Pubblicato il 7 maggio 2008 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Dopo lo straordinario successo ottenuto con "La casta",
Stella e Rizzo hanno prontamente dato alle stampe un secondo volume, "La
deriva", questa volta dedicato alle magagne ed agli sprechi che stanno
mandando letteralmente "alla deriva" l'intero paese.
Oggi voglio fare anch'io una piccola opera di testimonianza e denuncia, simile
alla loro per l'assurdità dei dati cha la caratterizzano, ma proveniente
dal mondo degli investimenti.
Chiunque lavori in banca, alle poste, in una compagnia di assicurazione o, come
il sottoscritto, presso una SIM (Società di Intermediazione Mobiliare),
ed abbia a che fare con la gestione del risparmio dei cittadini, da qualche
mese si trova a fare i conti con l'entrata in vigore della nuova direttiva europea
MIFID del 2004, nata per dare una sistemata, se non altro dal punto di vista
legale, al caos finanziario degli ultimi anni.
Anche se è uno dei soliti provvedimenti fatti forse "a babbo morto",
dopo anni di crisi, scandali e abusi, la direttiva è in sé assai
vasta e va a modificare, anche in modo dirompente, tanti aspetti del modus operandi
di molti attori del circo finanziario, diversi dei quali riguardano il dietro
le quinte del sistema e non sono direttamente "visibili" al cittadino.
Tuttavia, la Mifid tra i suoi obiettivi primari ha anche quello di aumentare
la tutela del cittadino-investitore attraverso un sistema "innovativo"
e "rivoluzionario": triplicando la quantità di carta da far
firmare ai risparmiatori, con il naturale effetto di peggiorare la loro capacità
di lettura, senza al contempo far nulla per sistemare gli inutili obblighi delle
società di gestione del risparmio di produrre valanghe di prospetti illeggibili.
In passato varie volte ho scritto stigmatizzando l'ipocrisia generale del sistema
e la pochezza del legislatore che continua sfornare questo tipo di soluzioni
pilatesche (firma qui che così io intanto mi tutelo), ma oggi siamo arrivati
al ridicolo. Tanto che si finisce per costringere all'illegalità chi
lavora a contatto con i clienti. Senza contare la vergogna rappresentata dallo
spreco di carta preziosa, tempo e denaro, che poi finiscono per pagano gli investitori.
Fornisco qualche numero per capire quello di cui sto parlando.
Supponiamo di dover aprire ex novo un rapporto di lavoro con un cliente per
la gestione del suo risparmio, piccolo o grande che sia. Supponiamo, per esempio,
di voler aprire un conto corrente, acquistare qualche titolo, e diciamo 4 fondi
comuni di due società diverse. Nella migliore delle ipotesi il cliente
deve lasciare il mio officio con qualcosa come 500 pagine, in formato A4, scritto
in piccolo, che oltretutto avrebbe dovuto leggere prima della sottoscrizione,
perché quelli erano addirittura i "prospetti semplificati".
La cosa più interessante sono i contenuti dei nuovi contratti di consulenza
previsti dalla MIFID (bene o male gli stessi ovunque): 7 pagine formato A4 a
corpo 8, piene delle solite filippiche sui massimi sistemi della finanza richiami
a leggi sul comportamento degli operatori, spiegazioni del concetto di leva
finanziaria, ecc. Roba che c'è sempre stata in varie forme, una volta
più semplici, e che in oltre dieci anni di attività non ho quasi
mai neanche visto sfogliare, neppure dai clienti più pignoli. Il legislatore
continua a regalare penne a chi non sa scrivere prima di educarlo. Non è
difficile capire che il sistema non regge, eppure…
Altra novità è il famigerato questionario di profilatura con il
quale si classificano i clienti attribuendo loro un profilo di rischio. Fatto
questo, e stabilita quindi la capacita di rischio del cliente, si possono proporre
solo quei prodotti che rispecchiano la sua vera propensione al rischio, a meno
che... A meno che non gli si faccia firmare il solito moduletto, o la postilla
finale, prevista regolarmente dalla legge, che autorizza comunque a rischio
e pericolo dell'investitore a procedere con l'operazione inadeguata. Una firma
in più, "ovviamente" ben distinguibile tra le altre 48 (morto
che parla)!
Insomma, com'era naturale, tutto il pacchetto della nuova normativa esaspera
una forma di tutela cartacea che è quasi inutile per chi già faceva
il suo lavoro onestamente, mentre mette assai pochi freni a chi invece vuole
continuare ad operare con poca deontologia. La direttiva è europea, ma
lo spirito pare assai italiano. Fase successiva.
Una volta sistemata la modulistica, e spiegato quale tipo di investimento fare
ed eventualmente quale società utilizzare, devo consegnare i famosi prospetti
informativi. E mi tocca a diventare un fuorilegge forzato.
Qualche volta ci ho provato a mettere tutto sul tavolo. Giorni fa ad una coppia
che aveva investito 70 mila euro in tre società, ho fatto trovare pronto
all'atto della firma e dello stacco dell'assegno i 4 Kg abbondanti di carta
previsti. Mi hanno guardato quasi come se li stessi prendendo in giro, e tutto
sommato credo avessero ragione. La società Francese A ne stampa uno da
324 pagine (sempre formato A4); la svizzera B uno da 263; l'americana C arriva
a 417. Notizie importanti, per chi le sa leggere, ed è giustissimo che
debbano essere disponibili a tutti. Ma perché in questa forma cartacea,
che invecchia pure rapidamente? Perché non si usa saggiamente il web
obbligando i venditori a fornire i giusti riferimenti on line, con poche firme,
ma utili? Lo vieta la solita ipocrisia: "e l'anziano pensionato che non
sa usare il computer? Ovviamente loro sono i più accaniti lettori di
prospetti cartacei!
Per dare infine un'idea dello spreco, solo negli ultimi 9 mesi il mio ufficio,
dove a lavorare siamo in 4, ha partorito qualcosa come 700 kg di carta pregiata
in "prospetti scaduti". Il dato è preciso perché una
collega ogni tanto carica la sua auto e porta tutto al macero, almeno così
qualcosa si salva.
Gli unici contenti sono i tipografi, che sino a che questa ipocrisia continuerà
faranno affari d'oro, alla faccia della tutela del risparmio.