo accumulò una considerevole fortuna. Nonostante questi vantaggi,
egli trascorse la sua vita miseramente e la finì sul patibolo. Tuttavia
la storia che segue finì in circolazione ed è stata spasso citata
trionfalmente dagli astrologi successivi quale inconfutabile prova della veridicità
della loro scienza.
Si diceva che Tiberto, molto prima della sua morte, avesse emesso tre straordinarie
profezie - una che riguardava lui stesso, una un suo amico, e la terza il suo
padrone, Pandolfo Malatesta. La prima che distribuì fu quella che riguardava
il suo amico Giudo di Bogni, uno dei più grandi capitani del tempo. Guido
scalpitava per conoscere il suo futuro, e perciò importunava Tiberto,
che alla fine consultò le stelle e le linee della sua mano per soddisfarlo.
Dopo di ciò col dolore nel volto gli disse che secondo tutte le leggi
dell'astrologia e della chiromanzia, sarebbe stato falsamente sospettato dal
suo migliore amico, e che per questo avrebbe perso la vita. Guido allora chiese
all'astrologo se avesse potuto prevedere il suo stesso futuro. Tiberto allora
consultò ancora le stelle, e scoprì che era stato decretato da
tutta l'eternità che egli avesse dovuto terminare i suoi giorni sul patibolo.
Malatesta, quando udì queste profezie, così improbabili, così
contrarie a tutte le apparenze, per scoprire la verità, desiderò
che il suo astrologo gli predicesse anche il suo futuro, senza che gli fosse
nascosto nulla, per quanto sfavorevole esso potesse essere. Tiberto obbedì,
e disse al suo padrone, a quel tempo uno dei sovrani più prosperi e potenti
d'Italia, che egli avrebbe dovuto patire grandi mancanze, fino a morire come
un mendicante nell'ospedale pubblico di Bologna. E così accadde in tutti
e tre i casi.
Giudo di Bogni fu accusato dal suo cognato, il Conte di Bentivoglio, di voler
consegnare a tradimento la città di Rimini nelle mani delle forze papali,
e venne assassinato su ordine del tiranno Malatesta, non appena egli si fu seduto
al tavolo, durante una cena alla quale era stato invitato apparentemente in
totale amicizia. L'astrologo fu anch'esso rinchiuso in prigione, perché
ritenuto coinvolto nel tradimento del suo amico. Tentò la fuga, ed era
riuscito a calarsi dalla finestra della torre in cui era prigioniero giù
nel fossato, ma fu scoperto dalle sentinelle. Informato dei fatti, Malatesta
ne ordinò l'esecuzione per il mattino seguente.
Malatesta però, a quel tempo, non si ricordava della profezia, e il fato
non gli diede scampo; gli eventi stavano silenziosamente lavorando per il suo
compimento. Una cospirazione era realmente in corso per consegnare la città
al Papa, anche se Guido di Bogni era innocente; tutte le misure necessarie erano
state prese e la città venne circondata dal Conte de Valentinois. Nella
confusione, Malatesta ebbe appena il tempo di scappare camuffato. Fu inseguito
da un luogo all'altro dai suoi nemici, abbandonato da tutti suoi amici e, alla
fine, dai suoi stessi figli. Si ammalò gravemente, a Bologna; e visto
che non c'era nessuno che poteva accoglierlo, fu portato all'ospedale, dove
morì".
La reale storia di Pandolfaccio non si concluse esattamente
così, ma il resto è abbastanza verosimile. "Tutto molto bello"
diranno i patiti di astrologia e chiromanzia! Non proprio. Mackay, il cui intento
era quello di svelare una serie di burle storiche, conclude infatti scrivendo:
"la sola cosa che toglie interesse alla storia è che la profezia
(che a suo dire era stata tramandata da generazioni di astrologi) fu in realtà
formulata dopo che gli eventi erano già accaduti." Cioè tutta
la vicenda - come provato storicamente - fu scritta successivamente da altri
e attribuita ad Antioco Tiberto.
Che dell'astrologia non ci sia molto da fidarsi è una delle poche certezze
della mia vita. Tuttavia, chi ne volesse una dimostrazione scientifica può
leggere il seguente paper: Dean G., Kelly I.W., "Is Astrology Relevant
to Consciousness and Psi?", Journal of Consciousness Studies, vol. 10,
n° 6-7, 2003, pp. 175-198.
Resta invece un mistero insoluto: come ha potuto un giornalista inglese di metà
ottocento venire a conoscenza di una storiella di bassa cucina romagnola, poco
nota anche dalle nostre parti, come quella di Antioco Tiberto?